Che le religioni siano un condensato di storielle mitologiche, decontestualizzate in verità rivelate e certezze apodittiche, nelle quali riversare i deliri misticheggianti di menti disturbate, rientra nelle manifestazioni cliniche di alienazioni consolidate secondo una prassi secolare che prende il nome di “fede”.
Ne consegue che affidare la confutazione di certe sottigliezze teologiche a serafici sociopatici in fuga da qualche centro di igiene mentale non è affatto salutare, ma può avere delle conseguenze assolutamente esilaranti nel concentrato di assurdità persistenti e convinzioni totalmente illogiche, alla base del delirio mistico. Tali sono le distorsioni (e le perversioni) che un’ansia trascendente di purezza in un turbinio psicotico di paranoie ossessive produce nella psiche malata dell’allucinato idiota di turno, con velleità messianiche da predicatore in trasferta.
Cosa spinga poi una massa eterogenea di maschi adulti, ancorché dementi, a mortificare il proprio aspetto trasformandosi in emuli scimmieschi dalle sembianze caprine, è uno di quegli enigmi che per l’appunto sottende il “mistero della fede”.
Le mandrie fanatizzate di caproni esaltati, che pascolano felici nei mattatoi del desolante “stato islamico”, ne costituiscono l’espressione più opprimente nell’ambito delle degenerazioni estreme dell’integralismo salafita.
Tuttavia, purgato dalle produzioni torture-porn che inebriano la mistica malata dell’ISIS, nel suo esibizionismo caricaturale, l’islamismo della salafiyya si presta più di ogni altro a considerazioni di immagine. Per sua natura, il radicalismo religioso non giova all’estetica…
Sul perché uno debba conciarsi come un repellente coglione in piena metamorfosi zoomorfa, rientra invece nei gusti (discutibili) di una scelta volta a definirne l’identità ‘religiosa’.
Macchiette tragiche ed al contempo ridicole, seguono un preciso guardaroba, studiato apposta per il fantozzi fondamentalista nella sua ricerca di distinzione da disadattato patologico: sottana da notte della nonna (djellaba); zucchetto; braghe a “zompafosso”, tagliate sopra le caviglie come segno di parsimonia (niente stoffa in eccesso); immancabili ciabatte d’ordinanza così da scalzarsi più in fretta, appecoronati a bocconi cinque volte al dì, per menare sonore capocciate sul pavimento onde esibire l’irrinunciabile zebiba sulla fronte tumefatta.
Ovviamente è d’obbligo barbaccia ispida ed incolta, possibilmente rasata all’altezza dei baffi, perché così (pare) usava portare il profeta. C’è da chiedersi se questi avrebbero fatto altrettante, qualora Maometto fosse andato in giro con una zeppa infilata nel culo.
Naturalmente, al netto delle più sofisticate analisi di tipo sociologico, se questi caproni perennemente incazzati e
costantemente ingrifati, nel loro stato di sovreccitazione permanente vengono poi emarginati, tenuti a debita distanza e schifati (giustamente!) contro ogni tentazione da qualsiasi donna che non sia cieca, mentre non riescono a trovare uno straccio di lavoro o integrarsi nelle società straniere che hanno la straordinaria fortuna di ospitare simili esemplari, la colpa non può che essere del solito Occidente bieco e corrotto.
Da lì scaturisce la fondamentale interrelazione con le capre, per evidente affinità elettiva.
Se non fosse per certi effetti collaterali da esposizione prolungata all’oltranzismo integralista nelle sue forme più ottuse, ci sarebbe da ridere di gusto…
Sostanzialmente estranei a tutto ciò che non sia immediatamente riconducibile al medioevo e non abbia una dimensione puramente teocratica, non si interessano ad altro se non alla religione piegata e piagata alla più truce interpretazione fondamentalista. Il massimo problema verte su come tornare quanto prima all’età della pietra (ma prima delle pitture rupestri e della tumulazione dei cadaveri; entrambe pratiche blasfeme), così affine al deserto che per loro sfortuna li ha defecati con qualche millennio di ritardo nel XXI° secolo, dove galleggiano in stato di dissociazione permanente.
Quando questi montoni barbuti hanno la ventura di entrare in un qualche parlamento l’effetto è semplicemente surreale, tanto la cosa dev’essere straniante nel trauma di una simile esperienza istituzionale…
Quando invece si trovano a gestire una qualche forma di potere ‘politico’, gli effetti sono tragici.
Ed i milioni di profughi siriani in fuga lungo i Balcani da un Medio Oriente trasformato in un immane merdaio immerso nel sangue, sta lì a ricordarcerlo in tutta la sua drammatica realtà, al netto di un relativismo fuori luogo che nulla ha di ‘culturale’.
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