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La Democrazia che non c’è

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SANDMANIn tempi non sospetti, quando la grande depressione economica sembrava un evento sepolto nei libri di scuola, i rigurgiti nazional-populistici parevano un’ipotesi capziosa, gli euroburocrati di Bruxelles promettevano un radioso avvenire di prosperità sotto l’egida della moneta unica, e Beppe Grillo muoveva i primi passi nella rete, la reversione post-democratica di un sistema rappresentativo in crisi profonda era più che evidente a chi avesse voluto vedere i sintomi di un’infezione già in atto…
Nel 2006, lo storico Paul Ginsborg si interroga sulla crisi di rappresentanza e nuove forme di partecipazione. E lo fa in un pamphlet dal titolo evocativo: La democrazia che non c’è (Einaudi), con la grande capacità divulgativa di una lucida intelligenza.

«Nel 1989 la democrazia liberale trionfò senza riserve sul suo, ormai impresentabile, avversario. Ma, nel momento della vittoria globale, molte delle prassi fondamentali della democrazia liberale si sono rivelate carenti e molti dei suoi più orgogliosi vanti infondati. Oggi la democrazia liberale è, almeno in parte, un re nudo. Per vestirlo adeguatamente urgono dibattito teorico e innovazione pratica. Partendo da Marx e Mill e, a dire il vero, senza perderli mai di vista, questo saggio affronta alcune delle questioni più pressanti sorte nella storia della democrazia, rapportandole alle possibilità e ai pericoli dei nostri giorni. Ciò in riferimento alla democrazia in generale, ma con attenzione particolare alle democrazie europee e al destino dell’Unione Europea. E lo fa con un problema preciso in mente: la necessità di inventare nuove forme e prassi che ‘combinino’ la democrazia rappresentativa con quella partecipativa, al fine di migliorare la qualità della prima col contributo della seconda.
La democrazia ha molti nemici in attesa tra le quinte, politici e movimenti per il momento costretti a giocare secondo le sue regole ma il cui intento reale è tutt’altro: populista, di manipolazione mediatica, intollerante e autoritario. Conquisteranno molto spazio, se non riformeremo rapidamente le nostre democrazie. E non c’è ambito in cui questa riforma sia più necessaria che in seno alla stessa Unione Europea

Il prof. Ginsborg immagina l’incontro, in una sera primaverile del 1876, tra Karl Marx e John Stuart Mill, nella dimora londinese di quest’ultimo. L’espediente narrativo è funzionale al confronto analitico di idee antitetiche, volte alla costruzione di una sintesi comune per una visione d’insieme nel ripensamento del presente.
einaudi_GINSBORG Strutturata in tre parti, l’opera di Ginsborg prende in considerazione i paradossi della democrazia diretta (con un occhio alla Comune parigina del 1871 ed i soviet rivoluzionari nella Russia del 1905) e la dittatura comunista, insieme all’ossimoro della democrazia liberale che sembra entrare in una crisi irreversibile al momento del suo massimo trionfo. Non nasconde e anzi denuncia il preoccupante deficit democratico (oggi evidente) dell’Unione Europea.
Partendo dall’analisi del sistema politico, prende in considerazione il rilancio ed il rafforzamento dell’istituzione democratica, tramite nuove forme di rappresentanza e partecipazione attiva, nella realizzazione di una democrazia deliberativa con un coinvolgimento sempre più diretto della cosiddetta “società civile”, in rapporto sinergico.
Quindi, sposta l’attenzione sulle variabili di genere ed economiche, con le disuguaglianze sociali, che inficiano la tenuta di un sistema compiutamente democratico, con la strutturazione di tempi e scale di intervento.
Appurato come la democrazia sia un sistema tanto mutevole quanto vulnerabile, Paul Ginsborg reputa che questa vada rianimata, e aperta alla partecipazione diretta ed al coinvolgimento della cittadinanza attiva (e responsabilizzata), per inclusione e mai per esclusione.
Il cuore pulsante di un simile processo di rilancio democratico risiede in coloro che Ginsborg chiama soggetti attivi e dissenzienti, tramite un sistema di interconnessioni, con la creazione di reti sociali multiple (dall’associazionismo di base ai comitati pubblici), ripartite per specificità ed ambiti di coinvolgimento: famiglia; società civile; istituzioni politiche. Democrazia partecipata che sia oltre (e non contro) quella fondamentale sfera politica, attualmente separata e monopolizzata dal predominio degli apparati di partito.

«Le tre sfere sono tra loro interdipendenti. Non può esistete società civile senza il sostegno e l’incoraggiamento attivo dello stato democratico. Né la politica democratica può rinnovarsi senza il sostegno e il controllo attivo delle associazioni della società civile. [...] Donna o uomo che sia, il moderno cittadino attivo e dissenziente non è un giacobino.»

Al contempo, il prof. Ginsborg dopo aver tessuto l’elogio della “società civile”, declinata nelle sue varie forme associative, ed esaltate le sue potenzialità intrinseche, ne avverte altresì i limiti:

«Le organizzazioni della società civile presentano numerose pecche. Spesso proprio il loro carattere fluido e informale, che tanto affascina e attrae su un certo piano, rappresenta un grave difetto sotto una diversa prospettiva. In assenza di regole formali, è facile per alcuni individui sfruttare la loro posizione di figure carismatiche fondatrici o simili, per cercare di controllare le organizzazioni o di porsi al di là delle critiche.
[...] In realtà un’organizzazione gerarchica prospera assai più facilmente di una votata ai principi delle solidarietà orizzontali e alla diffusione di potere…. Esiste poi il problema della rappresentazione. Chi rappresentano esattamente le organizzazioni della società civile? E in che modo è possibile accertarlo? Dietro denominazioni magniloquenti possono celarsi solo ambizioni individuali.»

aAn_cCatBite Seppur auspicata e reputata parte integrante della soluzione, da rischi simili non è esente nemmeno la “democrazia deliberativa”, né Ginsborg si fa facili illusioni:

«Il periodo in cui viviamo presenta forti punti di contatto con gli anni ’70 del Novecento e dovremmo trarre dagli avvenimenti di quel decennio un monito per il futuro. All’epoca in tutta Europa, ma in particolare in Italia, si ebbero ampie mobilitazioni a favore dell’estensione della democrazia in varie sfere…. La spinta al cambiamento era così forte che Norberto Bobbio notava un “potere ascendente” che si estendeva “a varie sfere della società civile”.
[...] Sfortunatamente, non avvenne alcuna trasformazione del genere ed i risultati finali furono assai deludenti. La montagna partorì un topolino. L’insuccesso è in parte riconducibile al mutato equilibrio di forze alla fine degli anni Settanta: l’esaurimento dei movimenti sociali, la ripresa del controllo esclusivo da parte dei datori di lavoro nelle fabbriche e l’ascesa di una forte ideologia neo-conservatrice dal fascino universale.
[...] In tutta Europa è ora diffusa la retorica del “empowerment” che sottolinea la necessità di ascoltare la gente e coinvolgerla nei processi decisionali. La UE in vari comunicati e programmi non esita a enfatizzare espressioni come partenariato, coinvolgimento dei cittadini, partecipazione. Tuttavia, se la partecipazione non assume forme solide, realizzabili e costanti, tutto il gran parlare di “empowerment” resta poco più di una presa in giro.»

A distanza di sette anni, ne abbiamo la riprova con drammatica riconferma nella scandalosa gestione della crisi economica da parte della UE.
INCHIESTA-PANORAMA-La-Magna-Casta_h_partbNell’analisi di Paul Ginsborg non c’è posto né indulgenza per il populismo degenerato di un qualunquismo d’accatto che si nutre di furori anti-castali, opportunisticamente alimentati da una campagna di stampa interessata, che fa dell’indignazione uno strumento di pressione politica per la salvaguardia delle elite.
Fede ciecaSe si perdona la polemica, tra i campioni d’eccezione del fortunato filone di vendite ci sono conservatori neoliberisti di ispirazione reaganiana, con incondizionata ammirazione per le politiche economiche di Margaret la CastaThatcher, come Marco Travaglio (ipse dixit!) o l’accoppiata Rizzo-Stella della premiata ditta “Corriera della Sera, con accorati elenchi spese tutti concentrati sui “costi della politica” e mai su quelli dei potentati economici all’ombra della finanza globalizzata (delle quali “Il Corriere della Sera” è da sempre l’organo di stampa privilegiato). A questi, spiace constatare come non manchino mai, da ‘sinistra’, i vari corifei dell’indignazione mediatica a comando, che una vecchia volpe immorale come Lenin, nel suo cinico opportunismo politico, avrebbe definito “utili idioti”.

«La crescente concentrazione del capitale su scala mondiale, conseguente a continue fusioni e acquisizioni, un processo che Marx aveva previsto con grande chiarezza, ha prodotto nuove oligarchie straordinariamente potenti (…) Sono mastodonti estremamente dinamici e rapaci dal punto di vista economico, ma dinosauri in termini di democrazia. Animali non stanziali, battono il mondo a caccia di nuovi mercati e profitti. Il loro è un enorme potere che non risponde a nessuno, se non in forma parziale agli azionisti. Sono in grado di spostare vaste risorse, di decidere del destino di intere comunità e di dettare le loro regole “flessibili” in molte parti del mondo. Alla loro ombra i singoli cittadini si sentono impotenti e dipendenti al contempo. Sono queste le vere relazioni economiche del neo-liberismo e Mill inorridirebbe di fronte a qualsiasi uso del termine “liberalismo”, seppur preceduto da “neo”, in un contesto simile

Perciò, molto meglio concentrarsi sulla sedicente “casta dei politici”, gettando cortine fumogene che distorcono l’interesse sul costo di una “auto blu” o una “indennità parlamentare”, ma allontanano l’attenzione dalle oligarchie del capitale finanziario (e dalle loro rapine), all’origine della devastante recessione economica e principale minaccia a qualsivoglia sistema di diritti e tutele sociali in un ordinamento davvero democratico.

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Indovina Chi?

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Most Wanted - new color

Grillo è figlio di tutto quello che non è stato fatto: la perdita di attenzione per le persone, la corruzione, la chiusura oligarchica. Gli ultimi due Parlamenti li avranno scelti al massimo 20 persone. In questo clima, ci dobbiamo aspettare fenomeni alla Grillo. Anzi, può darsi che ne vengano fuori altri, anche più pericolosi. Il fatto è che il populismo berlusconiano non è stato letto con la dovuta attenzione critica dalla sinistra. Ricordo bene cosa si diceva dopo la vittoria del 1994: Berlusconi ha fatto sognare, noi no. Altan, il più grande commentatore politico che ci sia in questo momento, ha disegnato uno dei suoi personaggi che diceva: «Non fatemi sognare, svegliatemi». La sinistra non è stata capace di andare alla radice culturale e politica del populismo berlusconiano. Quella deriva aveva un precedente negli anni del craxismo. Comincia allora la rottura, la corruzione giustificata, esibita, il disprezzo per la politica e per «gli intellettuali dei miei stivali». Anche oggi vedo grandi pericoli. Il fatto che Grillo dica che sarà cancellata la democrazia rappresentativa perché si farà tutto in Rete, rischia di dare ragione a coloro che dicono che la democrazia elettronica è la forma del populismo del terzo millennio. Queste tecnologie vanno utilizzate in altri modi: l’abbiamo visto con la campagna elettorale di Obama e nelle primavere arabe. Poi si scopre che Grillo al Nord dice non diamo la cittadinanza agli immigrati, al Sud che la mafia è meglio del ceto politico, allora vediamo che il tessuto di questi movimenti è estremamente pericoloso. E rischia di congiungersi con quello che c’è in giro nell’Europa. A cominciare dal terribile populismo ungherese al quale la Ue non ha reagito adeguatamente.

Chi l’ha detto?
IndovinaChi Sono le parole illuminate di una personalità straordinaria, nell’ambito di una riflessione più vasta sulla crisi della politica, per la costruzione di una nuova Sinistra, nella difesa di una democrazia sempre più debole; minacciata com’è dalla dittatura dei mercati, dalla morsa dei populismi, e dall’attacco concentrico alla nostra Costituzione.
La citazione è tratta da un’intervista a cura di Sofia Basso, pubblicata nell’estate del 2012 sulla rivista “Left-Avvenimenti” (21/07/12).
Il testo integrale (leggetelo!) lo potete trovare QUI.
A voi il piacere di scoprire il nome del protagonista.

Il coglione mascheratoAd altre latitudini, tra gli specialisti della contabilità anti-casta, per l’indignazione telecomandata dei gonzi che cercano le pagliuzze ma non vedono le travi, persi come sono nel loro rancoroso universo penitenzialista dagli orizzonti ristretti, questo distinto Signore apparterrebbe a pieno titolo alla “casta dei politici” che tanto odiano, per riflesso pavloviano, opportunamente aizzati contro il bersaglio designato, come tanti cagnolini, dai troppi imbonitori disponibili sulla piazza mediatica.

Critters - Gli extra-rosiconiMr Who In politica da sempre con una carriera tutta a sinistra, ininterrottamente in Parlamento dal 1979 al 1994, ha rivestito incarichi istituzionali in ambito europeo e costituzionale. È uomo di specchiata reputazione e giurista di fama internazionale.
Ovviamente i suoi meriti passano in secondo ordine per il ringhioso tribuno pentastellato, impegnato unicamente a tirar di conto sulla scia tossica della fortunata formuletta: “Quanto mi costi? Chi ti paga?”, con la foga livorosa del miserabile che discetta soltanto di soldi, ossessionato dai denari degli altri (ma mai che fornisca lumi sui propri), e di null’altro si interessa.
Pertanto, non poteva mancare il solito post-gogna sul noto blog [QUI]:

Il blog lancia una fatwa collettiva contro tutti i parlamentari che hanno maturato (o stanno maturando in silenzio/assenso) il diritto alla pensione dopo una sola legislatura: “Ogni parlamentare che non rinunci al diritto di percepire la pensione acquisita dopo una sola legislatura sia maledetto”. È una fatwa gentile, infatti è sufficiente rinunciare alla pensione per sfuggire alla maledizione.

Naturalmente, non manca il solito elenco spese con rendicontazione al dettaglio, mentre l’ammicante Ragioniere solletica gli istinti della sua cucciolata rabbiosa:

Lo so che mentre leggete vi monta il sangue alla testa, stringete i pugni e vi si contrae lo stomaco. Per questo non ho riportato l’elenco completo, l’ho fatto per voi. Siate contenti che un diversamente lavoratorecome Topo Gigio Veltroni abbia a 55 anni una pensione di novemila e passa euro, che Luciano Benetton possa confidare in una pensione di fronte ai possibili rovesci di mercato e che Scalfari disponga di un piccolo gruzzolo mensile. I parlamentari di oggi e di ieri prendono la pensione per noi. Perché ci si senta più buoni e tanto coglioni.

Segue consueto florilegio di commenti ispirati, tra i quali si distinguono perle come questa:

ORA IN ITALIA, BISOGNA SISTEMARE, AL PIU’ PRESTO, E NELLA STESSA MANIERA CHE I FRANCESI SI SONO LIBERATI DEI NOBILI: POLITICANTI, BANCHIERI, SINDACALISTI, DIRIGENTI PUBBLICI TIPO POGGIOLINI, ECC. ECC. NON DOBBIAMO PERDERE TEMPO.
VIVE ORMAI DI POLITICA, PERCIO’ DEL NOSTRO REDDITO DEL NOSTRO SUDORE DEL SANGUE DEI NOSTRI FIGLI, PIU’ DEL 22% DELLA POPOLAZIONE ITALIANA.
QUANDO I NOSTRI POLITICI AFFAMANO IL POPOLO, GLI INDUSTRIALI, GLI ARTIGIANI ECC. ECC. PER SALVARE LE BANCHE, ED I CITTADINI INVECE PERDONO LE LORO CASE, LE LORO AZIENDE, IL LAVORO E L’ONORE, PER GLI SPORCHI GIOCHI DEI BANCHIERI EBREI, DEI POLITICI CORROTTI, DEI FUNZIONARI DELLO STATO CHE SI ARRICHISCONO TROPPO……..E’ GIUNTA L’ORA……
LA STORIA CI DARA’ RAGIONE……
GHIGLIOTTINE IN TUTTE LE PIAZZE, GHIGLIOTTINE IN TUTTE LE VIE, GHIGLIOTTINE AL LAVORO….
WWWW. LE GHIGLIOTTINE, WWWW IL POPOLO FRANCESE, WWWW LA RIVOLUZIONE FASCISTA, WWW LA RIVOLUZIONE CUBANA, WWW LA RIVOLUZIONE RUSSA, WWW LA RIVOLUZIONE CINESE……ECC. ECC.

la gognaEra il lontano luglio del 2010. Poi, come si sa, il Beppone nazionale ha cambiato idea, con la coerenza che da sempre ne contraddistingue le valutazioni a seconda del capriccio di un momento. Le vie del demagogo sono imperscrutabili… Capita così che un anziano e rispettabilissimo costituzionalista passi dalle maledizioni on line come vituperato “membro della casta” (per il reato terribile di aver fatto politica con onestà e passione) ad eroe anti-casta, previa amnistia pentastellata e remissione dei precedenti ‘peccati’, ovvero contaminazione coi partiti (nella fattispecie: il PDS di D’Alema e Veltroni e Bersani).
Omnia munda mundis.

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CUPIO DISSOLVI

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Rurouni-Kenshin-SamuraiX

Sarei contento se i tedeschi ci invadessero
Beppe Grillo
(23/04/2013)

Se non fosse così impegnato a sbrodolare castronerie nel suo provincialismo d’accatto da strillone di villaggio, il Grullo pentastellato si sarebbe accorto che la Germania l’abbiamo in casa da tempo…
Infatti, in questa parodia farsesca della Repubblica di Weimar che è diventata l’Italia, le figurine di un remake horror-politico possono ormai essere giocate a parti inverse per ruoli interscambiabili: Abbiamo il presidente Giorgio Napolitano nei panni di Paul von Hindenburg.
Mario Monti perfettamente sovrapponibile ad Heinrich Brüning (ne avevamo già parlato QUI).
L’indecente PD come la SPD degli anni ‘20, con l’imbarazzante Pierluigi Bersani al posto di Carl Severing. Più incerta resta la scelta su chi possa interpretare il ruolo del fu Franz von Papen e di un Kurt von Schleicher (Enrico Letta?).
Dalle parti delle ‘stelle’, se non fosse per la loro siderea minchioneria, sarebbe invece chiarissima l’analogia con lo NSDAP hitleriano.
IRON SKY - releasePertanto, nei giorni più miserabili della storia repubblicana, capita di assistere all’apocalisse surreale di un Parlamento (e di un partito in particolare) che celebra il proprio fallimento, plaudendo entusiasticamente alla rielezione di Giorgio Napolitano, alla fresca età di 88 anni, sempre meno presidente e sempre più monarca. Solo la psicanalisi potrebbe spiegare un La pazzia di re Giorgio - 1995simile rapporto perverso di natura sadomaso, con Re Giorgio II che sferza con asprezza parlamentari e senatori riuniti a tripudio; ovviamente senza mai fare i nomi dei diretti responsabili dello sfascio presente, sottacendo con attenzione le cause, mentre si arroga poteri semi-assoluti che nessun presidente della Repubblica ha mai esercitato prima (dinanzi a crisi ben più gravi), nel trionfo della grande ammucchiata. E così deve essere perché in Europa nessun partito governa da solo (?). Parola del Presidente.
Sorvoliamo sulla falsità implicita di una simile locuzione, facilmente smentibile nei fatti (Francia, Spagna, Portogallo…) e soffermiamoci a meditare invece sul fatto che in ogni democrazia, se vuole continuare ad esistere come tale, deve esserci sempre una maggioranza ed una opposizione in regime di alternanza nella differenza di idee e proposte. MDC - La maschera di ceraAd ogni modo, laddove maggioranza e opposizione governano insieme, in nessun caso esiste una anomalia vivente come Silvio Berlusconi.
Ma questo il presidente Napolitano fa finta di non saperlo e si guarda bene dal denunciarlo.

applausi

Da alcuni anni, a dimostrazione di un’involuzione antropologica senza precedenti, si è diffusa tra gli italiani la pessima abitudine (che non ha eguali nel mondo) di applaudire ai funerali. Ciò la dice lunga sulla natura di una società (in)civile come la nostra, che mutua i propri comportamenti dai modelli televisivi, quale unico riferimento culturale universalmente riconosciuto, e scambia la solennità di una cerimonia per un evento mondano, non sapendo esprimere la propria partecipazione se non attraverso l’applauso, incapace com’è di scindere la platea televisiva dalla compartecipazione.
I parlamentari italiani, che a dispetto dei critici questa società incarnano e interpretano in pieno, nella loro ovazione presidenziale sembravano per l’appunto applaudire al proprio funerale, non accorgendosi come essi stessi fossero l’oggetto delle esequie istituzionali.
Bonobo Quegli applausi scroscianti nella savana parlamentare ci hanno fatto venire in mente le scimmie Bonobo (conosciute anche come “scimpanzè nano”)… L’attività prediletta che i Bonobo praticano incessantemente, con compulsiva ed ininterrotta ripetizione, è “fottere”. Indiscriminatamente. Ogni atto di ammissione (e sottomissione) al branco avviene per subordinazione e promiscuità sessuale, senza troppi riguardi di genere. In altra sede e ambiti istituzionali, è chiarissimo il ruolo di chi, dopo aver ‘fottuto’ senza ritegno uno dopo l’altro i propri candidati alla presidenza, si spella ora le mani, pregustando la nuova e incredibile svolta nei lupanari a buon mercato della porno-politica. Più che “democrazia liquida” è la nostra una democrazia dei liquami.
Per questo ci sarebbe bisogno, oggi come non mai, di un’opposizione seria in grado di costruire una valida alternativa in ambito sociale e politico. Sono ruoli che, da sempre, dovrebbero competere, nel vuoto di proposte istituzionali, ad una società civile responsabilizzata e cosciente delle proprie potenzialità. Se solo questa esistesse. Se fosse davvero “popolo” invece che “gente”.
Invece, a dimostrazione di quanto la società italiana sia inconsistente nella sua inciviltà dalla congenita mediocrità, acefala da sempre, è un corpo informe aggregato per rancori e animato da pulsioni elementari. Irrazionale per composizione, ragiona di pancia tra i rigurgiti intestinali e gli empiti gassosi di un ventre, che rumina in continuazione i propri umori gastrici in eterno reflusso e alla fine tutto digerisce per lenta metabolizzazione.

