“Meglio tirare a campare che tirare le cuoia”
Giulio Andreotti
In un eccesso di autostima, dallo sprofondo della paralisi in cui vegeta soave, il ‘giovane’ Letta ha paragonato se stesso ad un maestro zen. E
certo Siddhārtha Gautama (che pure era il Buddha!) si limitò a trascorrere solo quarantanove giorni e quarantanove notti nel più totale immobilismo, prima di giungere alla suprema illuminazione, mentre al premier di dis-servizio non sono bastati nove mesi di stasi comatosa per partorire meno di un imbarazzante topolino, nel soporifero torpore del suo imperturbabile letargo democristiano.
Tuttavia, per ricorrere a metafore meno auliche, la figura che più si addice a questo mitile mediterraneo, a cottura lenta in brodo doroteo, è la cozza. Preferibilmente da allevamento, tanto flaccida e insipida è la consistenza di questo mollusco da pantano, fossilizzato sullo scoglio delle laide intese; immobile ed inamovibile nella sua paresi istituzionale a prova di scalpello.
Non v’è “scossa” al mondo che possa rianimare gli scarti malamente assemblati di un simile esecutivo riciclato dal gabinetto anatomico del dottor Frankestein, imbalsamato com’è nella sua rigidità cadaverica. Rimestare i pezzi nella formaldeide di improbabili rimpasti, non contribuirà certo a dare un aspetto migliore al prodotto finale.
Dal “Governo di Servizio” a “Impegno Italia”, dell’Enrichetto nazionale ricorderemo soprattutto i rilanci pubblicitari, gli slogan promozionali, che come meteore attraversano il vuoto siderale del Nulla elevato a sistema, in nome di una stabilità che ha orrore della legittimazione elettorale: una “sciocchezza”, chiosò con sobria austerità il demiurgo dall’alto del Colle, in tutta la sua migliorista certezza. In tempi di risparmio, i governi infatti è meglio farseli in casa, impastarli con gli ingredienti a disposizione, rovistando tra i precotti sottovuoto dimenticati nei fondi della dispensa… È il gran bollito a prova di scadenza; non foss’altro perché l’immangiabile minestrone ha superato da un pezzo la data di consumazione.
E dunque prepariamoci ad un altro esecutivo di galleggiamento: la pappetta insipida da riscaldare nel forno dell’oblio.
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