Carbone vegetale

Ellekappa - Italiani Per questo noi abbiamo la costante riproposizione, sotto diverse spoglie, del cialtrone politico, declinato in forme sempre nuove per immutata sostanza. Sono i tribuni facondi dei quali parlava Camillo Berneri ne L’Adunata dei Refrattari; ovvero la ribalta del “grande imbecille”, sbertucciato da Curzio Malaparte.
In merito alle elezioni presidenziali, è eccezionale la farsa inscenata alle porte del Parlamento da una piazzetta di presunti auto-convocati, per il trionfo mediatico delle rispettive tifoserie che hanno scambiato l’elezione del presidente della repubblica per una nomina del fanta-calcio, con la partecipazione straordinaria di Casa Pound, insieme agli eredi di “Terza Posizione” transumati in Forza Nuova, ed i superstiti del defunto “Popolo viola”. Mai parlamento è sembrato più simile ad un bivacco di manipoli. Dinanzi ad un simile pubblico d’eccezione, non poteva certo mancare il “Capo politico” degli ensiferi che chiama tutti a marciare su Roma (la storia nelle sue ripetizioni predilige decisamente la farsa), salvo arrivare in ritardo, smarrendosi nel traffico della Capitale…
CIALTRONENon contento, grida al colpo di Stato. Poi ci ripensa e riduce tutto a golpettino: osceno neo-logismo per un cretino demenziale. Arruffa il popppolo sul predellino della propria auto, ad imitazione di Berlusconi ma superando il maestro. E infatti ci regala la scena patetica di un vecchio imbolsito, dagli addominali sfatti, che tenta invano di arrampicarsi sul tettuccio dell’auto, sospinto per le natiche dai suoi. Vuole marciare verso il Piazza Montecitorio; poi declina per Piazza S.Giovanni; infine sceglie di sfilare coi suoi scalcinati manipoli reclutati su facebook per la via dei Fori Imperiali, tra gli sbadigli di celerini annoiati. E lo fa nel giorno del natale di LegionariRoma, tra turisti e famigliole a passeggio, giapponesi armati di macchina fotografica, centurioni in corazza di cartone, e la (più seria) parata dei gruppi di reenactment in armatura da legionario, dirigendosi verso il Colosseo dove sono assiepati i fan del Califfo per il concerto in omaggio a Franco Califano.
Er CaliffoIn serata, gli ensiferi a conclave discutono l’espulsione del senatore Mastrangeli, reo di essersi fatto intervistare in TV. Qui i livelli di surrealismo superano la fantasia anche dei più visionari: Marino Mastrangeli rivendica di aver partecipato a più interviste, ma sempre fuori dagli studi televisivi, al contrario del capogruppo Vito Crimi che, pur avendo partecipato ad un’unica trasmissione, ha la gravissima colpa di essersi accomodato sul divanetto di Bruno Vespa e dunque anche il cicciuto portavoce ha peccato in pubblico e pertanto passabile d’espulsione.
Cronache da un manicomio.
Per questo l’unico autorizzato a rilasciare interviste è esclusivamente il Capo-Grullo, ma solo alla stampa straniera per traduzioni di terza mano da inoltrare ai media italiani. Non sum digno Domine.
EllekappaE dopo la decrescita che lui vorrebbe “felice”, ma nei fatti è catastrofica, per la gioia della speculazione finanziaria, sogna e neanche tanto velatamente auspica il fallimento del Paese e la bancarotta nazionale (così dalle macerie ci metteremo tutti uno spinotto nel culo e ci connetteremo al magico mondo di Gaia!). Mai pago di sparar menate, adesso blatera pure di “invasione tedesca” immaginando che dalle parti di Berlino (all’ombra dei reattori nucleari) sia tutto rose e fiori…
Evidentemente, Grillo sta ancora sfogliando la Storia d’Italia a fumetti e, in attesa di comprendere il testo, non ha neanche capito le figure. Storicamente, le invasioni germaniche non hanno mai portato fortuna all’Italia (e meno che mai al resto d’Europa). L’ultima invasione tedesca risale a 70 anni fa: il 25 Aprile se ne celebra per l’appunto la Liberazione.

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R-ESISTERE

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Konachan.com - clouds dark forest green

Per una atroce ironia del caso, capita di dover celebrare le ricorrenze del 25 Aprile, in concomitanza con la prossima formazione di quello che si preannuncia, qualora dovesse davvero prendere vita, come il più orripilante esecutivo mai defecato prima dagli sfinteri parlamentari del peggior trasformismo consociativo.
E, dinanzi ad un simile orrore, ci sarebbe quasi da chiedere se la Festa della Liberazione abbia ancora un senso, così vergognosamente tradita nell’essenza stessa della sua identità storica e nel suo valore morale, da un ‘gabinetto’ (o latrina?) che probabilmente verrà ricordato come la più grottesca e oscena ammucchiata mai vista in tutta la storia della Repubblica.
Poco importa se la costituzione del più democristiano dei governi (a 20 anni dalla scomparsa della DC), sancisca nei fatti l’atto di morte dell’insulso partito bestemmia: aborto politico, nato già morto e mai tumulato in una estenuante veglia funebre. Il fetore di questa carogna in decomposizione ha raggiunto ormai livelli insopportabili.
Giustizia e Libertà Servirà molto di più di uno scatto d’orgoglio collettivo per risalire dal fondo di una simile infamia…
E, paradossalmente, proprio i valori della Resistenza possono fornire quel modello ideale e quell’esempio di coraggio (quando tutto sembrava perduto) per ritrovare la dignità calpestata nel nome di una nuova Liberazione.
C’è chi, giustamente, dalle pagine di Libertà e Giustizia, ha gridato al tradimento, sfiorando però il necrologio…

25 aprile tradito

«25 aprile 2013: difficile festeggiare, oggi che sentiamo, dentro di noi, la consapevolezza di averla tradita quella giornata del nostro riscatto. Comunque andranno a finire le cose, chiunque saranno i ministri di questo governo, rimane il fatto che una parte, quella che credevamo essere anche la nostra o almeno lo era di tanti italiani, oggi è al governo con italiani avvezzi a irridere la Liberazione (volevano addirittura abolirla come festa di tutti gli italiani o cambiarle il nome), a sostenere che Mussolini e il fascismo non furono poi così male, a stravolgere la nostra Costituzione inseguendo una Repubblica presidenziale che non è la nostra. Scompariranno dal sacro testo le firme di De Nicola, Terracini e De Gasperi, sostituite da quelle di chissà chi, magari di Gaetano Quagliarello e Silvio Berlusconi.
Questa è la posta in gioco.
Questo vuole il Pdl vincitore non delle elezioni, ma del dopo elezioni, e verso questo risultato siamo incamminati, dopo l’orrenda prova che ha dato il Parlamento di non essere in grado di eleggere un Capo dello Stato. A dir la verità si è deciso molto in fretta che nessun altri sarebbe stato eletto se non Giorgio Napolitano.
Oggi è amaro ripensare a tutto questo, a una politica e a dei partiti incapaci di governare e di lavorare con dignità e onore per il bene degli italiani.
Oggi è dunque difficile festeggiare: ci sentiamo tutti un po’ complici del tradimento, anche chi si è opposto in questi anni; anche noi che non abbiamo saputo evitare il ritorno di Berlusconi.
Ripenso a Ennio Flaiano e a quello che scrisse alla figlia appena nata il 25 luglio del ’43: “Un giorno tu ti sorprenderai quando ti racconteranno quello che si è sofferto in ventun anni di miseria morale. Non vorrai crederci e forse ci rimproverai dicendo: perché non l’avete cacciato prima?… non sappiamo quel che l’avvenire ci riserva. Ma una cosa è certa: che Dio s’è svegliato. Il piffero di Manet suona per te e per noi la dolce canzoncina della Libertà. Suonala in eterno, Piffero!”.
E mi viene da piangere.»

 Sandra Bonsanti
(Libertà e Giustizia – 24/03/13)

25aprile

….Ma a noi le lacrime piacciono assai poco e ancor meno la commiserazione rassegnata che deprime l’azione e prosciuga le forze, in nome di una “normalizzazione” che è sottomissione di coloro che, oltre allo spirito combattivo, rischiano di smarrire anche il proprio orgoglio.
A noi, amanti delle cause perse, piacciono le battaglie soprattutto se sembrano impari, giacché la sconfitta è certa solo per chi rinuncia alla difesa dei propri ideali.

13 ASSASSINS

Di fronte ad una disgrazia non è sufficiente rimanere calmi. Quando sopraggiunge la sventura, il samurai deve rallegrarsene e andare avanti con coraggio. Un’attitudine simile differisce radicalmente dalla rassegnazione.

Hagakure (I, 116)

Al contempo, sarà bene ricordare come siamo potuti arrivare a tanto…
Questa che riportiamo è una delle analisi migliori sulla quale meditare per non dimenticare le cause ed i responsabili:

Hellblazer - Pandemonium ”Cronistoria di un disastro

«Benché i colpi di scena, veri o apparenti, incalzino, vorrei ricapitolare che cosa (mi pare) è successo.
Vinte nettamente le primarie, Bersani ha fatto una campagna attendista. Era convinto che il successo fosse già nel sacco. Ci teneva come all’occasione culminante della sua vicenda militante, e si proponeva di usare la vittoria per rinnovare fortemente la composizione del Pd e per cimentarsi con un governo che rompesse col feticcio dell’austerità.
Dopo la delusione elettorale, ha investito sulla propria debolezza per stanare la demagogia grillista: ottenerne una collaborazione, o svelarne il nullismo.
Bersani aveva un punto fermo: nessun accordo di governo con il Pdl. Attorno a lui si moltiplicavano i dissensi, malcelati e via via più trasparenti. Avrebbe potuto rinunciare alla candidatura al governo: ci si può chiedere se ci fossero altri accreditati e risoluti altrettanto a non trattare del governo con Berlusconi.
PBersaniLa resistenza di Bersani (tenace oltre ogni previsione, e non spiegabile con una disperata ambizione personale) aveva una sola prospettiva: che Napolitano lo mandasse alle Camere. Lì, se non un calcolo politico, il dolore sentitissimo di tanta parte, e trasversale, dei nuovi eletti per l’eventualità di tornarsene a casa, avrebbe potuto dargli una striminzita e caduca fiducia, di cui però avrebbe potuto approfittare per prendere tre o quattro iniziative radicali, a cominciare dalla legge elettorale. Se fosse stato sfiduciato, avrebbe potuto guidare un governo provvisorio per l’elezione al Quirinale e la successiva campagna elettorale anticipata. Napolitano non ne ha voluto sapere: aveva le sue ragioni, ma sia lui che i numerosi esponenti del Pd che mordevano il freno e davano segni di impazienza crescente nei confronti di Bersani e della “perdita di tempo”, rivendicavano di fatto (guardandosi dal dirlo, nella maggior parte dei casi) un accordo di governo con il Pdl.
Bersani ha tenuto duro a oltranza, posponendo la questione del governo alla rielezione al Quirinale, così da ammorbidire l’esclusione del Pdl grazie alla distinzione fra governo e Presidenza della Repubblica, quest’ultima costituzionalmente orientata alla più vasta condivisione.
Ha qui fatto due o tre errori fatali: ha creduto che quella distinzione fosse chiara; ha ritenuto che fosse convincente per la base e l’elettorato di sinistra; si è illuso che il notabilato del Pd lo seguisse. Soprattutto, non ha formulato pubblicamente il nome o i nomi dei candidati che il Pd avrebbe proposto a tutte le altre forze politiche.
Così, mentre un nome degno come quello di Marini passava per scelto da Berlusconi, Grillo candidava Rodotà, persona esemplare per uno schieramento di sinistra dei diritti civili e dei movimenti. I 5Stelle erano fino a quel punto piuttosto nell’angolo, essendo evidente come il loro compiaciuto infantilismo settario (oltre che l’insipienza dei loro portavoce) facesse dissipare un’inverosimile opportunità di riforme e regalasse al centrodestra una forza di ricatto insperata. Del disastro della notte e del giorno di Marini (che non lo meritava) inutile ripetere: Bersani ne è uscito, dopo 50 giorni di resistenza catoniana, come un inciucista finalmente smascherato. (Ve li ricordate, dal primo giorno, i titoli “da sinistra” sull’inciucio avvenuto?).
Avrebbe potuto il Pd aderire alla candidatura di Rodotà, come tanti hanno auspicato? Forse: sarebbe stata una capitolazione nei confronti dei 5Stelle, che in Rodotà avevano visto soprattutto una ghiotta occasione per imbarazzare il Pd, ma cedere a una pretesa strumentale e arrogante può non essere un errore. Lo considererei più nettamente tale se Rodotà avesse risposto all’offerta della candidatura dichiarando che l’avrebbe accettata solo nel caso che fosse di tutta Stefano Rodotàla sinistra: Scalfari ha fatto un’osservazione simile. I 5Stelle hanno sventolato il nome di Rodotà come una loro stretta bandiera, e al tempo stesso l’hanno proclamato come il candidato di tutti gli italiani contro quelli del Palazzo. Gli italiani avevano moltissimi altri candidati degni, per fortuna, e le stesse consultazioni varie lo mostravano (com’è noto, Emma Bonino era la preferita: è diventato un tic, gli italiani ce l’hanno, i politici non ci fanno più caso). La postuma pubblicazione di voti e preferenze delle cosiddette (pessimamente) quirinarie, hanno aggiunto un tocco di ridicolo al tono grillista. Bene: quando si sbaglia, specialmente se in buonissima fede, è buona norma di lasciar perdere, pena la valanga.
La candidatura brusca di Prodi – meritevolissima – è stata la toppa peggiore del buco. E ha mostrato come il Pd non abbia, come si dice, “due anime”, ma forse nemmeno una, e invece una quantità di cordate e bande, tenute assieme da altro che le divergenze politiche. Le convinzioni politiche sono la cosa più importante in un partito che aspira, come si dice, a cambiare il mondo, tranne un’altra: l’amicizia fra i suoi membri e i suoi militanti.
Per questo la scissione è forse un pericolo, ma non una cosa seria: la frantumazione sì. Sarebbe bene che ne tenesse conto chiunque si proponga davvero di “rifondare” (verbo inquietante) il Pd, e sia tentato da escursioni minoritarie. Eravamo al punto in cui il Pd, in stato del tutto confusionario, era a rimorchio della demagogia a 5Stelle da una parte – e di sue piazze scandalizzate e scandalose – della furbizia di Berlusconi dall’altra. L’elezione di Napolitano (una pazzia, in un mondo normale: un uomo molto vecchio che si era finalmente preparato uno scampolo di esistenza privata) è stata un escamotage provvidenziale: il suo effetto, quel governo delle “larghe intese” che si voleva escludere a priori, è il boccone più indigesto. È, amara ironia, il rovescio della distinzione cui Bersani aveva confidato la sua ostinazione, fra governo mai col Pdl e Quirinale condiviso: Quirinale confermato, e governo condiviso, a capo chino.
I 5Stelle? Le mosse furbe hanno gambe corte. I portavoce hanno spiegato che i voti in Friuli-Venezia Giulia sono quelli normali nelle regioni. Però il capo aveva annunciato che sarebbe stata la prima regione in loro mani. Credo che le persone che li avevano votati e hanno sentito sprecato il loro voto siano molte. Il bilancio provvisorio, con 5Stelle e Pd in caduta, e il Pdl in ascesa, è un capolavoro.
Propaganda anti-semita nella Germania pre-nazista e Propaganda 5 Stelle oggiVorrei aggiungere una cosa. Ci sono molti aspetti della situazione attuale che ricordano, ben più del precedente di Mani Pulite, quello remoto del primo dopoguerra, quasi cent’anni fa. Non c’era, nello scontro frontale fra sovversivi diciannovisti ed eversori fascisti una distinzione così netta di sinistra e destra. Le file del fascismo movimento erano piene di ex-socialisti, interventisti rivoluzionari, sindacalisti soreliani, massimalisti di ogni genere. Non era così chiaro, e a distanza di tanti anni fu penoso per tanti chiedersi da che parte erano stati, e perché, e come fosse stato possibile. A suo modo, e con una gran dose di autoindulgenza, Grillo evoca questa ambiguità quando ripete che il suo movimento è l’argine italiano all’Alba dorata greca o al lepenismo e alle altre insorgenze neonaziste in Europa. Il programma dei 5Stelle contiene molti obiettivi buoni per una sinistra della conversione ecologica, e anzi da quest’ultima pensati e proposti da lungo tempo.
La differenza sta altrove, nel Vaffanculo, nei Morti che camminano, nel Tutti a casa. La differenza fra il federalismo verde e aperto di Alex Langer e il razzista federalismo leghista passava dalle imprecazioni di Bossi e dei suoi. I buoni programmi smettono di essere minoritari e vincono quando vengono distorti e incattiviti dalla demagogia. “La gente” non ha infinite ragioni alla sua ribellione contro i privilegi e l’impudenza dei potenti? Certo. Ma che i parlamentari escano da Montecitorio da una porta secondaria – se è andata così – è un episodio di violenza e di viltà vergognose. A proposito del 25 aprile.»

 Adriano Sofri
 (La Repubblica – 25/04/13)

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Le Parole e gli Atti

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ROMA

«C’è una grande differenza tra il gesto isolato e un attentato organizzato da un gruppo eversivo. E c’è una altrettanto grande differenza tra un gesto spiegabile con l’estremismo politico e uno riconducibile a forme estreme di disagio personale.
Ma sarebbe ottuso e cieco consolarsi con la formula del “gesto isolato”.
In tempi di crisi delle appartenenze, nell’epoca della finta socialità di Facebook, negli anni della solitudine personale e politica dissimulata attraverso l’inganno tecnologico, l’azione individuale – che sia frutto di uno squilibrio o meno – è una inedita ma non per questo meno pericolosa forma di attacco alle istituzioni.
Sempre di una forma di terrorismo si tratta, inutile girarci attorno. La rabbia e la voglia di vendetta contro la politica è ormai una ideologia, un clima, un appartenere ad un “certo sentire”. Che diventi violenza vera e propria da parte di soggetti magari psicologicamente non saldissimi non cambia la sostanza.
Quello che veramente conta, quando si parla di terrorismo, non sono i pochi che sparano, o l’organizzazione clandestina che li raccoglie, o i comunicati politici che portano o non portano in tasca. E’ l’habitat culturale in cui l’azione – singola o di gruppo – matura.
L’odio per la casta sta diventando, nell’Italia del 2013, una ideologia. Per questo, dispiaccia o no e con tutte le dovute differenze, quello che è accaduto oggi non riguarda un caso umano di disperazione o follia. E’ anche un fatto politico

 Marco Bracconi
 Il terrorismo dei soli
(28/04/2013)

Le parole di Marco Bracconi non sono tanto interessanti per una riflessione che condividiamo in pieno, bensì per la natura sbracata (ai limiti dell’apologia di reato) di certi commenti in seguito…
Tanto per chiarirci, chi si avvicina con l’inganno a persone ignare (chiunque esse siano) e spara loro a bruciapelo, a tradimento, è un INFAME ed un VILE, che si rende artefice di un atto spregevole e che non merita alcuna giustificazione.
GunnerDunque, nella mattinata primaverile di una placida domenica romana, un bastardo con la pistola, troppo frettolosamente bollato come “squilibrato”, si metta a sparare all’impazzata contro i carabinieri che controllano i varchi di sicurezza a Palazzo Chigi, dove si tiene il giuramento del Consiglio dei Ministri, svuotando il caricatore addosso ai due militari e colpendo tra gli altri anche una donna incinta. Obiettivo dichiarato: colpire i “politici”, quale soggetto anonimo e indistinto (tutti uguali), in totalità onnicomprensiva della categoria elevata a fucina di ogni male.
Ci interessa poco e niente che lo sparatore sia un fallito che cerca di attribuire ad altri le responsabilità di una vita sbagliata e scelte fallimentari che riguardano lui solo, che sia un potenziale suicida, o uno psicopatico che si crede “rivoluzionario” e tenta in solitaria l’assalto al Palazzo d’Inverno, pensando che in democrazia un governo sgradito si abbatta a pistolettate.
Ci limitiamo a ricordare come le parole siano pietre; a maggior ragione, l’uso che se ne fa è importante. Ad abusarne troppo a lungo, possono avere spiacevoli effetti collaterali… può anche accadere che queste si possano trasformare persino in proiettili.
E in questa Italietta, ripiegata nei propri rancori e frustrazioni, sempre più abbrutita in un’ignoranza becera, ormai troppo spesso capita che arruffapopoli improvvisati e aizzatori professionisti di folle, giocando sugli istinti irrazionali e pulsioni rabbiose di masse amorfe incarognite dalla crisi, sguazzino con disinvolta faciloneria tra gli umori più fetidi di piazze più o meno virtuali, rimestando con poca coscienza e molto opportunismo nel calderone dei livori impazziti, illudendosi di poter cavalcare la tigre di un odio alimentato ad arte e apparentemente addomesticato alle furberie di istrionici tribuni.
Quando, perdendo ogni senso della realtà e delle proporzioni, si grida ininterrottamente al golpe ed al colpo di stato
Quando i propri avversari diventano casta.. zombies.. mostri.. morti che camminano… da spazzare via, da cacciare a calci nel culo”… da andare a “prendere nelle loro case”… 
GhigliottinaQuando si invocano le ghiogliottine, la forca ed i forconi (in senso metaforico, s’intende!)… quando si paragona se stessi a Robespierre (che le teste le faceva rotolare sul serio)…
Quando si evoca la marcia su Roma e tutto si riduce a guerra
Quando si rivendica per sé il 100% dei consensi, e che in caso contrario si scatenerà la “violenza nelle strade”… quando le uniche parole interattive della ‘piazza’ sono: “vaffanculo!”, “vergogna!”, “buffoni!”, “tutti a casa!”, a parte ovviamente i propri…
Quando ogni forma di dialogo, o confronto critico ma civile, vuol dire sporcarsi di merda
Quando tutto si riduce ad un bagno di sangue, ad una lotta titanica e mortale tra “NOI” (i puri) e “LORO” (gli infetti)…
Allora può accadere, tra le menti più labili, che qualcuno smarrisca il senso della metafora e cominci a baloccarsi con idee balzane… Può succedere allora che tra le psiche più disturbate, e sconquassate dalla precarietà di tempi difficili, certe parole e certi inviti vengano presi terribilmente sul serio e tramutati in atti malsani.
Ovviamente, quando la tigre sfugge al controllo dei suoi ambiziosi domatori, vedrete che questi prenderanno immediatamente le distanze, declinando ogni responsabilità. Scandalizzati e indignati, grideranno al complotto dei loro nemici (reiterando la farsa nella tragedia) e di occulti poteri, attivati per bloccare la loro “rivoluzione” gastrica. Urleranno alla cospirazione, che da sempre è l’arma abusata di qualunque cialtrone. E si aggrapperanno come disperati al vittimismo di chi ha la coda di paglia e nessuna coscienza da poter sporcare.

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(50) Cazzata o Stronzata?

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Classifica APRILE 2013

Lo ScudofaggioNel 1994, in concomitanza con l’insediamento del primo governo Berlusoni, un eccezionale Paolo Rossi dava lettura della lista dei ministri, sulle note della marcetta del 7° Cavalleggeri del gen. Custer

Dopo un ventennio trascorso pessimamente, abbiamo un nuovo esecutivo che non ha davvero nulla da invidiare al lontano predecessore… Governo democristianissimo per la DC che verrà, con un Letta presidente. L’uno o l’altro è indifferente, poiché nel gioco delle parti sono assolutamente complementari. Il piatto è servito: una manciata di tecnocrati per gli affari che contano e una raffazzonata selezione per contorno con quarte scelte di partito, tra i quali si distinguono le papi-girls e nullità come lo stralunato Andrea Orlando (di cui a suo tempo avevamo già parlato QUI), con la Nunzia De Girolamo (PdL) famosa più che altro per essere la moglie di Francesco Boccia (PD), bocconiano di Letta e di governo. Tutti in ostaggio del Pornonano, che mira all’impunità ed allo scranno di senatore a vita.
Per la fondamentale gestione della cosa pubblica, l’importante è che i nuovi ministri siano “giovani” e “donne”, variabili relative assurte a requisito essenziale di governo, che qualche buontempone aveva pure la spudoratezza di chiamare “del cambiamento”..!

Era meglio morire da piccoli,
suicidarsi col tappa-turaccioli,
soffocarsi con tanti batuffoli,
che vedere ‘sto schifo da grandi!
Era meglio morire da piccoli,
soffocati da un bacio di Muccioli,
era meglio morire da piccoli
che vedere ‘sto schifo da grandi!
Era meglio morire da piccoli
con la testa tutta piena di riccoli
soffocati da tanti turaccioli
che vedere ‘sto schifo da grandi!

Complimenti vivissimi invece a Beppe Grillo che è riuscito finora non solo a rianimare il papi Silvio, risorto all’ennesima potenza, ma ha anche ottenuto l’incredibile miracolo di resuscitare addirittura la DC, a 20 anni dalla sua scomparsa.
Dopo aver rigettato ogni possibile responsabilità di governo, per mesi ha spinto con tutte le sue forze il resto del Parlamento verso il governo delle larghe intese, da lui fortissimamente auspicato, per poter continuare a campare di rendita dall’alto della sua torre d’avorio, nel proprio splendido isolamento. Come un santo stilita, in questi mesi ha sputazzato addosso a chiunque abbia osato avvicinarsi alla sua colonna, insultando tutto e tutti. In quanto, nella sua manichea visione del mondo, “contaminarsi vuol dire sporcarsi di merda”, anche se in tutta sincerità sarebbe difficile notare la differenza.
Dopo aver umiliato in tutti i modi possibili l’impacciato Pierluigi Bersani (l’unico davvero contrario al “governissimo”), dopo aver usato la candidatura di Stefano Rodotà come un ariete per provocare l’implosione del centrosinistra, facendo leva sulle spaccature interne del partito bestemmia, tuona ora contro l’inciucio gridando al “golpettino”. Perché, cos’altro si aspettava?!?
E si lamenta che gli adepti della sua setta siano (parole sue) “disprezzati e trattati come dei coglioni”. Non immagina quanto ciò sia vero… e mai abbastanza! Alla prova dei fatti, non si capisce perché la considerazione ed il trattamento riservato ai suoi boots animati dovrebbe poi essere diverso.
Almeno questa piccola soddisfazione.
In compenso, gli ensiferi non avranno più scuse per non presentare i loro disegnini di legge. E per questo dovranno usare carta e penna, al posto dell’apriscatole (ammesso che poi sappiano come funziona). Soprattutto, adesso che c’è una maggioranza e opposizioni definite, potranno essere costituite le tanto invocate commissioni parlamentari, così potremo finalmente vedere i pentastellati all’opera, nell’avventurosa scoperta dei “segreti della casta”. In proposito, dopo aver rifiutato ogni confronto e dialogo con qualsivoglia controparte parlamentare additata al pubblico disprezzo, non si capisce a che titolo il Grullo ed i suoi replicanti pretendano per sé, come fosse un atto dovuto, la presidenza delle commissioni sulla vigilanza RAI e sui Servizi segreti… Forse perché Grillo è simpatico, è intelligente, è educato e rispettoso degli interlocutori istituzionali. Così, alla fine della giostra impazzita, pare proprio che sarà il “capo politico” ad andare affanculo.
E con ciò chiudiamo (per ora) questa lunga parentesi sul fenomeno grillista, al quale abbiamo dedicato fin troppo del nostro tempo e delle nostre attenzioni.
Invece, è tempo di dare la parola ai protagonisti assoluti della classifica (ricca come non mai!), se ancora ci fossero dubbi sullo stato confusionale del partito bestemmia, la cui “sinistra” (si fa per dire) sembra fare persino più schifo dell’area clericale… Ma zitti proprio no, eh?!?

Hit Parade del mese:

01. NON TROMBATE MIA MOGLIE!

[25 Apr.] «Fuori chi non vota la fiducia al governo»
 (Francesco Boccia, il Marito)

Pornonano02. LARGHE INTESE

[18 Apr.] «L’Associazione Nazionale Magistrati è come la P2, agisce segretamente, tenendo nascosti i nomi dei loro associati.»
 (Silvio Berlusconi, il Piduista)

03 - Enrico Letta (1)03. LETTA FOREVER (I)

[08 Apr.] «Pensare che dopo 20 anni di guerra civile in Italia, nasca un governo Bersani-Berlusconi non ha senso. Il governissimo come è stato fatto in Germania qui non è attuabile.»
 (Enrico Letta, l’Incaricato)

03 - Enrico Letta (2)03.bis LETTA FOREVER (II)

[22 Apr.] «Io premier? Tutte balle dei giornalisti»
 (Enrico Letta, il Premier)

04 - Andrea Orlando04. MAI DIRE PD

[22 Apr.] «Sono contrario a un governo Pd-Pdl»
 (Andra Orlando, ministro del governo Pd-Pdl)

Dario Franceschini04.bis MAI DIRE PD (II)

[23 Apr.] «Non si può riproporre qui una grande coalizione come in Germania. Non ci sono le condizioni per avere in uno stesso governo Bersani, Letta, Berlusconi e Alfano»
 (Dario Franceschini, ministro del governo Pd-Pdl)

Cesare Damiano04.tris MAI DIRE PD (III)

[18 Apr.] «Non c’è nessun inciucio: se questa elezione fosse il preludio per un governissimo io non ci sto e non ci starebbe neanche il PD»
 (Cesare Damiano, granitico)

Fausto Raciti04.quater MAI DIRE PD (IV)

[24 Apr.] «Serve un governo di cambiamento vero ed è impensabile farlo con chi in questi anni ha sempre dimostrato di avere idee opposte alle nostre»
 (Fausto Raciti, Coerente)

Rosi Bindi04.quinter MAI DIRE PD (V)

[21 Apr.] «Abbiamo sempre escluso le larghe intese e le ipotesi di governissimo»
 (Rosi Bindi, la Pasionaria)

Roberto Speranza (I)05. MAI DIRE PD: Senza Speranza (I)

[07 Apr.] «Non dobbiamo avere paura di confrontarci con gli altri, ma non significa fare un governo con ministri del Pd e del Pdl. La prospettiva non è una formula politicista come il governissimo, è quel governo di cambiamento di cui l’Italia ha bisogno»
 (Roberto Speranza, il Politicista)

Roberto Speranza (II)05.bis MAI DIRE PD: Senza Speranza (II)

[08 Apr.] «Serve un governo del cambiamento che possa dare risposta ai grandi problemi dell’Italia. Nessun governissimo Pd-Pdl»
 (Roberto Speranza, Impossibilista)

Roberto Speranza (III)05.ter MAI DIRE PD: Senza Speranza (III)

[26 Apr.] «Il PD sosterrà convintamente il governo Letta»
 (Roberto Speranza, Governista)

Matteo Orfini06. MAI DIRE PD: l’importanza di chiamarsi Orfini (I)

[20 Apr.] «Renzi premier? Una follia. Ma fa bene ad andare da Maria de Filippi, ad Amici, spero almeno che dica cose di buon senso.»
 (Matteo Orfini, l’Intransigente)

Matteo Orfini (2)06.bis MAI DIRE PD: l’importanza di chiamarsi Orfini (II)

[24 Apr.] «Domani in direzione proporrò Matteo Renzi alla presidenza del Consiglio»
 (Matteo Orfini, il Moderato)

Matteo Orfini (1)06.ter MAI DIRE PD: Orfini alla mattina…

[22 Apr.] «Ho sostenuto e continuo a sostenere la mia netta contrarietà a un governo basato su un accordo politico fra PD e PdL. Su questa linea insisterò anche nella riunione della direzione di domani. Il voto di fiducia al governo che si presenterà alle Camere avrà un valore decisivo per quello che il PD sarà nei prossimi anni. Si tratta quindi di una scelta politica e spero che il PD non decida di cambiare la propria natura»
 (Matteo Orfini, Contronatura)

Matteo Orfini (3)06.quater MAI DIRE PD: …e alla sera

[22 Apr.] «Io sono contrario ma se il gruppo decide di sì, seguo»
 (Matteo Orfini, fedele alla linea)

Corradino Mineo07. MAI DIRE PD: Corradino anche tu

[25 Apr.] «Se ci fosse una squadra decente, cioè senza provocazioni esplicite, darei la fiducia a un governo presieduto da Enrico Letta, ma leggo di Schifani alla Giustizia o all’Interno. Un senatore siciliano non può votarlo.»
 (Corradino Mineo, l’Indisponibile)

Corradino Mineo (1)07.bis MAI DIRE PD: Corradino in cerca di senso

[30 Apr.] «Voterò la fiducia, perché il partito con il quale sono stato eletto ha commesso gravi errori. Non ha avuto il coraggio di sostenere Stefano Rodotà né Romano Prodi, ha chiesto a Napolitano di ricandidarsi pur sapendo che il Presidente della Repubblica voleva per 2013 lo stesso schema del 76, quelle “larghe intese”, che suonano radicale sconfessione di tutto quello per cui la “Coalizione Italia Bene Comune” ha chiesto i voti.»
 (Corradino Mineo, senatore siciliano)

Rocco Casalino08. The Others: ABBASSIAMO I TONI

[22 Apr.] «Se mi è piaciuto il discorso di Napolitano? Ma non hai sentito? Ci ha attaccato! Una cosa da Ancien Régime… ma arriverà una decapitazione!»
 (Rocco Casalino, esperto in comunicazione del M5S)

Matrangeli08.bis The Others: SENZA PAROLE

[23 Apr.] «Io sono il senatore Bruce Lee, io non ho paura di niente, io ne atterro 50 alla volta! Avete fatto caso che durante il mio processo la qualità dello streaming era bassa? Questo per non far ascoltare le mie parole, le parole di Bruce Lee!»
 (Marino Mastrangeli, Espulso a 5 stelle)

Manlio Di Stefano08.ter The Others: AMPLESSI SOLITARI

[03 Apr.] «L’analisi demografica delle adesioni alla mia pagina facebook mi da un segnale chiaro: le donne non sono attratte dal mio messaggio politico. Perché?»
 (Manlio Di Stefano, Onorevole Onanista a 5 stelle)

Roberto Ciotti08.quater The Others: I COSTI DELLA POLITICA

[09 Apr.] «Io ho dovuto chiedere un prestito, perché sennò non ce la facevo. Finora me li ha prestati mia sorella, ora ho dovuto chiedere un prestito alla banca per arrivare fino alla fine del mese. Perché comunque vivere a Roma costa»
 (Roberto Cotti, povero senatore a 5 stelle)

Luca Zaia09. PREVISIONI PADANE

[04 Apr.] «Si oscurino le previsioni meteo per il Veneto o procederemo per danni! Lanciamo un appello perché questi signori ci cancellino dalle previsioni del tempo: che facciano un’area tutta nera, non ci importa nulla. Meglio tornare a Bernacca e alle sue previsioni per macro aree. Con i nostri legali stiamo valutando ipotesi di richieste danni se i gestori dei siti internet continueranno sulla loro strada. Torniamo alla semplicità, come il Papa che dice “buonasera”. Pensiamo di essere meglio di Dio?»
 (Luca Zaia, il Gauleiter del Veneto)

Micaela Biancofiore09.bis LA MIA DROGA SI CHIAMA SILVIO

[22 Apr.] «Silvio Berlusconi sarebbe uno straordinario Presidente della Repubblica, nessuno più di lui sarebbe vero Garante dell’Unità dello Stato, vero padre della Patria, vero paladino dell’Italia e degli italiani. Ha confermato di avere l’Italia nel cuore e una non comune levatura di statista. Se si è onesti bisogna dirlo: lui al Quirinale migliorerebbe il Paese»
 (Micaela Biancofiore, Inconfondibile)

Cane morto10. E ‘STI CAZZI!?!

[20 Apr.] «Tra i nuovi contenuti che sto preparando c’è anche un reality-dog che è dedicato al mio cane»
 (Simona Ventura, la Canara)

Lidia Ravera10.bis SPIRITO DI SACRIFICIO

[23 Apr.] «Ho rinunciato alla mia libertà e alla mia vita da privilegiata per impegnarmi alla Regione Lazio. Il mio è un grande sacrificio: il primo maggio di ogni anno parto per Stromboli e ci rimango sei mesi, fino alla fine di ottobre, da dove produco reddito seduta sul mio terrazzo»
 (Lidia Ravera, Sacrificabile)

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Il Divo Giulio

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Tracciare un profilo minimo ma esauriente sul fu Giulio Andreotti, brachiosauro della prima repubblica, sopravvissuto all’evoluzione della specie, dopo mezzo secolo di titanismo democristiano, non è semplicemente impossibile… È inutile. Perché il divo Giulio, che il potere più che viverlo lo ha incarnato nella sua stessa essenza, più che per i suoi motti di spirito con le sue battute salaci e l’eccezionale carriera politica, resterà per sempre famoso non per le sue parole, ma per i suoi silenzi. Più che i suoi motti di spirito dalla battuta salace, più che l’eccezionale carriera politica, ad essere ricordato sarà il silenzio assordante di mille parole non dette, i segreti mai svelati, le verità negate e sempre occultate, gli arcani di un sottobosco di potere occulto e pervasivo dove ogni mezzo giustificava il fine: la supremazia politica della DC (e soprattutto della sua corrente politica) identificata col bene supremo dello Stato.

Paradossalmente, la scomparsa del divino Giulio avviene in concomitanza con la rinascita di una nuova Democrazia Cristiana, o quantomeno con ciò che più le rassomiglia dopo due decadi di ibridazione, sulla scia di un nuovo compromesso che si vorrebbe “storico”, ma che è solo la squallida riedizione dell’antico trasformismo italico, ispirato alle liturgie curiali dei rituali neo-consociativi per la preservazione del potere nella sua spartizione allargata.
L’eredità di Andreotti, di quello che l’uomo (volente o nolente) rappresentato, oggi è più viva che mai. Come la fenice rinasce dalle ceneri e dalle sue miserie per incistarsi tra coloro che di quell’antico ordine precostituito furono gli eredi, le vittime, i complici, i carnefici…
In questa prospettiva, sulla scia di altre larghe intese: quelle cominciate nel 1976 (e delle quali il Governo Letta è un surrogato diretto) sotto il cosiddetto governo di solidarietà nazionale: monocolore democristiano, con Giulio Andreotti al suo terzo incarico come presidente del consiglio (1976-1978), che culminò con l’assassinio di Aldo Moro e l’inizio di una crisi inarrestabile della Sinistra italiana, con la scomparsa di una vera opposizione parlamentare.
Dunque, per un’epoca mai chiusa e che ogni volta ritorna vivificata sotto mutate forme nell’aspetto grottesco e mostruoso dei revenants, se si vuole davvero tracciare un ritratto politico di Andreotti e di una classe dirigente eterna nei suoi vizi (e le sue miserie), l’immobilismo scambiato per fermezza, la preservazione del ‘potere’ nella sua immutabilità, quale miglior necrologio delle lettere che Aldo Moro inviò dalla suaprigione del popolo, prima di essere assassinato dalle Brigate rosse?

Lettera al Partito della Democrazia Cristiana
  (recapitata il 28 aprile 1978)

Dopo la mia lettera comparsa in risposta ad alcune ambigue, disorganiche, ma sostanzialmente negative posizioni della D.C. sul mio caso, non è accaduto niente. Non che non ci fosse materia da discutere. Ce n’era tanta. Mancava invece al Partito, al suo segretario, ai suoi esponenti il coraggio civile di aprire un dibattito sul tema proposto che è quello della salvezza della mia vita e delle condizioni per conseguirla in un quadro equilibrato. E’ vero: io sono prigioniero e non sono in uno stato d’animo lieto. Ma non ho subito nessuna coercizione, non sono drogato, scrivo con il mio stile per brutto che sia, ho la mia solita calligrafia. Ma sono, si dice, un altro e non merito di essere preso sul serio. Allora ai miei argomenti neppure si risponde. E se io faccio l’onesta domanda che si riunisca la direzione o altro organo costituzionale del partito, perché sono in gioco la vita di un uomo e la sorte della sua famiglia, si continua invece in degradanti conciliaboli, che significano paura del dibattito, paura della verità, paura di firmare col proprio nome una condanna a morte.
[...]
E’ nella D.C. dove non si affrontano con coraggio i problemi. E, nel caso che mi riguarda, è la mia condanna a morte, sostanzialmente avvallata dalla D.C., la quale arroccata sui suoi discutibili principi, nulla fa per evitare che un uomo, chiunque egli sia, ma poi un suo esponente di prestigio, un militante fedele, sia condotto a morte. Un uomo che aveva chiuso la sua carriera con la sincera rinuncia a presiedere il governo, ed è stato letteralmente strappato da Zaccagnini (e dai suoi amici tanto abilmente calcolatori) dal suo posto di pura riflessione e di studio, per assumere l’equivoca veste di Presidente del Partito, per il quale non esisteva un adeguato ufficio nel contesto di Piazza del Gesù. Sono più volte che chiedo a Zaccagnini di collocarsi lui idealmente al posto ch’egli mi ha obbligato ad occupare. Ma egli si limita a dare assicurazioni al Presidente del Consiglio che tutto sarà fatto come egli desidera.
E che dire dell’On. Piccoli, il quale ha dichiarato, secondo quanto leggo da qualche parte, che se io mi trovassi al suo posto (per così dire libero, comodo, a Piazza ad esempio, del Gesù), direi le cose che egli dice e non quelle che dico stando qui. Se la situazione non fosse (e mi limito nel dire) così difficile, così drammatica quale essa è, vorrei ben vedere che cosa direbbe al mio posto l’On. Piccoli. Per parte sua ho detto e documentato che le cose che dico oggi le ho dette in passato in condizioni del tutto oggettive. E’ possibile che non vi sia una riunione statutaria e formale, quale che ne sia l’esito? Possibile che non vi siano dei coraggiosi che la chiedono, come io la chiedo con piena lucidità di mente? Centinaia di parlamentari volevano votare contro il Governo. Ed ora nessuno si pone un problema di coscienza? E ciò con la comoda scusa che io sono un prigioniero. Si deprecano i lager, ma come si tratta, civilmente, un prigioniero, che ha solo un vincolo esterno, ma l’intelletto lucido? Chiedo a Craxi, se questo è giusto. Chiedo al mio partito, ai tanti fedelissimi delle ore liete, se questo è ammissibile. Se altre riunioni formali non le si vuol fare, ebbene io ho il potere di convocare per data conveniente e urgente il Consiglio Nazionale avendo per oggetto il tema circa i modi per rimuovere gli impedimenti del suo Presidente. Così stabilendo, delego a presiederlo l’On. Riccardo Misasi.
E’ noto che i gravissimi problemi della mia famiglia sono la ragione fondamentale della mia lotta contro la morte. In tanti anni e in tante vicende i desideri sono caduti e lo spirito si è purificato. E, pur con le mie tante colpe, credo di aver vissuto con generosità nascoste e delicate intenzioni. Muoio, se così deciderà il mio partito, nella pienezza della mia fede cristiana e nell’amore immenso per una famiglia esemplare che io adoro e spero di vigilare dall’alto dei cieli. Proprio ieri ho letto la tenera lettera di amore di mia moglie, dei miei figli, dell’amatissimo nipotino, dell’altro che non vedrò. La pietà di chi mi recava la lettera ha escluso i contorni che dicevano la mia condanna, se non avverrà il miracolo del ritorno della D.C. a se stessa e la sua assunzione di responsabilità. Ma questo bagno di sangue non andrà bene né per Zaccagnini, né per Andreotti né per la D.C. né per il paese. Ciascuno porterà la sua responsabilità.
Io non desidero intorno a me, lo ripeto, gli uomini del potere. Voglio vicino a me coloro che mi hanno amato davvero e continueranno ad amarmi e pregare per me. Se tutto questo è deciso, sia fatta la volontà di Dio. Ma nessun responsabile si nasconda dietro l’adempimento di un presunto dovere. Le cose saranno chiare, saranno chiare presto.

  [Testo integrale QUI]

Andreotti ed i notabili democristiani

Lettera a Giulio Andreotti,
Presidente del Consiglio dei Ministri
  (recapitata il 29 aprile)

Caro Presidente,
so bene che ormai il problema, nelle sue massime componenti, è nelle tue mani e tu ne porti altissima responsabilità. Non sto a descriverti la mia condizione e le mie prospettive. Posso solo dirti la mia certezza che questa nuova fase politica, se comincia con un bagno di sangue e specie in contraddizione con un chiaro orientamento umanitario dei socialisti, non è apportatrice di bene né per il Paese né per il Governo. La lacerazione ne resterà insanabile. Nessuna unità nella sequela delle azioni e reazioni sarà più ricomponibile. Con ciò vorrei invitarti a realizzare quel che si ha da fare nel poco tempo disponibile. Contare su un logoramento psicologico, perché son certo che tu, nella tua intelligenza, lo escludi, sarebbe un drammatico errore.
Quando ho concorso alla tua designazione e l’ho tenuta malgrado alcune opposizioni, speravo di darti un aiuto sostanzioso, onesto e sincero. Quel che posso fare, nelle presenti circostanze, è di beneaugurare al tuo sforzo e seguirlo con simpatia sulla base di una decisione che esprima il tuo spirito umanitario, il tuo animo fraterno, il tuo rispetto per la mia disgraziata famiglia.
Quanto ai timori di crisi, a parte la significativa posizione socialista cui non manca di guardare la D.C., è difficile pensare che il PCI voglia disperdere quello che ha raccolto con tante forzature.
Che Iddio ti illumini e ti benedica e ti faccia tramite dell’unica cosa che conti per me, non la carriera cioè, ma la famiglia.
Grazie e cordialmente tuo
Aldo Moro

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E venne il giorno…

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E venne il giorno

Persino le più elementari forme di vita sono munite di un fondamentale istinto di sopravvivenza, funzionale alla preservazione della specie…
Cosa invece spinga le disastrate truppe parlamentari dell’inclassificabile partito bestemmia verso una autodistruzione incontrollata è qualcosa che sfugge davvero ad ogni comprensione logica. E non è assolutamente spiegabile attraverso gli strumenti ordinari della teoria politica. Nemmeno i cultori dell’elitismo più estremo e della più cinica real-politik potrebbero fornire una interpretazione razionale a questo insopprimibile desiderio di dissoluzione. Infatti, la “Legge ferrea dell’oligarchia” non è affatto comparabile all’inquietante pulsione di morte (la propria), che sembra pervadere ormai ogni livello del (fu) Partito Democratico. I sintomi si manifestano in genere con un diffuso malpancismo nei contagiati, seguito da spasmi convulsivi, logorrea diffusa accompagnata da amnesia cronica e disturbi dissociativi, ai quali fanno seguito atti di auto-lesionismo sempre più estremi e sconcertanti. Consolidato è il ricorso pilatesco alla scheda bianca, convinti di salvare la faccia coperta dalle mutande (sporche). Solitamente, ciò avviene dopo roboanti dichiarazioni di principio, sempre smentite nella loro mancata messa in pratica, e culminanti quasi sempre in azioni contrarie e incongruenti. La scelta delle presidenze delle commissioni parlamentari e l’attribuzione a Nitto Palma della commissione “giustizia” al Senato è soltanto l’ennesima (e certamente non ultima) piroetta suicida di un partito prossimo all’estrema unzione.
Tralasciato ogni aspetto “politico”, il comportamento del PD è ormai circoscrivibile unicamente nell’ambito psicopatologico delle parafilie
Nella fattispecie, si potrebbe trattare di una forma aggravata di masochismo.

“Il masochismo viene comunemente spiegato come la condizione di chi vive la sottomissione come piacere; non necessariamente però il piacere conseguito consiste nell’orgasmo, che spesso, anzi, è vissuto dal soggetto masochista come il conclusivo momento di distensione e di abbandono, successivo però e non strettamente conseguente alle pratiche masochistiche di cui egli è stato oggetto consensuale.
Per quanto riguarda un aspetto marginale del masochismo, cioè il piacere (non sempre verificato e non di tutti i masochisti) di subire dolore (che però dovrebbe essere più correttamente indicato come algolagnia) le spiegazioni scientifiche si basano su livelli diversi, principalmente i recettori periferici del dolore e del piacere sono gli stessi. Il dolore fa produrre al cervello endorfine, che poi restano in circolo dando una sensazione di euforia. Queste sensazioni in aggiunta allo stato mentale che si crea con il partner rendono il dolore un piacere da assaporare e vivere. Ovviamente questo in un rapporto consensuale e vissuto liberamente.
Occorre anche ricordare, in questa sede, che il termine masochismo è usato, per estensione, per descrivere tutte quelle condizioni soggettive in cui l’essere umano si trova a vivere passivamente, senza reagire o reagendo in modo non determinato e assertivo, una azione o comportamento altrui che genera sofferenza.”

Siamo forse dinanzi ad una deviazione di quello che Freud chiamava a suo tempo “masochismo morale” e che Wilhelm Reich reputava invece privo di ogni connaturazione sessuale, in quanto paura di vivere e dunque di “essere” per qualcosa che probabilmente neanche esiste.

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Le XII Tavole della Legge

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12-tavole

Nuntio vobis gaudium magnum. Habemus leges!
Finalmente il M5S ha presentato i suoi primi disegnini di legge…
Dodici è infatti il numero totale delle proposte depositate in Senato ed in Parlamento dal MoVimento uno e trino, convinto di essere unico: “Noi” siamo le Parti Sociali, l’Opposizione, il Popolo, nell’esclusività totalizzante (e totalitaria) di chi, in quanto diverso dagli “altri”, si crogiola tra i fumi di un microcosmo perfetto riservato agli eletti della setta dei puri e del loro profeta.
Questa è Gente che lavora: con i suoi 12 disegni di legge il sedicente Primo Partito d’Italia è ultimo in assoluto per attività legislativa, superato persino dal “gruppo misto” (43 ddl) e dal Südtiroler Volkspartei con le sue 52 proposte di legge. Non male per un partito (ops! MoVimento!) che vuole il 100% ed ha una produttività legislativa prossima allo 0%, ma pretendeva di rimettere tutti i poteri all’attività parlamentare e quindi governare in assenza di un esecutivo.
Totale dei DDL presentati alle Camere in data 12-04-2013 (fonte 'Giornalettismo')La discrepanza è talmente evidente, che iniziano ad accorgersene persino [QUI] dalla parti del Père Duchesne di Marco Travaglio: il nuovo Hébert del grillismo militante, a metà del guado tra gli Exagérés del populismo forcaiolo e gli Enragés pentastellati, nel chiassoso teatrino della rivoluzione a 5 stelle.
A dire il vero, ci eravamo ripromessi di non indugiare oltre sul Vate stellato ed i suoi replicanti digitali, ma una simile spremuta di meningi in così istituzionale sede, merita un minimo di attenzione affinché tanto ardore rivoluzionario non vada disperso invano…
DDL presentati al SenatoE dunque vediamoli un po’ più da vicino questi fantastici 12 in gestazione al Senato e di certo destinati a diventare famosi come le XII Tavole dell’antico diritto romano:

S. 8
Sen. Casson Felice, Sen. Filippi Marco
Norme a tutela dei lavoratori, dei cittadini e dell’ambiente dall’amianto, nonché delega al Governo per l’adozione di un testo unico in materia di amianto
15 marzo 2013: Presentato al Senato
Da assegnare alle commissioni

S. 269
Sen. Tomaselli Salvatore, Sen. Latorre Nicola
Abrogazione dell’articolo 35 del decreto legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134 in materia di ricerca ed estrazione di idrocarburi
22 marzo 2013: Presentato al Senato
Da assegnare alle commissioni

S. 270
Sen. Tomaselli Salvatore ed altri.
Disposizioni per la salvaguardia dell’ambiente e della biodiversità del Mare Adriatico
22 marzo 2013: Presentato al Senato
Da assegnare alle commissioni

S. 391
Sen. Montevecchi Michela ed altri.
Nuove disposizioni per il contrasto dell’omofobia e della transfobia
5 aprile 2013: Presentato al Senato
Da assegnare alle commissioni

S. 392
Sen. Airola Alberto ed altri.
Norme in materia di modificazione dell’attribuzione di sesso
5 aprile 2013: Presentato al Senato
Da assegnare alle commissioni

S. 393
Sen. Orellana Luis Alberto ed altri.
Modifiche al codice civile in materia di eguaglianza nell’accesso al matrimonio in favore delle coppie formate da persone dello stesso sesso
5 aprile 2013: Presentato al Senato
Da assegnare alle commissioni

S. 431
Sen. Morra Nicola
Modifiche all’articolo 416-ter del codice penale in materia di scambio elettorale politico-mafioso
10 aprile 2013: Presentato al Senato
15 aprile 2013: Ritirato

S. 451
Sen. Blundo Rosetta Enza ed altri.
Modifica all’articolo 6, comma 17, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, in materia di ricerca ed estrazione di idrocarburi
10 aprile 2013: Presentato al Senato
Da assegnare alle commissioni

S. 452
Sen. Crimi Vito Claudio ed altri.
Riforma della disciplina per le elezioni della Camera e del Senato, concernente i criteri di candidabilità ed i casi di revoca e decadenza del mandato nonché l’espressione del voto di preferenza da parte degli elettori
10 aprile 2013: Presentato al Senato
Da assegnare alle commissioni

S. 453
Sen. Crimi Vito Claudio ed altri.
Disposizioni volte alla abolizione del finanziamento pubblico all’editoria
10 aprile 2013: Presentato al Senato
Da assegnare alle commissioni

S. 454
Sen. Crimi Vito Claudio ed altri.
Abrogazione della legge 3 febbraio 1963, n.69, e successive modificazioni, sull’ordinamento della professione di giornalista
10 aprile 2013: Presentato al Senato
Da assegnare alle commissioni

S. 455
Sen. Molinari Francesco, Sen. Morra Nicola
Disposizioni concernenti il divieto di propaganda elettorale per le persone appartenenti ad associazioni mafiose e sottoposte alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza
10 aprile 2013: Presentato al Senato
Da assegnare alle commissioni

Lex In attesa di avere il 100%, qualcuno deve aver spiegato agli onorevoli “cittadini” che nel frattempo qualche leggina devono pur presentarla in parlamento. Peccato che il risultato non sia dei migliori…
Come degli scolaretti svogliati ma furbissimi, sembra infatti che gli ensiferi si siano limitati a scopiazzare i compiti altrui, secondo la specialità che più gli riesce meglio: spacciare per proprio ciò che viene fatto da altri.
Ad essere indulgenti, si potrebbe dire che i “cittadini” abbiano peccato di ingenuità e approssimazione… Nella peggiore delle ipotesi, si può parlare apertamente di plagio. La quasi totalità delle leggi presentate al Senato sono infatti dei doppioni già in discussione alle Camere, su proposta del centrosinistra, e soprattutto dell’Italia dei Valori, nel corso della precedente legislatura.
La riproposizione è talmente sfacciata che i “5 Stelle” non si sono nemmeno preoccupati di cambiare i titoli dei ddl, con l’eccezionale risultato di intasare i lavori parlamentari creando un ingorgo legislativo con leggi doppione, perfettamente sovrapponibili tra loro, con l’unico risultato di dilatare i tempi di approvazione di provvedimenti già in esame presso le commissioni.
Se la maggioranza parlamentare è quello che è (un’immonda latrina di governo), lo stato della principale forza di opposizione è tragico nel suo livello di minchioneria difficilmente raggiungibile da altri cialtroni di più lungo corso!
Diamo uno sguardo in dettaglio:

1Atto Senato n.8
Norme a tutela dei lavoratori, dei cittadini e dell’ambiente dall’amianto, nonché delega al Governo per l’adozione di un testo unico in materia di amianto

Presentato al Senato in data 15/03/13, il disegno di legge porta la firma congiunta dei senatori Casson e Marco Filippi.
Peccato però che il primo firmatario, l’ex magistrato Felice Casson, sia un senatore del PD, così come l’atto scaturisce da un’esplicita iniziativa del Partito Democratico, come è facilmente desumibile dall’appartenenza parlamentare dei senatori che hanno controfirmato la relazione del testo [QUI], ad eccezione per l’appunto di Marco Filippi (M5S) che sembra più che altro un “imbucato” per un testo certamente non suo e abusivamente attribuito ai pentastellati.
Tuttavia, vale la pena rilevare come il ddl Casson-Filippi sia in realtà la riproposizione aggiornata (e migliorata) di una precedente proposta di legge, presentata il 23/02/2011 dalla sen. Patrizia Bugnano (IdV) su iniziativa del gruppo IdV al Senato e attualmente in esame di commissione.
Nella fattispecie, si tratta dell’Atto n.2573: Disposizioni a favore dei lavoratori e dei cittadini esposti all’amianto e dei loro familiari”. Il testo integrale lo trovate QUI e, se siete pignoli come noi, noterete come molti articoli siano equipollenti.

2Atto Senato n.391
Nuove disposizioni per il contrasto dell’omofobia e della transfobia

Presentato al Senato in data 05/04/13, il disegno di legge a firma della senatrice Michela Montevecchi è in realtà la riproposta del DDL C.2802 del 14/10/09 (Norme per la tutela delle vittime di reati per motivi di omofobia e transfobia), su proposta di Antonello Soro (PD) e respinto nel 2011 per presunti vizi di incostituzionalità.
Ma, come si può vedere QUI, gli interessamenti in materia sono tutt’altro che rari e meno che mai una prerogativa ad esclusiva 5 stelle.

3Atto Senato n.392
Norme in materia di modificazione dell’attribuzione di sesso

Problema di scottante attualità, largamente sentito dagli italiani, su presentazione del sen. Alberto Airola (05/04/13), costituisce una novità assoluta per il nostro ordinamento legislativo, che invero non se n’era mai occupato prima [QUI], finché il lungimirante cittadino Airola non ha scoperto il problema.

4Atto Senato n.393
Modifiche al codice civile in materia di eguaglianza nell’accesso al matrimonio in favore delle coppie formate da persone dello stesso sesso

Su proposta del sen. Orellana, è un altro plagio conclamato ai danni della IdV.
Nella fattispecie, si tratta del ddl C.5338, presentato da Antonio Di Pietro in data 03/07/12 e assegnato alla Commissione Giustizia in data 19/09/2012. Il titolo del ddl?
Modifiche al codice civile in materia di eguaglianza nell’accesso al matrimonio in favore delle coppie formate da persone dello stesso sesso
Peraltro, SEL ha presentato una proposta identica alla Camera dei deputati.

5Atto Senato n.431
Modifiche all’articolo 416-ter del codice penale in materia di scambio elettorale politico-mafioso

Presentato dal senatore-cittadino Nicola Morra il 10 Aprile è stato immediatamente ritirato neanche una settimana (15/04/13) dopo la sua presentazione. E non perché le intenzioni fossero sbagliate… A pensar male, il tapino deve essersi accorto che in Senato era già in esame il medesimo provvedimento da almeno due anni:

Modifiche agli articoli 416-bis e 416-ter del codice penale in materia di associazioni di tipo mafioso e di scambio elettorale politico-mafioso

Si tratta dell’Atto S.2199 del 20/05/10, a firma del senatore Luigi Li Gotti (IdV).
A scanso di equivoci, e con largo anticipo sui pentastellati, anche SEL aveva già presentato alla Camere una proposta di legge anticorruzione con la modifica art.416-ter del Codice Penale.

6Atto Senato n.269
Abrogazione dell’articolo 35 del decreto legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134 in materia di ricerca ed estrazione di idrocarburi

Presentato in data 22/03/2013 dal sen. Tomaselli (PD), congiuntamente al controverso senatore Nicola Latorre (PD) al quale il Vate furioso non ha mancato di lanciare i suoi strali.
Provvedimento pentastellato, ma presentato da due senatori del PD… Errore di attribuzione?
Ad ogni modo, trattasi di altra legge fotocopia, risalente all’Agosto dello scorso anno (il ddl S.3437). Questo è il titolo:

“Abrogazione dell’articolo 35 del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, in materia di ricerca ed estrazione di idrocarburi”

7Atto Senato n.451
Modifica all’articolo 6, comma 17, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, in materia di ricerca ed estrazione di idrocarburi

Su presentazione della senatrice Enza R. Blundo (10/04/13), è uno dei nostri provvedimenti preferiti…
Come si può leggere chiaramente sul sito del Ministero dello Sviluppo economico [QUI], l’articolo in questione della legge in riferimento NON esiste più. Infatti, il comma 17 dell’Art.6 è stato sostituito interamente dall’articolo 35, comma 1 del Decreto Legge 22 giugno 2012, n. 83 convertito con modificazioni dalla Legge 7 agosto 2012, n. 134.
E infatti gli ensiferi, non pienamente consapevoli della contraddizione, si sono dovuti far prestare gli esperti giuridici del PD al Senato per riformulare un nuovo ddl con la giusta richiesta di abrogazione. Per inciso, si tratta dell’atto Atto S.269 (di cui sopra).

8Atto Senato n.452
Riforma della disciplina per le elezioni della Camera e del Senato, concernente i criteri di candidabilità ed i casi di revoca e decadenza del mandato nonché l’espressione del voto di preferenza da parte degli elettori
  (10/04/13)

Qui entriamo nel magico mondo fatato dell’incantevole Crimi che, insieme al resto degli ensiferi al gran completo, si balocca coi cavalli di battaglia del movimento…
Si tratta della revisione aggiornata della famosa “legge di iniziativa popolare”, presentata a suo tempo da Beppe Grillo nel dicembre del 2007 e, a dispetto delle fanfaronate del tribuno, trasposta in ddl (S.1936), quindi presa in esame dalla commissione delegata [QUI].
Sorvoliamo invece sul fatto che l’attuale proposta del M5S contenga profili un tantino incostituzionali (a partire dal limite dei due mandati parlamentari), che il prof. Rodotà potrebbe spiegare loro molto bene…

9Atto Senato n.453
Disposizioni volte alla abolizione del finanziamento pubblico all’editoria
(10/04/13)

A Ciccio Crimi, probabilmente sfugge come i contributi diretti all’editoria su finanziamento pubblico siano stati, di fatto, già aboliti. A percepire i finanziamenti pubblici, sono le testate di partito, le pubblicazioni delle minoranze linguistiche, e (ovviamente!) i giornali ecclesiastici che succhiano la quasi totalità dei 90 milioni di euro (tale è la cifra complessiva) a disposizione.
Nella fattispecie, si tratta del decreto-legge n.201 del 06/12/11 (il cosiddetto “Salva Italia”), convertito nella Legge n.214 del 22/12/11. Il provvedimento, stringato ma eloquente, è contenuto nel comma 3 dell’art.29 (“Acquisizione di beni e servizi attraverso il ricorso alla centrale di committenza nazionale e interventi per l’editoria”):

Allo scopo di contribuire all’obiettivo del pareggio di bilancio entro la fine dell’anno 2013, il sistema di contribuzione diretta di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 250, cessa alla data del 31 dicembre 2014, con riferimento alla gestione 2013.

Per tutti gli altri quotidiani (come “Il Fatto”) restano invece una serie di agevolazioni fiscali (su IVA e carta) che sono praticamente in vigore ovunque esista la libertà di stampa, universalmente riconosciute in tutte le democrazia occidentali. Concetto molto difficile da capire per chi non riconosce altro organo di informazione oltre al blog del Profeta; parla di chiudere le reti RAI; aborre il confronto ed i media… Oppure, come candidamente confessa lo stesso Crimi (che del ddl è firmatario), “i giornalisti mi stanno sul cazzo”, a parte quelli graditi a Casaleggio e Grillo. S’intende! Messora docet.

10Atto Senato n.454
Abrogazione della legge 3 febbraio 1963, n.69, e successive modificazioni, sull’ordinamento della professione di giornalista
(10/04/13)

Chissà come abbiamo fatto finora, prima che Ciccio-Crimi ed il resto dell’allegra brigata si ponessero il problema?!?
Sono vent’anni ed oltre che si prova ad abolire il famigerato (ed inutile!) Ordine dei Giornalisti, almeno a partire dal dimenticato referendum promosso dal Partito Radicale nel 1997 (che non raggiunse il quorum). Né sono mancate le iniziative legislative negli ultimi anni [QUI].
Ma certo ora che sono arrivati The Others cambia tutto!
Perciò auguri e buona fortuna.

11Atto Senato n.455
Disposizioni concernenti il divieto di propaganda elettorale per le persone appartenenti ad associazioni mafiose e sottoposte alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza

Disegno di legge presentato dai cittadini-senatori Molinari e Morra.
Peccato che in assenza di riferimenti specifici (magari di articoli da modificare), la normativa esista già: Legge n.175 del 13/10/2010 in merito alle “Disposizioni concernenti il divieto di svolgimento di propaganda elettorale per le persone sottoposte a misure di prevenzione”.

«La legge 175/2010 ha introdotto fattispecie di ineleggibilità connesse alla violazione del divieto di svolgimento di attività di propaganda elettorale previste dalla legge 4 aprile 1956, n. 212 (affissione di stampati, giornali murali o manifesti di propaganda, propaganda elettorale luminosa o figurativa, lancio di volantini) per le persone sottoposte a misure di prevenzione: in caso di violazione di tale divieto da parte del sottoposto alla misura o da parte del candidato – che, conoscendo la condizione di sottoposto in via definitiva alla misura della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza, richiede al medesimo di svolgere attività di propaganda elettorale e se ne avvale concretamente – la condanna che ne consegue comporta l’interdizione dai pubblici uffici alla quale consegue l’ineleggibilità del condannato per la stessa durata della pena detentiva. La sospensione condizionale della pena non ha effetto ai fini dell’interdizione dai pubblici uffici (La misura di prevenzione della sorveglianza speciale già prevista dalla L. 575/1965 è ora disciplinata dal D.Lgs. 159/2011.)»

Nel dubbio, i senatori pentastellati possono scaricare gratuitamente il manuale elettorale per le elezioni politiche, con la disciplina in materia [QUI] e decidere cosa vogliono esattamente cambiare.
Ad ipotesi, si presuppone siano gli stessi punti contemplati nel ddl S.452 (e dunque un’altra legge clone).

12Ci sarebbe anche il ddl n 270, inerente Disposizioni per la salvaguardia dell’ambiente e della biodiversità del mare Adriatico. Ma il disegno di legge è stato presentato dal senatore Salvatore Tomaselli (PD) e non si capisce dunque perché l’atto venga ascritto al gruppo del M5S.

XII Tavole

Stesso discorso vale per gli altri provvedimenti apocrifi in materia sanitaria, attribuiti ai pentastellati, ma tutti firmati su presentazione del sen. Ignazio Marino (PD). Un discorso completamente a parte vale invece per il disegno di legge n.578 sull’annoso problema dellasensibilità chimica multipla” (MCS), presentato e poi ritirato e ora (pare) nuovamente ripresentato dal senatore cinque stelle Bartolomeo Pepe. In pratica, si tratta di un copia-incolla assolutamente identico all’originale proposta presentata nel 2010 da Elio Lannutti (IdV), contemplante “disposizioni” su una malattia che NON esiste. E d’altra parte la “sensibilità chimica multipla” è una vecchia fissazione trasversale che viene sistematicamente ripresentata a scadenze regolari, a dimostrazione (se ce n’era bisogno) dell’incredibile massa di citrulli che alberga in entrambe le Camere [QUI].

Il Giorno della Fuffa E questo sarebbe il meglio che la sedicente “opposizione” doc è riuscita a proporre fino ad ora… FUFFA!
D’altronde, i “cittadini” della confraternita ensifera sono in ben altre faccende affaccendati. Infatti, sembrano essere molto più interessati all’occupazione militare delle poltrone nelle commissioni di garanzia e litigarsi le diarie parlamentari col loro capo politico: il predicatore miliardario delle decrescita felice, che vorrebbe gli indennizzi dei pentastellati da gestire tutti per sé in un suo fondo fiduciario, con la disinteressata supervisione di Gianroberto Casaleggio. E’ la variante 2.0 del vecchio esproprio proletario: date a Grillo ciò che è di Cesare.

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EVOLUTION

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Milo Manara - 'Evoluzione' (dettaglio)

Quanto può incidere una prolungata recessione economica sulla tenuta sociale di una Paese?
E, soprattutto, quanto a lungo può resistere un ordinamento democratico, schiacciato da una pressione perdurante che ne mette in crisi i criteri di rappresentatività e ne esaspera le componenti oligarchiche (sempre presenti), a tal punto da erodere quei presupposti di uguaglianza, in termini di opportunità e di benessere diffuso, essenziali alla sua stessa sopravvivenza?
Per comprendere i cambiamenti sociali alla base di una trasformazione (involuzione?) epocale, non avendo altri termini di paragone con una così ampia gamma di analogie storiche, a tutt’oggi e con tutte le varianti del caso, il riferimento più prossimo resta dunque la Grande Depressione del 1929, insieme a quell’omologo politico che fu la Repubblica di Weimar, pur con tutti i suoi distinguo.
Richard Loewenthal In questa prospettiva, vale la pena di riscoprire  l’analisi che Richard Löwenthal dedicò, nella metà degli anni ’30, alla crisi dei partiti politici ed alla trasformazione del parlamentarismo in una “democrazia d’interessi”, analizzando le congiunture sociali ed economiche che condussero alla nascita dei movimenti fascisti ed alla loro presa del potere, nell’ambito di un più profondo mutamento dell’organizzazione statale.
Poco conosciuto in Italia, Löwenthal è stato politologo, sociologo, pubblicista, esponente di spicco della SPD tedesca nel dopoguerra e professore di scienze politiche all’Università di Berlino, quindi anglofilo e atlantista. Comunista dissidente in opposizione ai diktat del Comintern, convinto anti-stalinista, laburista di formazione marxista, Richard Löwenthal (1908-1991) fu tra i pochi tedeschi ad opporsi attivamente al nazismo.

Nazisti

Nel 1935, sotto lo pseudonimo di Paul Sering, pubblica la sua personale interpretazione del fascismo sulla Rivista per il Socialismo (“Der Faschismus”, Zeitschrift für Sozialismus; Sett.-Ott.1935), ponendo l’attenzione sugli aspetti socio-economici e sulla progressiva trasformazione delle classi sociali, travolte dalla crisi economica e dal disfacimento del movimento operaio. Per Löwenthal il concetto di “classe” riveste un ruolo fondamentale; pertanto, in un’ottica tipicamente marxista, ne analizza le trasformazioni prendendo in considerazione le sue stratificazioni nell’ambito dell’evoluzione capitalista e della “differenziazione economica degli interessi” sociali. Allo stesso modo, prende in esame lo sviluppo e funzione dell’organizzazione di classe, in rapporto all’evoluzione dell’antico stato feudale in quella che Löwenthal chiama “democrazia di interessi”:

«La democrazia pienamente formata è una forma di organizzazione politico-sociale caratterizzata da organizzazioni di classe potentemente sviluppate e da un sistema di partiti determinato in maniera decisiva da queste organizzazioni.»

Speculare all’esistenza della democrazia rappresentativa, che ha nel parlamento il suo fulcro nella comunanza di interessi diversi, è lo sviluppo del sistema partitico, quale rappresentanza di “interessi chiaramente delimitati”, e che costituisce un’evoluzione positiva dell’antico “parlamento dei notabili”, come nel caso dell’Inghilterra:

«…i cui partiti non erano divisi da contrasti di interesse, ma da contrasti di tradizioni familiari e di cricche all’interno dello strato dominante, socialmente unitario [...] A questo stadio, il contenuto dei processi parlamentari è formato dal contrasto fra le classi dominanti ed il loro apparato esecutivo, circa l’ammontare delle spese e della lotta di innumerevoli cricche e persone singole per i vantaggi individuali connessi con l’esercizio del potere politico: distribuzione dei posti, concessioni, facilitazioni fiscali, ecc. Questa situazione del parlamento corrisponde ad un basso livello delle funzioni economiche statali, e al livello organizzativo zero delle organizzazioni di classe e della politica sociale. Quando si supera questo stadio, ha inizio anche il mutamento del sistema partitico.
Il mutamento essenziale non consiste nella pura e semplice trasformazione in apparati di partito con influenza di massa. Questa trasformazione da partito di cricche in macchina di partito funzionante con un gran numero di politici di professione…»

…coincide secondo Löwenthal con l’introduzione del diritto di voto universale ed alla concentrazione del capitale in oligopoli e trusts economici organizzati, sotto protezione del potere politico o singoli esponenti di partito.

«Essa però non cambia nulla né per quanto riguarda la mancanza di contenuto sociale dei processi parlamentari, né per quanto riguarda la misura e il carattere della corruzione individuale nella vita pubblica.»

1919 - Corteo della SPD alla Porta di Brandeburgo per l'elezione di F.Ebert alla presidenza del Reich

Per Löwenthal/Sering, a fare la differenza sono i “partiti operai”. E in questo è evidente tutta l’impronta marxista dell’Autore che vede nel movimento operaista l’avanguardia rivoluzionaria per eccellenza, anche se:

«..quanto più vengono messi in primo piano i problemi dell’economia capitalista…. tanto più il partito operaio tende generalmente a diventare il partito rappresentante gli interessi riformisti e a trasformarsi in comitato parlamentare dei sindacati

In tempi normali, non pervasi da turbolenze sistemiche o crisi economiche, tale ordinamento tende, nonostante gli attriti, a funzionare secondo una meccanica strutturata, fondata sulla mediazione costante nell’equilibrio variabile delle istanze rappresentate:

«Lo Stato parlamentare, i cui partiti sono rappresentanti di interessi basati sulle organizzazioni di classe, rappresenta un forma finale caratteristica della democrazia. Ha il carattere di una grande stanza di decompressione degli interessi, nella quale vengono trattati i compromessi delle classi. La decisione politica è qui la risultanza degli interessi dei singoli, come avviene per la formazione dei prezzi sul libero mercato [...] la distribuzione del prodotto sociale viene determinata in misura crescente non a secondo della forza economica dei singoli strati, ma a seconda del loro peso espresso politicamente

Il sistema, che sostanzialmente riproduce un immutato assetto di potere a tutela del capitale, nel quadro di una società prevalentemente borghese, entra in crisi con “l’acuirsi dei contrasti di classe” nella divergenza di funzioni tra il sistema burocratico, che con il potere esecutivo necessita di decisioni rapide e unitarie, insieme all’eccessiva preponderanza dell’elemento finanziario, contrapposti ad un parlamento in rappresentanza di interessi sempre più atomizzati e conflittuali. Contrasti che tendono ad esplodere in caso di contrazione economica, mettendo a rischio la tenuta di sistema. Sostanzialmente, in senso lato, ciò avviene tramite l’accresciuta mobilità dentro e fuori gli schieramenti della classe operaia in perdita di coesione, a cui va aggiunto il logoramento economico dei piccoli imprenditori, e l’accentuarsi della richiesta di prestazioni sociali da parte di fasce sempre più consistenti di popolazione attiva rimasta priva di reddito e coperture.
Fila ai forni del pane nella Germania del 1920A tal proposito, Richard Löwenthal elabora la particolare “congiuntura” da cui possono scaturire i movimenti totalitari (Parte III – La Congiuntura da cui nasce il fascismo). Se non fossero trascorsi 80 anni, in molte sue parti il brano sembra scritto oggi. Ovviamente, ogni riferimento a partiti (bestemmia) e moVimenti esistenti è puramente casuale.

1. Gli interessi durante la crisi
[...] «In pochi anni, durante l’ultima crisi, la disoccupazione si è moltiplicata, senza che allo stesso tempo si avesse alcuna riduzione dell’apparato distributivo e amministrativo, così che la riduzione del numero degli occupati si è verificata quasi esclusivamente a spese di quelli che sono occupati produttivamente. Contemporaneamente è rapidamente aumentato lo strato dei ceti medi rovinati, ma non proletarizzati, così che il numero degli improduttivi è cresciuto ad un livello superiore alla media e ad un ritmo assai rapido. Nello stesso tempo si è avuto inevitabilmente un calo del ruolo produttivo di quello strato “misto” di impiegati e impiegati statali ed è aumentata la percentuale di settori produttivi stagnanti, bisognosi di sovvenzioni, e si è fatto più urgente il loro bisogno si sovvenzioni. Con ciò si è acuito il contrasto fra questi settori e quelli rimasti sani. Questo contrasto si è inasprito fino al punto di dare origine al dilemma: o superamento rapido e liberale della crisi, comportante la distruzione di milioni di entità economiche [posti di lavoro], oppure superamento della crisi nei tempi lunghi mediante sovvenzioni, evitando una catastrofe aperta. Il dilemma: pagare i debiti o cancellarli formava una parte di questo problema. In questo modo divenne anche più acuta la già accennata divisione trasversale durante la crisi. Le contraddizioni menzionate si riproducono nel rapporto delle economie nazionali e delle nazioni tra di loro. Le nazioni debitrici diventano insolventi. Lo smembramento del credito internazionale porta ad una contrazione abnorme del commercio estero e mondiale e quindi all’inasprimento delle tendenze autarchiche e nazionaliste, specialmente per quanto concerne i paesi debitori che, in linea di massima, sono anche quelli meno concorrenziali sul piano dell’economia mondiale e oberati da soverchianti pesi morti.
[...] Sia per il crescente numero degli improduttivi, e proprio di quelli la cui esistenza dipende dall’erario statale, sia per il crescente bisogno di sovvenzioni alla produzione, aumenta la percentuale della popolazione il cui interesse primario è, mediamente o immediatamente, quello di uno Stato efficiente.
[...] La concentrazione dinamica di tendenze generali di sviluppo su una situazione di breve durata e inasprita è la caratteristica di tutte le situazioni rivoluzionarie.»

2. Il sistema partitico durante la crisi
Manifesto elettorale della SPD per le elezioni presidenziali del 1932 [...] «I partiti della grossa borghesia diventano visibilmente tali, con una evidenza che li priva a ritmo veloce della loro base di massa. Mentre all’interno della borghesia si accentuano le differenze tra profittatori e sovvenzionati,  fra creditori e debitori, i suoi partiti e le sue coalizioni vengono sottoposti a sempre nuove scissioni. I vari gruppi di piccoli produttori, qualora non lo abbiano già fatto prima, passano alla creazione di partiti separatisti a spese dei vecchi partiti borghesi. Nella classe operaia, a causa della netta differenziazione tra occupati e disoccupati, strati capaci di lotta e strati incapaci di lotta, interessati in primo luogo al livello salariale e alla conservazione del posto di lavoro, si acuiscono i contrasti che approfondiscono le fratture esistenti, minacciano di far saltare le organizzazioni unitarie e creano conflitti tra partiti e sindacati. Il risultato generale è innanzitutto che fra i numerosi partiti politici ogni peso diventa sempre più instabile, ogni compromesso sempre più difficile, senza che sorga una forza sufficientemente robusta.
[...] La capacità di azione di tutte le classi diminuisce con il regredire della produzione. Insieme diminuisce anche l’importanza delle organizzazioni create per l’azione di classe. La capacità di sciopero dei sindacati regredisce, gli industriali riuniti in cartelli violano le convenzioni dei prezzi, le cooperative di credito agricolo non sono più in grado di sostenere i loro membri. Con ciò cala la fiducia in queste organizzazioni e cala il numero dei loro aderenti. Le sole azioni economiche che crescono di numero sono durante la crisi sono le azioni dei consumatori e dei debitori: scioperi degli inquilini, sciopero dei contribuenti, aste deserte, ecc. Sul terreno della crisi delle organizzazioni di interessi dei partiti, che in tal modo vengono indeboliti e frantumati, si sviluppa però la tendenza a riporre tutte le speranza nello Stato e quindi nell’organizzazione puramente politica

3. La democrazia durante la crisi
i forconi dei nazisti «Quanto più si frantuma un sistema partitico, tanto più diventa difficile il raggiungimento di un compromesso. Il regresso della forza d’azione delle organizzazioni di classe non apporta in questo caso alcuna agevolazione, ma un ulteriore inasprimento: quanto minore è la capacità di azione economica immediata, tanto più intensi si fanno i tentativi dei partiti di realizzare i loro obiettivi esercitando una pressione sullo Stato e di conservare in tal modo la vacillante fiducia del loro iscritti. In questo modo viene sempre più messa in dubbio la capacità di funzionamento del sistema parlamentare. Questo avviene soprattutto dal punto di vista della borghesia, i cui partiti perdono rapidamente la loro base di massa e alla quale pertanto riesce sempre più difficile imporre per via parlamentare le sue rivendicazioni, che sono al tempo stesso le rivendicazioni per il superamento della crisi nel solo modo possibile del quadro capitalista. L’equilibrio tra gli indeboliti partiti borghesi, sempre più dilaniati dai contrasti interni tra sovvenzionatori e sovvenzionati, l’equilibrio tra i grandi blocchi di masse contrapposti diventa sempre più difficile ed il ruolo del potere esecutivo per assicurare questo equilibrio diventa sempre più importante. La labilità di questo regime rende impossibile la coerenza e l’unitarietà della politica economica e generale dello Stato proprio nel momento in cui essa acquista un’importanza vitale per delle masse sempre più numerose. La crisi dell’erario (un riflesso necessario della crisi economica degli Stati che attuano politiche di sovvenzione) si acuisce a causa delle oscillazioni politiche e si ripercuote immediatamente in un abbassamento del tenore di vita di tutti coloro che dipendono economicamente dallo Stato. Lo Stato viene quindi meno, proprio nel momento in cui la dipendenza delle masse dalle sue prestazioni è massima, e viene meno in questa misura proprio perché si tratta di uno Stato “economicamente democratico”, perché “è una congrega di profittatori” incapace di decisione. L’esigenza di uno Stato forte, economicamente giustificata, si muta nel grido “abbasso il parlamentarismo!”.
Con ciò, la democrazia entra definitivamente nella fase decisiva della crisi.»

Secondo Richard Löwenthal, in assenza di una svolta di tipo socialista, con l’indebolimento del movimento operaio e delle sue organizzazioni, la conseguenza è un accentramento del potere economico-politico in uno Stato sempre più autoritario, percepito dalle grandi masse di scontenti come un distributore di prebende e sovvenzioni, per la soddisfazione di esigenze primarie, a discapito di una reale promozione democratica e sociale.
Comizio di HitlerIn una simile frattura istituzionale si inseriscono i movimenti populistici e, spiccatamente, per Löwenthal, i partiti fascisti come elemento di rottura più evidente ed al contempo funzionale alla prosecuzione di uno statu quo a preservazione dei grandi interessi del capitale, facendo leva sui delusi della democrazia rappresentativa e del sistema parlamentare.
È un moto contrario e trasversale:

«..contro i sindacati industriali; dei debitori contro i creditori; dei disoccupati contro gli occupati, dei fautori dell’autarchia contro i fautori dell’economia mondiale. Tutto questo si attua in nuovo partito di massa, rivolto al solo potere politico: il partito fascista. Così si spiega anche come questo partito recluti i suoi aderenti in tutte le classi e come determinati ceti vi siano prevalenti e ne formino il nucleo, ceti che sono stati definiti con l’imbarazzato termine di “ceti medi”. La borghesia vi è rappresentata, ma si tratta della borghesia indebitata, bisognosa di sostegno; il ceto operaio vi è rappresentato, ma si tratta dei disoccupati permanenti, incapaci di lotta, concentrati in zone povere; vi affluisce la piccola borghesia urbana, ma quella andata in rovina; vi vengono inclusi i possidenti, ma sono quelli spossati dall’inflazione; vi si trovano ufficiali e intellettuali, ma si tratta di ufficiali congedati e intellettuali falliti. Questi sono i nuclei del movimento, che ha il carattere di una vera comunità popolare di falliti, e questo gli permette anche di estendersi, parallelamente alla crisi e ad di là di questi nuclei centrali, in tutte le classi, perché con tutte è socialmente concatenato.
[...] Si voleva uno Stato sotto una guida unitaria che ponesse fine al traffico degli interessi; uno Stato che intervenisse attivamente nella crisi e ponesse fine al liberalismo; uno Stato che liberasse l’economia nazionale dalle dipendenze economiche mondiali. Dicendo che “l’utilità pubblica viene prima dell’interesse individuale” venne proclamata la tutela dei bisognosi di sostegno contro la prassi capitalistica, dicendo “basta con la schiavitù degli interessi da pagare”…. la solidità della terra venne contrapposta all’asfalto delle grandi città. Tutto ciò venne presentato con la credibilità della disperazione, che la crisi produceva dappertutto e che dispensava i suoi sostenitori da ogni discussione razionale. A queste parole d’ordine si mescolavano elementi di una rivolta plebea contro il ceto dei burocrati specializzati e dei notabili, la quale diede al movimento vernice popolare, “democratica”, con la quale di fatto esso assolve singoli compiti rivoluzionario-borghesi.
[...] Le sue parole d’ordine economiche esprimono delle tendenze generali e non delle rivendicazioni concrete. Là dove i fascisti prima della vittoria vengono a trovarsi in situazioni in cui devono prendere posizione, assumono atteggiamenti puramente agitatori e procedono praticamente facendo una brutta figura dietro l’altra, senza risentirne il minimo danno. La loro agitazione di concentra completamente sulla fiducia nel futuro, nel capo, nella presa del potere e nel miracolo che ne seguirà. [...] Il partito fascista non disse mai “Aiutatevi da soli!”. Disse sempre: “Dateci il potere!”. Questo è il nucleo di tutte le agitazioni fasciste.
[...] Il partito fascista si costruisce sulla disposizione dei suoi membri ad affidarsi ad una guida, dalla quale essi sperano di essere aiutati, una volta conquistato il potere statale.
[...] Un partito siffatto non può, per sua natura, avere una lunga esistenza come partito di massa senza combattere e vincere. Una volta superata la situazione di crisi gli viene a mancare la possibilità di guida delle masse. Le masse se ne allontanano e si rivolgono nuovamente alle organizzazioni che rappresentano i loro interessi e che corrispondono alla loro situazione nel processo produttivo.
[...] Proibendo tutti gli altri partiti si vuole mettere ordine nella congrega di interessi e sostituire ai compromessi la decisione del capo.»

Manifesto elettorale dello NSDAPDella disamina riportiamo gli aspetti più propriamente riconducibili alla prassi politica, sorvolando la componente militare e squadrista di una violenza istituzionalizzata che nei movimenti di natura fascista è tratto distintivo e imprescindibile, ma proprio per questo meglio conosciuto.
In merito all’organizzazione, alla composizione della dirigenza, ed al “movimento fascista”, Richard Löwenthal osserva:

«Lo sviluppo di questi metodi di lotta e di organizzazione richiede una casta dirigente nuova, libera dalle tradizioni dei partiti democratici e dalla routine parlamentare, senza scrupoli per quanto riguarda i mezzi. Per sua natura questa casta può venire reclutata soltanto tra i militanti senza occupazione e intellettuali falliti, quindi fra gli individui completamente sradicati, e non può nascere dalla componente borghese del movimento, i cui appartenenti, anche in condizioni di indebitamento e di disperazione, rimangono ancora legati a tradizioni di ogni genere. La difficoltà della borghesia di sottostare ad una casta dirigente di dilettanti e di “desperados” fa sì che questi ultimi, pur così direttamente interessati al rivolgimento fascista, restino, fino alla vittoria, quasi sempre fuori dal partito, organizzato in gruppi amici puramente borghesi.
Questa è la circostanza che dà al partito fascista un carattere decisamente plebeo. Gli appartenenti alla classe dominante vi sono scarsamente rappresentati e non hanno influenza in senso tecnico-politico

In virtù di ciò la base di un movimento fascista è molto più ampia e ramificata di quanto non lo sia il partito medesimo che, data la sua apparente poliedricità, può contare su un bacino diversificato di consensi in espansione:

«Dapprima a spese dei partiti borghesi e del ceto medio e poi, a poco a poco, anche a spese delle organizzazioni operaie che, nel loro cammino verso di esso, passano spesso attraverso una fase intermedia d’indifferenza. Il partito fascista diventa il grande blocco di massa del sistema parlamentare in disgregazione. Il blocco di massa contrapposto, appunto il movimento operaio, il pilastro di resistenza relativamente più forte, viene indebolito dal perdurare della crisi e spinto in contraddizioni interne, che presto hanno soltanto più per oggetto i metodi della ritirata.
[...] Fra i due blocchi di massa, cioè quella fascista in aumento e quello proletario in ritirata, si destreggia con vari metodi la cricca della grossa borghesia, che diventa sempre più debole, discorde al suo interno, sempre più appoggiata al potere esecutivo, e che tende ad escludere e a screditare il parlamento e ad isolarsi. Quanto più si acuiscono i suoi contrasti interni, soprattutto tra i fautori delle sovvenzioni e liberali, tanto più forte si fa la sua corsa ad accaparrarsi il favore del partito fascista; corsa nella quale l’ala reazionaria è naturalmente superiore. Alla fine chiama definitivamente e con successo in aiuto il partito fascista, il quale fa il suo ingresso al governo in coalizione con essa. In questa coalizione il partito fascista è di gran lunga, indipendentemente dalle intese intercorse, il partecipante più forte.»

Svastica

In quanto fuori dai giochi di potere tradizionali e dai tatticismi parlamentari, in quanto portatore di istanze dirompenti ed interessi trasversali, nell’analisi di Löwenthal, il partito fascista può presentarsi a buon gioco come elemento di rottura e discontinuità, denunciando i suoi alleati di coalizione come la causa dei progressi insufficienti. Quindi, in tal modo può rivendicare a sé l’avocazione di tutti i poteri, in rottura col “vecchio sistema”…

«A questo punto esso si impadronisce senza riserve dell’apparato statale, si libera da tutti i vincoli di coalizione e realizza il suo potere nella lotta di distruzione contro le organizzazioni di massa proletarie. Fatto questo, la proibizione generale di ogni partito e con la fine formale della coalizione sono soltanto le tappe ovvie del cammino verso lo Stato totalitario.
[...] La necessità di piegare rapidamente e in modo rivoluzionario tutte le resistenze richiede lo scatenamento dell’attività libera e non disciplinata delle sue masse di aderenti. Quando il sistema fascista è completato, questa ondata si ritira da sé, tanto più che questa forma di attività di massa non arriva nemmeno a creare delle proprie forme organizzative

outpostNon è un caso che l’azione politica (e militare) di ogni movimento di tipo fascista sia indirizzata prevalentemente contro la Sinistra e le sue organizzazioni, nonostante il fascismo attinga in parte dalla sua liturgia e dalle sue tematiche sociali, facendole proprie e mistificandole.
Si può dunque parlare di “rivoluzione fascista” i cui risultati tipici sono:

a) Una nuova forma più alta di organizzazione statale
b) Una nuova forma reazionaria di organizzazione sociale
c) Un crescente freno stabile allo sviluppo economico da parte delle forze reazionarie che si sono impadronite del potere statale.

Si tratta di una proposizione sicuramente superata dalla Storia, ma non per questo necessariamente non riproducibile in forme aggiornate ai tempi…
Mutato nomine de te fabula narratur.

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La terribile “Personalità Giuridica”

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Hokuto no Ken - Jagger

Istituzione fondamentale del Diritto privato, contemplata da oltre 2.000 anni nel Diritto romano, la “persona giuridica” è più antica della Divina Scuola di Hokuto e assai meno letale…
Fist of the North Star - KenshiroNon presuppone perversioni particolari, né inclinazioni psicotiche. Non prevede comportamenti devianti contrari alla morale ed al buoncostume. Non richiede cure mediche, né trattamenti clinici.
Spiegata in maniera molto semplice [QUI], affinché (si spera) persino gli ensiferi possano intendere:

Le persone giuridiche sono organizzazioni collettive, considerate come soggetti distinti dalle persone fisiche che le compongono ed esse stesse soggetti di diritto, dotate di capacità giuridica e titolari di diritti e doveri. Sono persone giuridiche le associazioni riconosciute, le fondazioni, i comitati riconosciuti, le società di capitali e gli enti pubblici.”

Detto in altri termini, con maggior pedanteria, direttamente dall’Enciclopedia Treccani:

La persona giuridica è quell’organismo unitario, caratterizzato da una pluralità di individui o da un complesso di beni, al quale viene riconosciuta dal diritto capacità di agire in vista di scopi leciti e determinati. Gli elementi costitutivi (o presupposti materiali) per l’esistenza della persona giuridica sono: una pluralità di persone, un patrimonio autonomo, uno scopo lecito e determinato per la realizzazione di interessi scientifici, artistici, commerciali, di beneficenza, ma i primi due elementi non concorrono necessariamente o comunque non si presentano ugualmente importanti: la pluralità di persone può in alcuni tipi di persone giuridiche presentarsi non in primo piano o mancare del tutto, mentre è essenziale in altri tipi di persone giuridiche (come le associazioni). La presenza di questi elementi normalmente deve desumersi dall’atto costitutivo della persona giuridica, nel quale trova manifestazione la volontà di coloro che gettano le basi dell’ente e dallo statuto della medesima.

Ma nella categoria possono essere annoverate pure tutte le “organizzazioni di persone”, che perseguano interessi pubblici ed abbiano una certa autonomia patrimoniale.
Attualmente i partiti politici (come anche i sindacati) non possiedono una personalità giuridica. Sono enti di fatto. E questo, specialmente in riferimento alla loro ingente disponibilità finanziaria ed immobiliare, insieme alla rilevanza della loro incisività decisionale e gestionale, è un male con effetti concreti sulla democrazia di un Paese e sullo stesso bilanciamento di potere.
chessboard wordpressIl problema era chiarissimo fin dagli albori della Repubblica italiana, tanto che i “padri costituenti”, e massimamente il prof. Costantino Mortati, tentarono invano di inserire nella Carta costituzionale l’obbligo della personalità giuridica per le organizzazioni partitiche, nella stesura dell’Art. 49 della Costituzione. La funzionalità esplicita era quella di limitare lo strapotere dei partiti e dei loro apparati burocratici, costringendoli ad una maggiore democrazia interna.
Ovviamente non se ne fece nulla. Ed il problema permase, trascinandosi intatto fino ad oggi… Per chi volesse approfondire l’argomento in ambito giuridico, suggeriamo un ottimo articolo sul tema: La personalità giuridica del partito politico in Italia di Luca Tentoni.
Oggi si fa un gran parlare di “partitocrazia”, ma pochi sanno che il termine (vecchio di oltre mezzo secolo) ha una precisa connotazione polemica, legata al tema della “persona giuridica”, da sempre fuggita come la peste dai partiti. In una pubblicazione del lontano 1952, un altro costituzionalista, il prof Giuseppe Maranini, a cui si deve l’invenzione del fortunato termine, chiosò sull’argomento:

La forma di governo creata dalla nostra Costituzione così come da altre costituzioni continentali, approda ad una forma esplicita di partitocrazia, e non di governo parlamentare. La nostra Costituzione vieta ogni mandato imperativo, che leghi il rappresentante alla volontà degli elettori; ma allo stesso tempo la Costituzione e le leggi elettorali creano i presupposti di un ben più temibile mandato imperativo, il quale subordina gli eletti ai loro veri committenti, i quali non sono più gli elettori bensì le direzioni dei partiti. Il Parlamento controlla il Governo ma le direzioni di partito controllano il Parlamento e, attraverso il Parlamento, il Governo; se poi direzione di partito e governo s’identificano, il controllato diventa controllore, con evidente eversione di ogni schema di governo parlamentare

Ai fini del finanziamento e della gestione dei fondi, l’attribuzione della personalità giuridica costringerebbe poi i partiti politici a rendicontare i propri bilanci attraverso un consolidamento certificato, con elencazione dettagliata e certificata delle spese, delle entrate, degli eventuali investimenti, degli importi e dei finanziatori privati (chiunque essi siano). Cosa che oggi non avviene ed è rimessa alla discrezionalità dei “tesorieri”, che non devono rendere conto a nessuno.
Prima dei vari Lusi e Fiorito e Belsito… la questione dei finanziamenti (e della personalità giuridica) era stata posta in termini accorati già da don Luigi Sturzo, fondatore del Partito Popolare nel 1919 e padre nobile della DC, che fu tra i primi a proporre una legge per introdurre una disciplina in materia tanto delicata (Atto Senato n.124). Il 16/09/1958, l’anziano sacerdote nominato senatore a vita ammonisce:

«Se si parla di moralizzare la vita pubblica, il primo e il più importante provvedimento deve essere quello di togliere la grave accusa diretta ai partiti e ai candidati dell’uso indebito del denaro per la propaganda elettorale. Il problema è più largo di quel che non sia la spesa elettorale; noi abbiamo oramai una struttura partitica le cui spese aumentano di anno in anno in maniera tale da superare ogni immaginazione. Tali somme possono venire da fonti impure; non sono mai libere e spontanee di soci e di simpatizzanti. Non sarò io a dire le vie per il finanziamento dei partiti perché la mia esperienza del 1919-1924 non ha nulla di simile con l’esperienza del 1945-1958. Che i finanziamenti siano dati da stranieri, da industriali italiani, ovvero, ancora peggio, da enti pubblici, senza iscrizione specifica nei registri di entrata e uscita, o derivino da percentuali in affari ben combinati (e non sempre puliti), è il segreto che ne rende sospetta la fonte, anche se non siano state violate le leggi morali e neppure quelle che regolano l’amministrazione pubblica. Il dubbio sui finanziamenti dei partiti si riverbera su quelli dei candidati; e con molta maggiore evidenza se si tratta di persone notoriamente di modesta fortuna, professionisti di provincia, giovani che ancora debbono trovare una sistemazione familiare conveniente, impiegati e così di seguito. Alla fine delle elezioni abbiamo sentito notizie sbalorditive, che fanno variare da dieci a duecento milioni le spese di campagna di singoli candidati.
[...] C’è chi accusa l’apparato dei partiti, il quale, discriminando i candidati della stessa lista, ne determina l’accaparramento di voti a favore degli uni con danno degli altri. Non mancano indizi circa il patrocinio politico che enti statali e privati si assicurano in parlamento favorendo l’elezione di chi possa sostenere e difendere i propri interessi, impegnando a tale scopo somme non lievi nella battaglia delle preferenze. Quando entrate e spese sono circondate dal segreto della loro provenienza e della loro destinazione, la corruzione diviene impunita; manca la sanzione morale della pubblica opinione; manca quella legale del magistrato; si diffonde nel paese il senso di sfiducia nel sistema parlamentare. Ecco i motivi fondamentali che rendono urgenti i provvedimenti da me proposti circa i finanziamenti e le spese dei partiti nel loro funzionamento normale»

Coerentemente alla denuncia non ci fu seguito, mentre le cose degenereranno come sappiamo… Di partiti politici e persona giuridica si torna a parlare insistentemente dopo gli scandali di Tangentopoli. Dal 1997 in poi approdano in Parlamento varie proposte, senza che se ne faccia mai nulla.
È superfluo dire che la personalità giuridica per i partiti politici è esplicitamente prevista e richiesta dalle normative europee e, nella fattispecie, dal Trattato di Nizza del 26/01/2001, a disciplina delle fonti di finanziamento dei partiti, con la deposizione di:

“uno statuto che, oltre alla struttura organizzativa del partito, dimostri il rispetto da parte del partito dei principi di libertà, e di democrazia, i diritti dell’uomo e le libertà fondamentali. È inoltre richiesto il possesso della personalità giuridica e la pubblicazione annuale di un rendiconto nel quale siano dichiarate le entrate e le uscite e le donazioni ricevute.”

Non si capisce dunque (o forse si capisce benissimo) contro cosa vada tuonando il Capo politico del M5S, che minaccia sfracelli qualora il suo MoVimento sia costretto a costituirsi in “persona giuridica”, ovvero: presentare e registrare un vero statuto a norma di legge; eleggere organi collegiali di rappresentanza; costituire un collegio sindacale; attribuire una sede legale del M5S che non sia il blog personale di Beppe Grillo. E soprattutto nominare un presidente che non sia il nipote di Grillo, insieme ad organi (elettivi) di garanzia e controllo interno che non siano il fantomatico “Staff” della Casaleggio Associati, limitando lo strapotere del “capo politico” ed ogni sua discrezionalità decisionale. 
EquivocandoCosa ancor più terribile, il nuovo disegno di legge in esame (il famigerato ddl Zanda-Finocchiaro) prevede di far consolidare i bilanci da un collegio esterno e certificato di revisori contabili. Il tutto in nome dell’invocata (a parole) e sempre elusa “trasparenza”.
zerospeseNessuno obbliga il MoVimento a “trasformarsi in partito”, che al contrario può essere club, associazione, circolo sportivo, loggia massonica, o setta religiosa, ma DEVE avere personalità giuridica, specialmente se vuole maneggiare i quattrini di quel finanziamento pubblico che pubblicamente aborre ma privatamente percepisce. La norma, qualora fosse approvata (e visti i precedenti crediamo di no), riguarda tutti. A cominciare proprio dai partiti politici.
Sappiamo che è un concetto difficile da comprendere, specialmente per gli amici a 5 stelle che hanno serie difficoltà con gli articoli della Costituzione ed i regolamenti parlamentari. Non parliamo poi della presentazione delle proposte di legge [QUI]!
Beppe Grillo Nonostante i continui latrati del loro Capo (e padrone), i pentastellati non sono ragazzi cattivi… Sono solo un po’ duri di comprendonio: sulle cose ci arrivano sempre in ritardo; tempo di smaltire livori e arroganza. In fondo è già successo in passato [QUI]… È che ragionare, informarsi, STUDIARE, costa fatica e richiede umiltà. Perciò è molto meglio inventarsi complotti e gridare alla cospirazione.

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Il Giornalismo come missione

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DARTH VADERLa Democrazia, ancorché imperfetta, è una cosa maledettamente complicata…
Se non fosse per i partiti politici, per le inutili pastoie burocratiche dei regolamenti parlamentari, per i vuoti formalismi costituzionali, per i vincoli rappresentativi che impediscono ai “cittadini” di partecipare direttamente alle gestione della cosa pubblica, la democrazia funzionerebbe benissimo e senza intoppi.
Perché dunque tergiversare in inutili discussioni, nel confronto di opinioni differenti (e quindi nella mediazione di soluzioni condivise), nella cacofonia critica di più voci divergenti, quando un unico “Capo politico” può parlare a nome di tutti, in un eterno monologo da comizio, senza dover rispondere a domande maliziose o tediose confutazioni?
Si chiamerebbe dialettica ed è alla base del pensiero critico, come della logica razionale, ma perché mai bisognerebbe disquisire su ciò che si può rapidamente liquidare con un vaffanculo?
Sono problemi ben noti fin dai tempi più antichi, ai quali molti “capi” dalla visione lungimirante hanno cercato (spesso con successo) di porre rimedio… Non per niente, per appianare le divisioni che avevano dilaniato la Respublica romana, il saggio Ottaviano divenuto ‘Augusto’ si preoccupò subito di abolire collegia e sodalicia che tante noie rischiavano di dare alla libera partecipazione democratica dei cives.
D’altronde, come ci insegnano altre fortunate esperienze in tempi più recenti, piene responsabilità richiedono pieni poteri, poiché:

Senza i pieni poteri voi sapete benissimo che non si farebbe una lira – dico una lira – di economia.
Con ciò non intendiamo escludere la possibilità di volonterose collaborazioni che accetteremo cordialmente, partano esse da deputati, da senatori o da singoli cittadini competenti.
Abbiamo ognuno di noi il senso religioso del nostro difficile compito.”

  Benito Mussolini
  (16/11/1922)

Purtroppo, immemori delle lezioni del passato, a tutt’oggi esistono i ‘Politici’.. il ‘Palazzo’.. la ‘Casta’.. E soprattutto ci sono i ‘giornalisti’, che nel migliore dei casi non comprendono il “cambiamento” in corso, perché sono venduti per definizione, specialmente se si tratta di precari da 5 euro al pezzo. Peggio ancora, sono in malafede e quindi inaffidabili per antonomasia.

«Dopo diversi problemi sorti in proposito intensificheremo la presenza del gruppo comunicazione in Transatlantico e nell’atrio del Palazzo. Non per un’esigenza di controllo, ma a garanzia dei deputati. Invitiamo tutti, poi, a rilasciare le interviste nella stanza grande del gruppo comunicazione, dopo essersi messi in contatto con uno dei componenti. Oltre l’aspetto psicologico del “giocare in casa”, sarà possibile registrare le interviste per ovviare così ai tanti problemi sorti in merito. Invitiamo tutti a declinare le richieste dei giornalisti che si sono già dimostrati inaffidabili se non, addirittura, in malafede.»

  Lo “STAFF” del M5S
  (22/05/13)

Fortunatamente, ci sono anche i giornalisti seri, che pongono le domande giuste (o non le pongono affatto a chi di dovere), dalla schiena dritta e l’intransigenza senza sconti…
Flic e FlocNel mondo in bianco e nero degli ensiferi, rigidamente diviso in buoni e cattivi, dannati e salvati, pessimi giornalisti sono sicuramente l’ingrata (?) Milena Gabanelli e, su tutt’altro versante, Pierluigi Battista per un suo editoriale sul Corsera, dal titolo sarcasticamente eloquente su prassi e teoria dei 5 Stelle: La nebbia dietro la liturgia dello scontrino, in cui pone degli interrogativi legittimi su limiti evidenti.
Nei confronti del vecchio Pigi, noi abbiamo sempre nutrito una cordiale e ben radicata antipatia, che peraltro non ci ha impedito in tutti questi anni di ignorare bellamente i suoi articoli sul Corriere della Sera, previa lettura, senza mai farci rovinare la giornata…
Oscar Wilde, in uno dei suoi più celebri aforismi, sosteneva come le domande non fossero mai indiscrete e come, al contrario, potevano esserlo le risposte.
Nella democrazia diretta dei pentastellati le domande non gradite espongono invece al delitto di lesa maestà, mentre la testa di questo innocuo Battista viene esposta simbolicamente su un vassoio, in una danza sguaiata tra i cachinni degli ensiferi in crisi di nervi:

«Come si può in questo Paese davvero credere nella professionalità e nell’imparzialità dei giornalisti se a due giorni dalle elezioni un noto editorialista del Corriere della Sera, Pierluigi Battista, scrive menzogne sapendo probabilmente di mentire. Sostiene ad esempio che il M5S si sia interessato solo alla rendicontazione e non abbia fatto nulla sui temi della sua campagna elettorale: Reddito di cittadinanza, Imu, Irap ed Equitalia. Elenchiamo qui di seguito alcune delle cose fatte dai deputati e senatori M5S, solo per dimostrare, prove alla mano, come da parte di una certa stampa vi sia malafede e servilismo verso il Potere Unico. E laddove non si trattasse di malafede, allora è incompetenza o ignoranza. Siamo stufi di giornalisti che invece di fare un lavoro certamente più difficile e faticoso, quello di verificare con attenzione e in dettaglio se quel che scrivono corrisponda alla verità, pensano solo a dare notizie superficiali, concentrandosi su casi creati ad arte per avere la scusa di non parlare dei fatti concreti sottostanti. Se i politici, in passato, hanno potuto causare il disastro che ora è sotto gli occhi di tutti è anche grazie a una stampa disattenta, superficiale o forse venduta

E’ quanto si può leggere nel comunicato congiunto del gruppo M5S di Camera e Senato, con lo stile piccato di chi, evidentemente avvezzo all’invettiva revanchista, trova difficile scendere nel merito delle questioni sollevate, rispondendo alla critica con l’insulto generalizzato. Come da manuale.
Per questi strani alfieri della democrazia diretta resta assai difficile comprendere che in una qualunque democrazia (se davvero vuole dirsi tale) l’esistenza del dissenso è imprescindibile, insieme alla fastidiosa presenza di chi proprio si ostina a pensarla diversamente da te. D’altro canto, perché intorbidare le acque quando tutto dovrebbe funzionare come un’orchestra armoniosa, volta all’esaltazione dell’unità pur nella diversità di una confraternita guerriera, coesa nell’ubbidienza al Capo politico che si sente in guerra?
Imperial stormtroopersNella democrazia 2.0 del Regno di Gaia, prossimo venturo, non c’è spazio per le divergenze e meno che mai per le domande, che vanno filtrate, controllate, sterilizzate, per ritagliare delle non-risposte proporzionate alla caratura intellettuale di ubbidienti soldatini in plastilina, dove l’azione è rimessa al 100% dei suffragi ed il consenso deve essere totale.
Quando la RiVoluzione trionferà, i media cesseranno di essere tendenziosi e inaffidabili, ergendosi a testimonianza di indipendenza ritrovata e conquistata libertà:

«In un regime totalitario, come dev’essere necessariamente un regime sorto da una rivoluzione trionfante, la stampa è un elemento di questo regime, una forza al servizio di questo regime; in un regime unitario, la stampa non può essere estranea a questa unità.
[...] La stampa più libera del mondo intero è la stampa italiana. Altrove i giornali sono agli ordini di gruppi plutocratici, di partiti, di individui; altrove sono ridotti al compito gramo della compravendita di notizie eccitanti, la cui lettura reiterata finisce per determinare nel pubblico una specie di stupefatta saturazione, con sintomi di atonia e di imbecillità; altrove i giornali sono ormai raggruppati nelle mani di pochissimi individui, che considerano il giornale come un’industria vera e propria, tale e quale come l’industria del ferro e del cuoio.
Il giornalismo italiano è libero perché serve soltanto una causa e un regime; è libero perché, nell’ambito delle leggi del regime, può esercitare, e le esercita, funzioni di controllo, di critica, di propulsione.
[...] Dato il “la”, c’è la diversità che si evita la cacofonia e si fa prorompere invece la piena e divina armonia; oltre agli strumenti, c’è poi la diversità dei temperamenti e degli artisti; diversità necessaria, poiché si aggiunge, elemento imponderabile ma vitale, a rendere sempre più perfetta l’esecuzione. Ogni giornale deve diventare uno strumento definitivo, cioè individualizzato, cioè riconoscibile nella grande orchestra. I classici archi non escludono, nelle moderne orchestre…
[...] Ciò precisato, la stampa nazionale, regionale e provinciale serve il regime illustrandone l’opera quotidiana, creando e mantenendo un ambiente di consenso intorno a quest’opera.
È grande ventura per voi di vivere in questo primo straordinario quarto di secolo: è grande ventura per voi di poter seguire la Rivoluzione fascista nelle sue progredienti tappe. Il destino è stato particolarmente benigno con voi, cui ha concesso di essere giornalisti durante una guerra e durante una rivoluzione, eventi entrambi rari e memorabili nella storia delle Nazioni.
[...] Mi auguro che, quando vi convocherò nuovamente, io sia in grado di constatare che avete sempre più fermamente e fieramente servito la causa della Rivoluzione. Con questa speranza, accogliete il mio cordiale saluto, nel quale v’è una punta di ricordi e di nostalgie.»

  Benito Mussolini
  “Scritti e discorsi” (1927-1928)
   Vol. VI; pagg. 250-251

Sono le parole illuminate che il capo politico del fascismo pronunciò in una conferenza a Palazzo Chigi, il 10/10/1928, dinanzi ad una settantina di direttori editoriali per spiegare loro quale fosse la vera missione del giornalismo.

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STELLE CADENTI

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Broken Falling Star (Kocoartgraphic)Ops! Mi si è ristretto il MoVimento!!!
Come quegli abiti scadenti che non resistono al primo lavaggio, il M5S non supera la prova bucato ed in soli tre mesi di (non) attività dimezza i consensi, franando nella palude dell’inconsistenza. Dallo tsunami alla pozzanghera.
Sarà colpa degli Illuminati.. delle scie chimiche.. dei folletti cattivi della rete e dei troll della ka$ta.. ma sembrerebbe che il “vaffanculo” più roboante le urne lo abbiano riservato proprio al ragionier Giuseppe Grillo, che ora avrà modo di apprezzare di persona le sue carinerie, restituite con gli interessi, e scoprire a proprie spese le gioie della “decrescita (in)felice”. Succede, quando si pretende di avere il 100% dei consensi, per poi scoprire con meraviglia di stare pesantemente sui maroni ad oltre il 80% degli elettori, francamente stufi delle inconcludenze, delle stravaganze millenariste, e degli starnazzi di una sgangherata confraternita di invasati.
Si tratterà pure di una semplice tornata amministrativa; saranno anche elezioni di poco conto; sarà un segno della crisi della politica tradizionale, confermata dalla fortissima astensione… Ma gli ensiferi fanno finta di non capire che le elezioni comunali di una metropoli come Roma sono da sempre una prova fondamentale, dove crollano dal 23% delle politiche al 13% circa. Poi ci sono casi eclatanti come quello di Imperia (dal 34% all’8,8%); Treviso e Vicenza, ma anche Viterbo (dal 26% al 7% circa); Ancona (dal 31% al 15%)… Quasi scompaiono nei piccoli centri e NON partecipano ad un solo ballottaggio. E soprattutto non si rendono conto che, se crisi della politica e della delega rappresentativa c’è, loro sono parte integrante del fallimento non essendo riusciti ad intercettare il dissenso, venendo piuttosto percepiti a tutti gli effetti alla stregua di un partito come un altro. Anzi! Peggio degli altri, visto il pessimo risultato elettorale. Non ditelo però ai pentastellati, convinti di essere “altro”: il non-partito che si crede “movimento”, mentre è proprietà esclusiva ancorché assoluta del “Capo politico”, senza l’apporto del quale peraltro sembrano non andare da alcuna parte.
funny-star-wars-i-had-a-lot-of-friends-on-that-death-starPertanto, come perdere circa 5 milioni di voti in appena 90 giorni? E’ semplice:
V for VendettaCredersi Robespierre ed atteggiarsi a vendicatore mascherato;
Continuare a lanciare anatemi e volgarità contro l’universo-mondo;
Sputacchiare fatwe da mane a sera, contro chiunque non voti per il moVimento;
Cercare di convertire gli “infedeli” con la tracotanza di un inquisitore medioevale, trasudando arroganza e saccenza da tutti i pori; profetizzando apocalissi e armageddon prossime venture;
Minacciare guerre civili, bagni di sangue, violenze e linciaggi, se il moVimento non avrà il potere assoluto; Discettare unicamente di diarie e rimborsi, senza uno straccio di proposta VERA;
Sguazzare nel caos e compiacersi dello stato di crisi, speculando sulle tragedie e manipolando a fini politici gli scandali finanziari: tipo la faccenda del MPS, con relativo suicidio, che si è rivelata elettoralmente premiante (Complimenti! 8% di voti a Siena);
Ventilare espulsioni e ritorsioni ai danni di chiunque non ubbidisca ciecamente ai diktat ed agli ultimatum del capo politico e stilare liste di proscrizione a getto continuo;
Trattare i propri “dipendenti” come dei minus habentes, a libertà vigilata e sotto stretta sorveglianza speciale dell’inquietante “Staff”;
Infarcire Camera e Senato, con una imbarazzante scolaresca di incompetenti citrulli, intenti a riprendersi con le telecamerine ed insultare tutti i giornalisti indistintamente (escluso l’imparzialissimo Marco Travaglio);
Continuare a boicottare tutti media che non siano il blog del Grande Capo; NON rispondere MAI a nessuna domanda, salvo denigrare l’interlocutore;
Persistere nel mandare in giro come portavoce l’incantevole Crimi e la simpaticissima Lombardi;
Icona gay Affidarsi per la riuscitissima comunicazione a professionisti del calibro di ByoBlu, del camionista Nick il Nero, ed al talento tutto naturale di Rocco Casalino dal Grande Fratello con steroidi.
Perciò (mi raccomando!) continuate così e sparite in fretta, come l’inutile e friabile meteora che siete.
Non ci mancherete.

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(51) Cazzata o Stronzata

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Classifica MAGGIO 2013”

Ultimatum alla Terra In concomitanza con l’ennesimo monito presidenziale (l’ultimo di una corposa collezione retorica), giunge il rapporto dell’ISTAT, sulla catastrofica situazione della disoccupazione in Italia, e soprattutto la relazione del governatore della Banca d’Italia, che nella sostanza invita a persistere nella prosecuzione ad oltranza delle ricette terminali che ci hanno condotto ad una recessione più devastante di quella del lontano 1929.
È alquanto straniante ascoltare le parole del governatore Ignazio Visco mentre parla di una crisi economica, che si voleva inesistente [QUI] ad eccezione degli avvertimenti di qualche “disfattista”, e mentre denuncia con ampio ritardo i disastri della cura monetarista made in Monti: quella che doveva rilanciare economia e occupazione in nome del rigore, stroncando nei fatti ogni prospettiva di crescita tramite la distruzione progressiva del tessuto sociale e produttivo. Tanto che ora si parla addirittura di “crisi strutturale”, nella reiterata incapacità di rispondere agli straordinari cambiamenti geopolitici, tecnologici e demografici, in corso soltanto da un paio di decenni, a tal punto da rimpiombare il Paese indietro di 35 anni… Proprio in concomitanza con la fallimentare esperienza del primo “governo di larghe intese” (quello del 1978 con Andreotti premier), giustamente riproposto in riedizione aggiornata al trapasso dei tempi. Ma non si potevano certo scontentare le pretese del Monitore dall’alto del Colle, che adesso bofonchia qualcosa sullo scollamento dei cittadini dalle istituzioni, sul crollo di credibilità dei partiti, e sui rischi nella tenuta della coesione sociale, contro il rischio dei quali la grande ammucchiata neo-democristiana (miracolata da un’opposizione inconcludente come quella dei 5 Stelle) è certamente la migliore delle risposte possibili, dopo la letale esperienza del direttorio tecnocratico a guida Monti.
Ovviamente, la risoluzione dei problemi è stata rimessa alla riproposizione dei medesimi schemi all’origine della catastrofe finanziaria, piuttosto che nella rimozione delle cause, secondo una visione macroeconomica quantomeno discutibile.
Tra i successi della ferale accoppiata Monti-Fornero vale la pena ricordare le eccezionali controriforme [QUI]: dal “mercato del lavoro” (trasformatasi in un’inarrestabile fabbrica di disoccupati), all’ennesima revisione pensionistica (con la catastrofe sociale degli “esodati”), passando per quella forma estrema di eutanasia sociale chiamata “fiscal compact”
Tuttavia, a volerli ascoltare, i segnali di allarme c’erano tutti. E non era difficile accorgersene, tant’è che persino noi, dal fondo della nostra ignoranza, ne avevamo accennato ripetutamente:
Dalle inquietanti analogie coi disastrosi esperimenti ultraliberisti nell’Argentina di Felipe Cavallo [QUI];
All’annunciato crollo del prodotto interno [QUI], perché ‘crescita’ non fa rima con ‘rigore’;
Al costante stato confusionale del Governo Monti [QUI], nell’evidente dissociazione tra il trionfalismo dei proclami e la miseria dei fatti [QUI], precipitati in un tunnel senza luce [QUI] nella manipolazione costante dei dati [QUI], in nome di un più ampio disegno poco economico e molto ideologico [QUI].
A giudicare dalla caratura politica ed etica dei protagonisti vecchi e nuovi, la notte sarà ancora lunga e terribilmente buia…

Hit Parade del mese:

01. TRAUMI

[28 Mag.] «Ho sottovalutato il derby Roma-Lazio. È stato un trauma impressionante per la città, e non abbiamo ben valutato il tifo calcistico, che ha bloccato 200 mila persone. Il derby ha danneggiato noi del centrodestra per la tipologia delle candidature: quella di Marino è più lontana dallo stadio»
(Gianni Alemanno, il Podestà)

02 - Rotondi02. INDIGENZE

[17 Mag.] «Sicuramente io appartengo alla gente povera, perché anche se il “Corriere della Sera” ci descrive come casta, noi facciamo parte degli italiani meno abbienti. Io sicuramente non sono una persona abbiente, noi parlamentari siamo ceto medio.»
(Gianfranco Rotondi, il nuovo povero)

03 - Scilipoti03. SENSO DI RESPONSABILITÀ

[20 Mag.] «La politica dovrebbe fare quello che ho fatto io, mettere gli interessi dei cittadini prima di quelli dei partiti. Oggi c’è un governo di grande responsabilità: quello che cercavo di dire io tre anni fa e nessuno mi ascoltava.»
(Domenico Scilipoti, l’Incompreso)

04 - Ilaria Carla Anna Borletti Dell’Acqua in Buitoni04. QUESTIONI DI STILE

[03 Mag.] «I 710 mila euro che ho dato al movimento di Monti? Ho sentito questa urgenza, ma non per questo mi aspettavo un posto da ministro. Come potrei ambire ad una poltrona? Non è nel mio stile.»
(Ilaria Carla Anna Borletti Dell’Acqua in Buitoni, la Sobria al governo)

05 - famme 'na bocca!05. SPIRITO DI CARITÀ

[16 Mag.] «Sapete che vi dico? Che se quelle di Berlusconi sono prostitute, allora io sono lesbica! Perché io mantengo due giovani donne in difficoltà economica, e ogni mese pago loro uno stipendio. Sono lesbica!»
(Daniela Santanché, la Filantropa)

05b - Biancofiore05.bis PARI OPPORTUNITÀ

[04 Mag.] «Sono le associazioni gay ad autoghettizzarsi, la loro è una casta. Io non sono mai stata omofoba: chiunque abbia un amico gay conosce la sofferenza di quando ti fanno giocare a soldatini, da piccolo, o con le pistole. Io odio le discriminazioni verso gli animali, si figuri verso le persone! Sa qual è la verità? La verità è che certe mie posizioni personali sono uguali a quelle di Papa Francesco! Solo che da lui si genuflettono… mentre con me?»
(Michaela Biancofiore, Immancabile)

06 - Porca e Suino06. ASSENZE

[22 Mag.] «Don Gallo uno di noi, ci mancherai!»
(Flavio Briatore, il Compagno)

07 - Fico07. DE-CRESCITA

[28 Mag.] «Siamo in lenta ma costante e inesorabile crescita… A Portici siamo quasi al 9%!»
(Roberto Fico, Pasdaran 5 Stelle)

08 - M.Mauro08. SI VIS PACEM PARA BELLA

[23 Mag.] «Credo che siamo tutti quanti d’accordo nel riconoscere che il valore più importante che condividiamo nella nostra civile convivenza sia la pace. Sistemi di difesa avanzati, come i caccia F35, servono per fare la pace.»
(Mario Mauro, il Pacificatore)

09 - Marini09. SOBRIETÀ

[23 Mag.] «In questi tempi difficili un matrimonio fa sognare, e richiama valori importanti quali l’incontro col Signore e la consacrazione dell’amore. Non solo la diretta Rai1 delle mie nozze è stata un’operazione intelligente, ma da parte del servizio pubblico anche doverosa.»
(Valeria Marini, The Bride)

10 - Sallusti10. MEMENTO

[08 Mag.] «Non dimentichiamoci che delle leggi ad personam di Berlusconi hanno goduto anche tutti gli italiani.»
(Alessandro Sallusti, delinquente abituale)

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La Legge ferrea delle Oligarchie

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La Fenice - Hokusai

Fin dalla sua fondazione, Liberthalia si è sempre interessata all’interpretazione delle dinamiche del “potere” in tutte le sue varianti, teoriche e pratiche, con particolare attenzione alle involuzioni oligarchiche della post-democrazia; denunciando l’incombenza di un nuovo “stato d’eccezione”, consacrato al “principio di necessità”, e ritornando più volte sulla tematiche in oggetto con singoli articoli e commenti dedicati. Per questo ci siamo concentrati spesso sulle forme e le degenerazioni del neo-elitismo, passando dai classici come Mosca-Michels-Pareto alle più moderne teorie del conflitto, nel tentativo di comprendere un fenomeno antico e quanto mai attuale nella sua pervasività, affidandoci spesso nelle risposte e nelle analisi al pensiero di Charles Wright Mills, che alla strutturazione delle elite nella società contemporanea dedicò gran parte della sua critica sociologica.
Superato ampiamente lo stato di incubazione embrionale, oggi la situazione italiana, paradigma sperimentale di una più ampia degenerazione globale, rappresenta il prodotto in fieri di un ritrovato consociativismo elitario, dove una ristretta oligarchia trasversale, e totalmente delegittimata, pensa di cambiare l’architettura costituzionale e le stesse istituzioni della rappresentanza democratica, per conformarle alle proprie esigenze, plasmarle secondo “necessità”, nella preservazione (e perpetuazione) di un assetto di potere e di controllo, funzionale alla sopravvivenza di un’oligarchia sempre più ristretta tra populismi mediatici e pulsioni autoritarie.
Attualmente, l’ultimo ostacolo ad una simile deriva è costituito dalla nostra Costituzione repubblicana, che non per niente è l’oggetto di un assalto inaudito e senza precedenti.
Per questo, in concomitanza con la Festa della Repubblica (ridotta oramai a semplice parata militare) riportiamo il manifesto di Libertà e Giustizia a salvaguardia della nostra Carta costituzionale, che condividiamo e sottoscriviamo in toto

Non è cosa vostra

NON È COSA VOSTRA
Altan Da anni, ormai, sotto la maschera della ricerca di efficienza si tenta di cambiare il senso della Costituzione: da strumento di democrazia a garanzia di oligarchie. Non dobbiamo perdere di vista questo, che è il punto essenziale. Non è in gioco solo una forma di governo che, per motivi tecnici, può piacere più di un’altra. L’uguaglianza, la giustizia sociale, la protezione dei deboli e di coloro che la crisi ha posto ai margini della società, la trasparenza del potere e la responsabilità dei governanti sono caratteri della democrazia, cioè del governo diffuso tra i molti. L’oligarchia è il regime della disuguaglianza, del privilegio, del potere nascosto e irresponsabile, cioè del governo concentrato tra i pochi che si difendono dal cambiamento, sempre gli stessi che si riproducono per connivenze e clientele. Parlando di oligarchie, non si deve pensare solo alla politica, ma al complesso d’interessi nazionali e internazionali, economico-finanziari e militari, che nella politica trovano la loro garanzia di perpetuità e i loro equilibri.
Ora, di fronte alle difficoltà di salvaguardare questi equilibri e alla volontà di rinnovamento che in molte recenti occasioni si è manifestata nella società italiana, è evidente la pulsione che si è impadronita di chi sta al vertice della politica: si vuole “razionalizzare” le istituzioni in senso oligarchico. Invece di aprirle alla democrazia, le si vuole chiudere o, almeno, congelare. L’incredibile decisione di confermare al suo posto il Presidente della Repubblica uscente è l’inequivoca rappresentazione d’un sistema di complicità che vuole sopravvivere senza cambiare. L’ancora più incredibile applauso, commosso e grato, che ha salutato quella rielezione – rielezione che a qualunque osservatore sarebbe dovuta apparire una disfatta – è la dimostrazione del sentimento di scampato pericolo. Ogni sistema di potere a rischio, o per incapacità di mediare le sue interne contraddizioni o per la pressione esterna da parte di chi ne è escluso, reagisce con l’istinto di sopravvivenza. Ma le riforme, in questo contesto, non possono essere altro che mosse ostili. Per questo, di fronte alla retorica riformista, noi diciamo: in queste condizioni, le vostre riforme non saranno che contro-riforme e il fossato che vi separa dalla democrazia si allargherà. Contro gli accordi che nascondono contro-riforme, noi, per parte nostra, useremo tutti gli strumenti per impedirle e chiediamo a coloro che siedono in Parlamento di prendere posizione con chiarezza e impegnativamente e di garantire comunque la possibilità per gli elettori di esprimersi con il referendum, se e quando fosse il momento.
Soprattutto, a chi si propone di cambiare la Costituzione si deve chiedere: qual è il mandato che vi autorizza? Il potere costituente non vi appartiene affatto. Siete stati eletti per stare sotto, non sopra la Costituzione. Se pretendete di stare sopra, mancate di legittimità, siete usurpatori. Se proprio non vogliamo usare parole grosse, diciamo che siete come la ranocchia che cerca di gonfiarsi per diventare bue. Non è la prima volta. E’ già accaduto. Ma ciò significa forse che ciò che è illegittimo sia perciò diventato legittimo?
Per questo, difenderemo la Costituzione come cosa di tutti e ci opporremo a coloro che la considerano cosa loro. La costituzione della democrazia è, per così dire, il vestito di tutta la società; non è l’armatura del potere di chi ne dispone. La mentalità dominante tra i tanti, finora velleitari, “costituenti” che si sono succeduti nel tempo nel nostro Paese, è stata questa: di fronte alle difficoltà incontrate e al discredito accumulato, invece di cambiare se stessi, mettere sotto accusa la Costituzione. La colpa è sua! Non sarà invece che la colpa è vostra o, meglio, della vostra concezione della politica e degli interessi che vi muovono?
Su un punto, poi, deve farsi chiarezza per evitare gli inganni. Chi vuol cambiare, normalmente, è un innovatore e le novità sono la linfa vitale della vita politica. Per questo, gli innovatori godono d’una posizione pregiudiziale di vantaggio. Ma, esiste anche un riformismo gattopardesco di segno contrario: si può voler cambiare le istituzioni per bloccare la vita politica e salvaguardare un sistema di potere in affanno. Allora, il movimentismo istituzionale equivale alla stasi politica. La stasi solo apparentemente è pace: è la quiete prima della tempesta.

Marco Biani 2005

Anche noi siamo per la pace; vediamo che il nostro Paese ha bisogno di pacificazione, pur se esitiamo a usare questa parola, corrotta ormai dall’abuso. Sappiamo però, anche, che la pace è esigente, molto esigente. Non può esistere senza condizioni. Dice la Saggezza Antica: “su tre cose si regge il mondo: la giustizia, la verità e la pace”. E commenta così: in realtà sono una cosa sola, perché la giustizia si appoggia sulla verità e alla giustizia e alla verità segue la pace. La pace è la conseguenza della verità e della giustizia. Altrimenti, pacificare significa solo zittire chi vuole verità e giustizia, per nascondere segreti, inganni e ingiustizie e continuare come prima. Non è questa la pace di cui il nostro Paese ha bisogno.
Non siamo né i velleitari né i giacobini che ci dipingono. Non crediamo affatto al regno perfetto della Verità e della Giustizia sulla terra. Sappiamo bene che la politica non si fa con i paternoster e temiamo i fanatici della virtù rigeneratrice. Ma da qui a tutto accettar tacendo, il passo è troppo lungo. Siamo disposti alla pacificazione, ma a condizione che, nelle forme e con i mezzi della democrazia, si abbia come fine la ricerca della verità e la promozione della giustizia. Altrimenti, pacificazione è parola al vento. La pacificazione non è un sentimento o una predica, ma è una politica. È, dunque, una cosa molto concreta, difficile e impegnativa, perché non significa stare tutti insieme in un patto di connivenza. Significa combattere le zone oscure del potere, le sue illegalità, i suoi privilegi e le sue immunità; significa operare per la giustizia in favore del riequilibrio delle posizioni sociali, della riduzione delle disuguaglianze, dei diritti dei più deboli, di coloro che la crisi economica ha ridotto allo stremo, spingendoli ai margini della società. Solo questa è pacificazione operosa e veritiera.
Si dice che le “riforme istituzionali e costituzionali” hanno questo scopo. Ma, noi temiamo che, dietro alcune riforme “neutre”, semplificatrici e razionalizzatrici (numero dei parlamentari, province, bicameralismo), ve ne siano altre, pronte a saltar fuori quando se ne presenti l’occasione propizia, le quali con la pacificazione non hanno a che vedere. Piuttosto, hanno a che vedere con ciò che si denomina “normalizzazione”.

La procedura.
Costituzione Esiste, nella Costituzione (art. 138) una procedura prevista per la sua “revisione”. Ma oggi se ne immagina un’altra, farraginosa e facente capo a un’assemblea, chiamata “convenzione”. Si sta cercando la via per una spallata per la quale le procedure ordinarie, per la volontà impotente delle forze politiche, non sono sufficienti? Già il nome induce al dubbio che di ben altro che di una “revisione” si tratti. Le “convenzioni costituzionali” (a iniziare da quella di Filadelfia del 1787) possono essere convocate con limitati compiti riformatori, ma poi prendono la mano e pretendono di essere “costituenti”, cioè di scrivere nuove costituzioni. Il fatto poi che qualcuno abbia fatto riferimento a una “Commissione dei 75”, come la “Commissione per la Costituzione” che elaborò ex novo la vigente Costituzione del 1947, non fa che rafforzare questa supposizione, confermata dal fatto che ritorna il linguaggio e la mentalità della “grande riforma”. Par di capire che si voglia la riscrittura ex novo dell’architettura della politica. L’odierna procedura – da quel poco che si capisce e dal molto che non si capisce – è un miscuglio in cui sono messi insieme parlamentari ed “esperti”, scelti dai partiti, presumibilmente in proporzione alle forze che compongono il Parlamento. Il prodotto dovrebbe passare per le commissioni “affari costituzionali” e giungere alle Camere, separate o riunite (presumibilmente per superare l’ostilità del Senato), per concludersi con l’approvazione, non senza una concessione alla democrazia del web. Il voto finale dovrebbe essere un “prendere o lasciare” (su tutto il “pacchetto” o sulle singole parti, non si sa), senza possibilità di emendamento. Poiché un tale procedimento è totalmente estraneo alla Costituzione vigente, le è anzi contrario, s’immagina che poi, con una legge costituzionale si ratificherà l’accaduto. Non è nemmeno il caso di commentare in dettaglio questo pasticcio annunciato: la legge costituzionale di ratifica ex post non è Giorgio Napolitanoessa stessa la confessione che quel che intanto si fa è fuori della Costituzione? I “garanti della Costituzione” non hanno nulla da eccepire? La convenzione nascerebbe come proiezione di un parlamento eletto con una legge elettorale che, col premio di maggioranza, altera profondamente la rappresentanza, ma non s’è sempre detto che le assemblee con compiti costituenti devono essere “proporzionali”? Gli “esperti”, scelti dai partiti, saranno dei “fidelizzati”? Il loro compito non si ridurrà alla “copertura” delle posizioni di chi li ha scelti con quello scopo? come si esprimeranno: con una voce sola, che fa tacere i dissidenti, o con più voci? Se le opinioni saranno diverse – come necessariamente dovrà essere se gli “esperti” saranno scelti senza preclusioni – che cosa aggiungerà il loro lavoro a un dibattito che, tra gli esperti, dura già da più di trent’anni? Se saranno chiamati a votare, cioè a scegliere, non avremmo allora dei tecnici chiamati a esprimersi politicamente? Infine, come potrebbero i parlamentari degnamente accettare l’umiliazione del voto bloccato “sì-no” sulle proposte della Convenzione? Questi arzigogoli contraddittorii non sono forse il segno della confusione in cui si caccia la volontà, quando è impotente?

Il presidenzialismo.
Repubblica italianaNel merito della riforma, ancora una volta, dietro le quinte s’affaccia la volontà di presidenzialismo: “semi” o intero. L’argomento sul quale, da ultimo, si basano i presidenzialisti, è il seguente: i tempi della presidenza Napolitano hanno visto una trasformazione “di fatto” dell’ordinamento, in questo senso. Non è allora naturale che si costituzionalizzi, regolandolo, quanto è già avvenuto? A questo riguardo, però, occorre distinguere. Una cosa è l’espansione dell’azione presidenziale utile a preservare le istituzioni parlamentari previste dalla Costituzione, nel momento della loro difficoltà, in vista del ritorno alla normalità. Altra cosa è l’azione che prelude a trasformazioni per instaurare una diversa normalità. Queste contraddicono l’obbligo di fedeltà alla Costituzione che c’è, obbligo contratto da chi fa parte delle istituzioni. Aut, aut. Non sono rispettosi dei doveri costituzionali presidenziali, e del Presidente medesimo, i sostenitori dell’avvenuta trasformazione della “costituzione materiale”. Il “garante della Costituzione” agisce per preservarla o per trasformarla?
Noi temiamo che il presidenzialismo, quali che siano le sue formulazioni e i “modelli” di riferimento, nel nostro Paese non sarebbe una semplice variante della democrazia. Si risolverebbe in una misura non democratica, ma oligarchica. Sarebbe, anzi, la costituzionalizzazione, il coronamento della degenerazione oligarchica della nostra democrazia. Sarebbe la risposta controriformista alla domanda di partecipazione politica che si manifesta nella nostra società al tempo presente. L’investitura d’un uomo solo al potere, portatore e garante d’una costellazione d’interessi costituiti, non è precisamente l’idea di democrazia partecipativa che sta scritta nella Costituzione, alla quale siamo fedeli.

Controlli.
Altan - Costituzione Il senso concreto del presidenzialismo che viene proposto in questa fase della nostra vita politica si chiarisce minacciosamente anche con riguardo ad altri due temi all’ordine del giorno dei riformatori costituzionali: l’autonomia della magistratura e la libertà dell’informazione. Ogni oligarchia ha bisogno di organizzare e gestire il potere in maniera nascosta, segreta. Ma la democrazia è il regime in cui il potere pubblico è esercitato in pubblico. La pubblicità delle opere dei governanti, è la condizione della loro responsabilità. Il potere non responsabile è autocratico, non democratico. Qual è il rimedio contro la chiusura del potere politico su se stesso? È la conoscenza veritiera dei fatti. E quali sono gli strumenti di tale conoscenza? Le indagini giudiziarie e le inchieste giornalistiche. Per nulla sorprendente è che chiunque si trovi ad esercitare un potere oligarchico sia ostile alla libertà delle une e delle altre, quando forse, invece, trovandosi all’opposizione, l’aveva difesa a spada tratta. Nulla di sorprendente: non sorprendente, ma certamente inquietante la concomitanza di proposte restrittive dell’azione giudiziaria e giornalistica con i progetti di riforma del sistema di governo. Chi ha a cuore la democrazia non può ragionare secondo la logica contingente della convenienza, ma deve difendere la libertà della pubblica opinione, indipendentemente dal fatto che questa libertà possa giovare o nuocere a questa o quella parte, a questi o quegli interessi.

La legge elettorale.
Urne al macero La riforma della legge vigente è riconosciuta come emergenza democratica, da tutti e non da oggi. Dopo che la Corte costituzionale, con l’improvvida sentenza che aveva dichiarato inammissibile il referendum che avrebbe ripristinato la legge precedente (soluzione realisticamente prospettata, fin dall’inizio, da Libertà e Giustizia), tutti dissero in coro: riforma elettorale, fatta subito con legge. Si è visto. Anche oggi si ripete la stessa cosa, ma con quali prospettive? Esiste una convergenza di vedute in Parlamento? È difficile crederlo e già emergono le resistenze. I due maggiori aspetti critici della legge attuale, dal punto di vista della democrazia, sono l’abnorme premio di maggioranza e le liste bloccate. Ma il premio di maggioranza farà gola ai due raggruppamenti maggiori che, sondaggi alla mano, possono sperare di avvalersene. Le liste bloccate (i parlamentari “nominati”) sono nell’interesse delle oligarchie di partito e degli stessi membri attuali del Parlamento, che possono contare sulla ricandidatura facile, tanto più in mancanza d’una legge sulla democrazia nei partiti, anch’essa sempre invocata (subito la legge!) quando scoppia qualche scandalo. Dal punto di vista della funzionalità o governabilità del sistema, occorrere poi eliminare il diverso metodo di attribuzione del premio di maggioranza nelle due Camere, ciò che ha determinato la vittoria di un partito nell’una, e la sua sconfitta nell’altra. Il ritorno al voto con questa incongruenza sarebbe come correre verso il disastro, verso il suicidio della politica. Ma anche a questo proposito, non si può essere affatto sicuri che calcoli interessati, questa volta non a vincere ma impedire ad altri di vincere, non abbiano alla fine la meglio. Il Capo dello Stato ha minacciato le sue dimissioni, ove a una riforma non si addivenga. Altri immaginano una riforma imposta dal Governo con decreto-legge. Sono ipotesi realistiche? Possiamo davvero immaginare che un Presidente della Repubblica, che porti le responsabilità inerenti alla sua carica, al momento decisivo sarebbe pronto a sottrarvisi, precipitando nel caos? Quanto al Governo, possiamo credere ch’esso possa agire facendo tacere al suo interno le divisioni esistenti tra le forze parlamentari che lo sostengono, le quali sarebbero comunque chiamate a convertire in legge il decreto (senza contare – ma chi presta più attenzione a questi dettagli? – che la decretazione d’urgenza è vietata in materia elettorale).

Truppe del Re

E allora? C’è da arrendersi a questa condizione crepuscolare della democrazia? Al contrario. C’è invece da convocare tutte le energie disponibili, dovunque esse si possano trovare, proprio come abbiamo cercato di fare con questa pubblica manifestazione. Per raccogliere in un impegno e in un movimento comune la difesa e la promozione della democrazia costituzionale che, per tanti segni, ci pare pericolare. Dobbiamo crescere fino a costituire una massa critica di cui non sia possibile non tenere conto, da parte di chi cerca il consenso e chiede il nostro voto per entrare nelle istituzioni. Per questo dobbiamo riuscire a spiegare ai molti che la questione democratica è fondamentale; che non possiamo rassegnarci. Essa riguarda non problemi di fredda ingegneria costituzionale da lasciare agli esperti, ma la possibilità, da tenere ben stretta nelle nostre mani, di lavorare e cercare insieme le risposte ai problemi della nostra vita. Domandare pace, lavoro, uguaglianza e giustizia sociale, diritti individuali e collettivi, cultura, ambiente, salute, legalità, verità e trasparenza del potere, significa porre una domanda di democrazia. Non che la democrazia assicuri, di per sé, tutto questo. Ma, almeno consente che non si perda di vista la libertà e la giustizia nella società e che non ci si consegni inermi alla prepotenza dei più forti.

  Gustavo Zagrebelsky
(18/05/2013)

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BITTER BIERCE

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Ambrose Bierce - portrait of J.H.E.Partington Cent’anni e portarli bene. Nel panorama stantio di un conformismo bigotto, tormentato da velleità neo-imperiali, filiazioni millenariste e paranoie securitarie, che sembrano condizionare il substrato profondo della società statunitense, ad un secolo dalla sua scomparsa, vale la pena ricordare un personaggio dalla penna corrosiva come Ambrose Bierce. Avventuriero, reduce di guerra, esploratore, giornalista, polemista, misantropo, provocatorio, sarcastico… Bierce attraversa come una saetta irrequieta tutta la seconda metà del XIX secolo, partecipando in qualità di osservatore attento (e non di rado come comprimario) ad alcune delle principali vicende della storia americana, che descrive spesso con ironia dissacratoria, o imprime in fulminanti racconti brevi (brevissimi), col gusto del paradosso ed una passione per gli aforismi tranchant.
È uno scrittore instancabile e prolifico, che reinterpreta i generi classici della letteratura ottocentesca per farli a pezzi e riassemblarli in maniera totalmente nuova e, per l’epoca, originalissima. Tra il 1892 ed il 1896 scrive e pubblica una novantina di racconti (ma la produzione complessiva supera i 250): sulla Guerra di Secessione, sul West e la frontiera, ma anche racconti fantastici e dell’orrore. Prima che vampiri romantici, zombie e licantropi, inflazionassero la letteratura contemporanea, ad andare per la maggiore erano le storie di fantasmi ed apparizioni spiritiche. Ma Bierce rivoluziona totalmente il genere e con racconti come The damned thing sembra anticipare Lovecraft e l’horror moderno. Per molti versi è uno sperimentatore di nuovi generi ed un innovatore letterario.
Spirito indomito, intimamente insofferente alle convenzioni, Ambrose Bierce nasce in una famiglia contadina dell’Ohio, intrisa di misticismo evangelico. Tra gli antenati materni c’è William Bradford: puritano fanatico e tra i primi “padri pellegrini” a sbarcare nel Nuovo Mondo. Lo zio Lucius Bierce, detto “il generale”, è un devoto congregazionista, fanaticamente anti-schiavista, e avvia il nipote alla carriera militare in nome della causa abolizionista ed in ossequio al volere di Dio.
Ce n’era abbastanza per far maturare nel giovane Ambrose, una profonda disillusione ed una certa ironia sulle cose di religione.
Dal suo ingresso (1857) nel Kentucky Military Institute ai campi di battaglia della Guerra Civile il passo è breve… Nel 1861, il diciannovenne Ambrose Bierce si arruola come volontario nel 9° Reggimento di Fanteria dell’Indiana, inquadrato nella 19^ Brigada dell’Ohio sotto il comando del generale William B. Hazen. Gli viene conferito il grado di sergente, ma poiché la Federazione è a corto di ufficiali di complemento, da spedire in prima linea, viene presto promosso sottotenente.
9th Indiana Infantry RegimentNel 1863 è già un veterano di guerra; entra nelle simpatie del generale Hazen che lo nomina tenente e lo aggrega al proprio comando di brigata. E, siccome prima della guerra il giovane Bierce ha avuto tempo di fare pratica come apprendista tipografo, viene impiegato come cartografo e ricognitore. Il tenente Bierce partecipa alle feroci campagne di guerra in Virginia e in Georgia; combatte nelle più sanguinose battaglie del conflitto (Shiloh sarà il suo punto di rottura), finché nei boschi di Kennesaw Mountain (23/07/1864) non si becca un proiettile in testa al quale incredibilmente sopravvive, portandosi i postumi della ferita per tutta la vita.
Kennesaw Mountain 1864 - battaglia nel boscoIl generale Hazen lo raccomanderà al presidente Lincoln per una promozione a “maggiore”.
L’esperienza militare e le carneficine della guerra di secessione immunizzeranno Bierce dai fumi del patriottismo e da ogni avventurismo nazionalista, al quale resterà sempre visceralmente ostile.
Nel 1866 si trasferisce a San Francisco e dopo un breve periodo come guardiano della Zecca, intraprende la sua carriera di scrittore e giornalista indipendente (con una libertà pressoché sconosciuta nelle redazioni attuali). Per curiosità del caso, la carriera giornalistica di Bierce comincia nel dicembre del 1868, quando assume la conduzione dell’inserto satirico (Il Banditore) del “San Francisco News and Commercial Advertiser”, piccolo settimanale finanziario della città californiana. Quindi, dopo varie collaborazioni, affinerà le sue punture più velenose dalle pagine del quotidiano “The Wasp” (la Vespa)…
In breve tempo Bierce si guadagna un’enorme fama come polemista di successo, per la sua satira feroce e senza compromessi, insieme all’ironia sottile dei suoi articoli. Al contempo, coltiva con successo la pessima reputazione che si è costruito attorno al suo carattere, alternando periodi di ribalta ad altri di profondo isolamento.
William Randolph HearstQuindi prosegue la carriera sulle testate del giovanissimo ed intraprendente William Randolph Hearst che all’epoca ha fama di progressista ed è uno degli editori più liberali degli Stati Uniti, prima di sterzare bruscamente a destra negli anni ’30 del XX secolo, diventando uno degli opinionisti di punta dell’Examiner.
La collaborazione con Hearst durerà fino al 1908, quando Bierce si ritira a vita privata per poi scomparire misteriosamente tra i gorghi della rivoluzione messicana.
Sostanzialmente disinteressato alla ricchezza, Bierce fu un individualista puro. I suoi veri insuccessi furono nella vita privata: tormentata dagli attacchi d’asma, un matrimonio fallimentare coi suoi volontari allontanamenti, e la perdita dei figli.
Nel ricordo del personaggio, vale la pena riportare l’ottimo ritratto che di Bierce ha tracciato Walter Catalano sulle pagine di “Carmilla”:

  “Ambrose Bierce, l’uomo più cattivo di San Francisco”
di Walter Catalano

Ambrose Bierce nel 1892 «Ambrose Gwinnett Bierce, ‘Bitter’ Bierce – l’amaro Bierce – il Lessicografo del Diavolo, il Cinico dei cinici, l’Uomo più cattivo di San Francisco, nasce il 24 giugno del 1842 a Horse Cave Creek nell’Ohio ultimo di dieci fratelli [in realtà i fratelli erano 13] tutti battezzati con nomi inizianti per a: Abigail, Amelia, Ann, Addison, Aurelius, Augustus, Almeda, Andrew, Albert, Ambrose [e Arthur e Adelia e Aurelia]. I genitori, Marcus Bierce e Laura Sherwood, sono membri di una comunità religiosa vicina ai fervori pentecostali e “shakers”: la First Congregational Church of Christ. Il più giovane della nidiata avrà presto abbondanti ragioni per disaffezionarsi sia della religione che della famiglia: “In un bel mattino di giugno del 1872 assassinai mio padre, cosa che, all’epoca, mi fece una certa impressione” – scriverà più tardi in un racconto del suo ‘The Parenticide Club’, ma, più che un metaforico omicidio, fu lo scoppio della Guerra Civile a separare per sempre il ventenne Ambrose dall’affollato focolare paterno: l’ex scolaro, dotato ma solitario e un po’ ribelle, coglie al balzo l’occasione di fuga ed è il secondo uomo della sua contea ad arruolarsi nelle forze dell’Unione (nel Ninth Indiana Infantry).

Soldiers of 9th Indiana Infantry Rgt

Dalla padella nella brace: combatterà eroicamente nelle più sanguinose battaglie del conflitto (Shiloh, Chickamauga, Pickett’s Mill e molte altre) e si guadagnerà sul campo il grado di Tenente (nel dopoguerra sarà promosso onorificamente a Maggiore, saltando, probabilmente per un errore, il grado di Capitano) e una ferita alla testa che quasi lo ucciderà. L’esperienza lo vaccina anche contro il patriottismo: vari anni più tardi nella sua intensa rievocazione ‘What I Saw of Shiloh’, scriverà, dopo una minuziosa descrizione dei corpi macellati dei caduti di entrambi gli eserciti sul campo di battaglia: “Hanno combattuto: non posso catalogare tutte le seduzioni di questi galanti gentiluomini che hanno trovato quello che cercavano quando si sono arruolati!”; lo stesso sentimento gli detterà il suo racconto forse più giustamente celebrato : ‘Chickamauga’, irriconosciuta fonte d’ispirazione del classico ‘The Red Badge of Courage’ di Stephen Crane.

Confederati dell'Arkansas a Shiloh - Wallcate.com - Don Troiani-Paintings

Negli anni immediatamente seguenti al conflitto si imbarca in una serie di avventure western degne di un film di Clint Eastwood: prima come Agente del Tesoro yankee in Alabama a controllare furti e ammanchi sulla requisizione delle tonnellate di balle di cotone sottratte ai Confederati sconfitti: ma è un funzionario troppo onesto per resistere a lungo in quel William Babcock Hazen - Brady-Handyruolo; poi sempre più a ovest, seguendo il suo ex comandante William Hazen come topografo (mansione che aveva svolto anche durante la guerra) e ispettore dei fortini militari del Mountain District in Utah, Montana e Wyoming, fra indiani sioux, irregolari confederati passati al crimine comune, bounty killers dalla pistola troppo facile e Mormoni perseguitati che ricorderà con una simpatia insolita per un preteso nihilista come lui: “Non ho convinzioni religiose. Non mi importa un accidente dei Mormoni, ma mi importa molto della verità, della ragione e della correttezza e sono indignato dalle stupide falsità e ingiustizie che questa gente inerme ha dovuto soffrire per mano di canaglie brutali e indegne”. Gli viene offerto di prolungare onorevolmente il fermo come ufficiale ma Bierce risponde alla commissione in modo non troppo dissimile dal melvilliano Bartleby: “Con rispetto declino l’invito”.

Porto di San Francisco

Nel 1867, dopo quasi un decennio di vagabondaggi e di guerra, Ambrose si ritrova a San Francisco in bolletta e senza lavoro: quasi per disperazione intraprende la carriera giornalistica sul San Francisco News Letter, dove si occupa all’inizio soprattutto di cronaca nera e – come aveva fatto nel caso dei Mormoni – difende coraggiosamente le minoranze, quella irlandese e soprattutto quella cinese, dagli oltraggi razzisti: “Il cadavere di una donna cinese è stato ritrovato martedì mattina riverso sul marciapiede in una posizione assai scomoda, le cause della morte non possono essere accertate con sicurezza, ma poiché aveva la testa spaccata i dottori pensano sia deceduta per un attacco di cristianesimo galoppante del tipo maligno della California”. Il suo cinismo, il suo humour nero e il suo piglio ferocemente anticlericale e provocatoriamente anticonformista diventano nel giro di poco proverbiali e fanno di lui una delle firme più quotate e temute in città: viene ricambiato con soprannomi poco affettuosi come La Canaglia dai capelli di stoppa, il Diabolico Bierce, il Diavolo che ride, e – il suo preferito – l’Uomo più perfido di San Francisco.
Ambrose Bierce - Lt RedmanIn realtà il Bierce sulla trentina è un uomo molto attraente, alto e muscoloso, lunghi capelli biondo sabbia e profondi occhi azzurri, baffoni spioventi su un incarnato rosa quasi femmineo; sempre elegantemente abbigliato e – è un fanatico dell’igiene personale – scrupolosamente pulito e rasato: le signore lo assediano e gli chiedono ritratti ma lui concede poco ai sentimenti e alle romanticherie e si arrocca in una ritrosia misogina forse più ostentata che reale. Nel 1871 compare la sua prima opera di fiction, ‘The Haunted Valley’, pubblicata sul numero di luglio dell’Overland Monthly: una storia piuttosto classica in cui un inesperto pivello viene a contatto con il mondo colorito e pericoloso degli uomini di frontiera e impara qualcosa sulla vita reale all’ovest: sommessamente però la storia suggerisce il tema dell’omosessualità (o la paura dell’omosessualità) e dell’ambiguità sessuale: un argomento che doveva in quegli anni affascinare o ossessionare il Bierce dall’eleganza sartoriale e dalla bellezza efebica, se è vero l’incidente raccontato dal suo editore Walter Neale che vuole lo scrittore abbia estratto la pistola e minacciato di sparare ad un tipo che aveva messo in dubbio la sua virilità. A scongiurare ogni dubbio, comunque, Bierce, dopo un fidanzamento abbastanza tradizionale, si sposa nel 1871 con Mary Ellen “Mollie” Day: una bruna bellezza locale figlia di un facoltoso ingegnere minerario. I maligni (l’amico Adolphe Danziger) mormorano che “lui non era così follemente innamorato di lei, quanto lei di lui”: improbabile aspettarsi illusioni romantiche in chi scriverà qualche anno dopo sul ‘Devil’s Dictionary’: “AMORE: follia temporanea curabile con il matrimonio” e “MATRIMONIO: stato o condizione di una comunità di due persone composta da un padrone, una padrona e due schiavi”. Il lungo viaggio di nozze lo porta a Londra, dove entrerà in contatto con l’ambiente letterario britannico, tornandovi a vivere e a lavorare in più occasioni anche per vari anni di seguito e dove nacquero due dei suoi tre figli (dei quali solo la femmina, Helen, gli sopravviverà: il primo, Day, omicida e suicida a sedici anni per motivi sentimentali; il secondo, Leigh, morto di polmonite, contratta dopo una colossale sbronza, a ventisei). Il ritorno a San Francisco nel periodo caldo degli scioperi e dei forti contrasti sociali, fra gli anni ’70 e gli ’80, vede Bierce, dalle pagine di The Argonaut, su posizioni politiche talvolta ambigue: denuncia la corruzione del sistema ma non crede in soluzioni politiche o rivoluzionarie ai problemi; critica il suffragio universale come “la tirannia dell’opinione pubblica” e “…l’opinione pubblica essendo l’opinione dei mediocri è di solito un errore e un inganno: il risultato è che i mestatori traggono vantaggio dal confermare le masse decerebrate nei loro rozzi pregiudizi, nell’ingozzare la loro onnivora vanità e nell’attizzare i loro implacabili odi razziali e nazionalistici. Pochi anni dopo sulle pagine del periodico democratico The Wasp si lancia nella campagna contro i magnati della Central Pacific Railroad Company e li attacca con ammirevole coraggio “Crediamo che questi uomini siano dei nemici pubblici e dei criminali impuniti, che le loro fortune, illegalmente acquisite, siano colpevolmente impiegate e disonestamente trasmesse”: per sua inspiegabile fortuna non viene mai minacciato o silenziato; una puntura di vespa non poteva scalfire il potere dei Big Four del capitalismo ferroviario.

Operai cinesi alla costruzione delle ferrovie

E proprio su The Wasp, Bierce inizia a pubblicare ‘The Devil’s Dictionary’, una colonna di corrosive e sarcastiche definizioni di parole comuni: la raccolta finale, diversi anni più tardi, diventerà uno dei suoi libri più famosi, rivolto – scriverà l’autore – “a quelle anime illuminate che preferiscono i vini secchi a quelli dolci, il senso al sentimento e la satira (wit) all’umorismo (humor)”. E proprio questa distinzione fra wit e humor sarà oggetto di un suo saggio (‘Wit and Humor’) e di una lunga schermaglia con il collega e amico/nemico Mark Twain: satira maligna contro bonario umorismo, “l’humor è tollerante, tenero, fatto di ridicole carezze; la satira (wit) invece pugnala, chiede scusa e rigira il pugnale nella ferita”. Una concezione che ha più a che fare con i poètes maudits alla Baudelaire e con il successivo humour noir surrealista che con Twain e l’umorismo anglosassone: in realtà, come, gli rinfaccia quest’ultimo, le definizioni del Dizionario del Diavolo non sono “buffe” ma mortalmente serie, la risata che inducono è più un ghigno, specchio di un cuore (di pietra) in pezzi. Qualche esempio: Nascita: il primo e il peggiore di tutti i disastri; Adolescenza: periodo della vita umana intermedio fra l’idiozia dell’infanzia e la stupidità della gioventù; Sfortuna: il genere di fortuna che non manca mai; Giorno: periodo di ventiquattro ore, in gran parte sprecate; Novembre: l’undicesima delle dodici parti di una stanchezza; Anno: periodo di 365 delusioni; Una volta: abbastanza; Due volte: una volta di troppo; Solo: in cattiva compagnia.
Nel 1887 lo scrittore si separa da The Wasp e poco dopo anche dalla moglie e si ritira in una piccola casa di campagna ad Oakland, vicino a dove vive il fratello Albert. Un pomeriggio un giovane di poco più di vent’anni “la cui intera personalità suggeriva estrema diffidenza” – scriverà Bierce in seguito rievocando l’episodio – bussa alla sua porta; Ambrose lo riceve e lo invita a riferirgli i motivi della sua visita: “Sono dell’ Examiner di San Francisco.” – risponde il giovane. “Ah – bofonchia Bierce – venite da parte del Signor Hearst”. Il ragazzo solleva innocentemente gli occhi blu e risponde: “Io sono il Signor Hearst”. Da quel momento, per i successivi vent’anni, il sodalizio fra lo scrittore e il magnate della stampa ispiratore del Citizen Kane di Orson Welles, sarà infrangibile: Bierce diventerà una delle penne più influenti dell’Examiner – al salario iniziale di cento dollari a settimana per una colonna di testo, più gli extra per i numerosi racconti pubblicati – e scriverà (prima a San Francisco e poi come inviato a Washington) sempre senza ingerenze, sostenendo spesso opinioni assai meno progressiste di quelle di Hearst, che – a differenza di Bierce – mantenne, durante le lotte sociali degli anni ’90, posizioni sempre favorevoli agli scioperanti. Proprio sulle pagine dell’Examiner, Bierce pubblicherà fra il marzo del 1888 (‘One of the Missing’) e il dicembre 1891 (‘The Death of Halpin Frayser’) una lunga serie di racconti che traevano ispirazione dall’esperienza – rimossa per due decenni – della Guerra Civile: racconti che saranno raccolti nel 1892 sotto il titolo di ‘Tales of Soldiers and Civilians’ (noto anche con il titolo dell’edizione britannica: ‘In the Midst of Life’). In queste storie due aspetti principali si alternano e si intrecciano: il realismo delirante della guerra e il fascino dell’inesplicabile e del sovrannaturale: su un lato Guy de Maupassant a monte e Ernest Hemingway a valle; sull’altro Edgar Poe e gli autori dell’orrore quotidiano che da Richard Matheson arrivano a Stephen King.
Le due tematiche sono tenute insieme da una sola pulsione: la paura (e, come sarà per Hemingway, la paura di avere paura). Le grandi storie sulla Guerra Civile: ‘Chickamauga’ (un bambino perduto in un bosco è l’inconsapevole testimone di un incomprensibile e sanguinoso gioco: quando torna a casa la trova distrutta, la famiglia sterminata.

1863 - Confederati alla battaglia di Chickamauga - Illustrazione D.Troiani

La battaglia di Chickamauga è ormai finita: il bimbo non si è reso conto di niente perché – come il lettore scopre solo alla fine – è sordomuto), ‘Killed at Resaca’ (un ufficiale si sacrifica in battaglia per redimere il suo onore tradito da un’amante infedele), ‘A Son of the Gods’ (un innominato giovane ufficiale su un bianco cavallo corre da solo incontro al nemico facendosi sparare addosso per rivelarne la presenza ai compagni), ‘The Story of a Coscience’ (un capitano unionista si suicida dopo essere stato costretto a fucilare una spia sudista che gli aveva precedentemente salvato la vita), ‘A Horseman in the Sky’, ‘An Affair of Outposts’, ‘One Kind of Officer’, ‘One of the Missing’; le raccapriccianti storie del sovrannaturale: ‘A Watcher by the Dead’, ‘The Man and the Snake’, ‘The Eyes of the Panther’, ‘The Suitable Surroundings’; e la combinazione dei due generi, il suo capolavoro del 1890, ‘An Occurrence at Owl Creek Bridge’. Il racconto è probabilmente uno dei più giustamente famosi e antologizzati di tutta la letteratura americana: un civile filo-confederato di nome Peyton Farquhar sta per essere impiccato ad un pilone della ferrovia sul ponte di Owl Creek sotto l’accusa di tentato sabotaggio. Mentre attende l’esecuzione, in flashback ricorda la sua condizione di agiato proprietario di una piantagione – probabilmente esentato dal servizio attivo per la “Twenty Negro Law”, una disposizione confederata che evitava l’arruolamento ai padroni di più di venti schiavi – : è stato indotto da una spia unionista a tentare di bruciare il ponte (la sua visione idealizzata e irrealistica della guerra, da “imboscato” che vuole riscattarsi, lo rendono facile preda dell’agente provocatore). L’impiccagione ha luogo ma la corda al primo strappo si spezza e il condannato sprofonda nel fiume, riesce a liberarsi dai legami e riemerge sotto i colpi di fucile nemici lasciandosi portare alla deriva dalla corrente. Guadagnata la riva, fa perdere le sue tracce nella foresta e ritrova la via di casa: sulla veranda la moglie lo aspetta a braccia aperte. Nel momento in cui sta per ricambiare l’abbraccio: “sente un forte strappo sul retro del collo; una bianca luce accecante esplode intorno a lui con un suono come un colpo di cannone: poi tutto è tenebra e silenzio”. La storia si conclude con una delle frasi più ricordate della narrativa ottocentesca statunitense: “Peyton Farquhar era morto; il suo cadavere, con il collo spezzato, penzolava dolcemente da un lato all’altro fra i piloni del ponte di Qwl Creek”. La fuga era stata solo l’allucinazione prodotta dai pochi minuti di ossigeno residuo nel cervello mentre la corda lo strangolava. Non sappiamo se Farquhar corrispondesse a una figura reale nei ricordi di Bierce, ma altri particolari del racconto lo sono certamente: il ponte di Owl Creek, nei dintorni del campo di battaglia di Shiloh, dove il suo reggimento svolgeva servizio di guardia ferroviaria per l’Alabama settentrionale nell’esatto periodo in cui è ambientata la storia; le sue testimonianze sulle impiccagioni come soldato e come cronista di nera: l’abbondanza di particolari realistici accresce il peso dell’evento irreale che sta al centro del testo e lo rende credibile. Un critico dell’epoca Arthur McEwen rimproverò l’amico Bierce a proposito dei suoi racconti: “Non hai, in tutto ciò che scrivi, la minima traccia di quel che si chiama simpatia: la bella fanciulla non arriva mai” – “Che se ne vada al diavolo la bella fanciulla!” – rispose Bierce.
CSA - Guardia nazionale dell'Alabama Un anno più tardi, nel 1893, venne pubblicata un’altra raccolta: ‘Can Such Things Be?’, ancora più orientata verso l’orripilante e il sovrannaturale, che include fra i racconti più memorabili: ‘The Death of Halpin Frayser’, ‘Moxon’s Master’ (un’anticipazione delle creature artificiali della fantascienza), ‘A Jug of Sirup’, ‘The Realm of the Unreal’, ‘The Moonlit Road’, ‘The Middle Toe of the Right Foot’, ‘The Damned Thing’ (in cui si evoca la presenza indescrivibile di un mostro invisibile). Bierce fu poi coinvolto dall’amico e allievo Adolph Danziger in una collaborazione letteraria che portò in seguito ad una vertenza fra i due autori sulla spartizione dei diritti: ‘The Monk and the Hangman’s Daughter’, un racconto gotico che Danziger aveva tradotto dall’originale tedesco ‘Der Monch von Berchtesgaden’ di Richard Voss e che era stato pubblicato a puntate sull’Examiner. Questo melodramma religioso-sessuale piuttosto melenso è del tutto fuori dalle corde di Bierce: un frate francescano di nome Ambrosius (!) si innamora segretamente di Benedicta, la bella figlia del boia, e dopo tormentate (e noiose) lotte interiori, la uccide per sottrarla alle lussuriose attenzioni del nobile corteggiatore della giovane, Rochus; l’amara rivelazione finale svela che la ragazza era in realtà la sorellastra di Rochus e che nutriva una segreta e proibita passione per Ambrosius. Direbbe Oscar Wilde: si uccide sempre chi si ama! Perché Bierce abbia acconsentito a mettere il suo nome in quest’opera bislacca resta un mistero: si trattò forse di un atto di amicizia verso Danziger che lo corteggiava e lo adulava chiamandolo “der master”. Fu stampata un’edizione in volume del romanzo breve ma i due autori non ne ricevettero mai un soldo e passarono due anni a litigare sulle responsabilità e i danni: alla fine Bierce ruppe un bastone da passeggio in testa a Danziger, lasciando i pezzi sulla scrivania dell’ex pupillo per ricordargli – disse – “la natura dell’amicizia”.

Guerra ispano-americana (1898) - I marines invadono Cuba

1898. Guerra ispano-americana – i marines invadono Cuba

Nel 1898 lo scrittore entrò apertamente in conflitto anche col suo boss Hearst a proposito della guerra ispano-americana: Hearst propagandava la guerra e l’indipendenza di Cuba dalla Spagna furoreggiando dai suoi giornali sulle immaginarie atrocità perpetrate dagli spagnoli ai danni degli indipendentisti cubani; Bierce scriveva, sugli stessi giornali: “Il patriottismo è aspro come la febbre, spietato come la tomba, cieco come una pietra e irrazionale come una gallina decapitata”. Con la consueta lucidità smascherava i pretesti umanitari statunitensi che coprivano Soldati spagnoli a Cubal’espansionismo nazionalista: “Siamo in guerra con la Spagna oggi solo in obbedienza ad un’istanza che si è andata rafforzando fin dall’inizio della nostra esistenza come nazione: la passione espansionistica, sollevata una volta, infuria come un leone; le conquiste successive non fanno che rafforzarla. E’ solo questa la febbre che sta bruciando nel sangue americano”. Con evidente contraddizione, c’è però anche una forte componente razzista nelle sue simpatie: gli spagnoli sono bianchi, mentre i ribelli cubani “in gran parte negri o negroidi, ignoranti, superstiziosi e brutali”. Sul proseguimento della guerra nelle Filippine – una spietata guerriglia in stile Vietnam con tanto di torture e villaggi bruciati che “pacificò” le isole al costo di 220.000 vite tra i filippini e 4.200 tra gli americani – Bierce commentò: “Ecco un’altra dimostrazione di quanto la moralità di una nazione sia pari a quella di un ladro o di un pirata. D’altra parte non avevamo promesso giustizia nel Pacifico: solo nei Caraibi…”.

gen. M.J.Shafter comandante del corpo di spedizione USA a Cuba

Il generale M.J.Shafter, comandante del corpo di spedizione statunitense a Cuba, mentre avanza a dorso di mulo.

Nonostante le aspre schermaglie però, la collaborazione con Hearst continuò anche dopo il volgere del secolo, quando Bierce passò dai quotidiani al mensile Cosmopolitan: in quegli anni vennero anche pubblicate in dodici volumi le ‘Opere Complete di Ambrose Bierce’ – che comprendevano: The Devil’s Dictionary (con il titolo modificato in The Cynic’s Word Book), Tales of Soldiers and Civilians (anche questo col titolo inglese In the Midst of Life), Can Such Things Be?, The Monk and the Hangman’s Daughter, la collezione di Fantastic Fables in stile Esopo che aveva scritto per i britannici Fun e Tom Hood’s Magazine, e tutta la sua occasionale (e decisamente non memorabile) poesia. L’accoglienza critica fu devastante, le vendite anche: l’editore Neale ci rimise 7.500 dollari e lo stesso Bierce 2000. Nella primavera del 1910 lo scrittore torna finalmente in California dopo dodici anni di assenza, in tempo per constatare gli effetti del terribile terremoto che aveva colpito San Francisco: “La mia San Francisco è morta e non ne avrò mai più un’altra” – dichiara. In quei giorni incontra Jack London: gli porge le sue condoglianze per la recente perdita del primo nato (avendo lui stesso perso due figli sa cosa vuol dire), London si commuove, simpatizzano, litigano sulla politica (Jack è un fervente socialista, Ambrose tutt’altro), si scambiano aneddoti su Hearst (per cui London ha coperto la guerra Russo-Giapponese), scolano bottiglie di cognac Three Star Martell, una dietro l’altra, finché Bierce non stramazza addormentato. L’incontro con London è l’unico episodio piacevole del suo ritorno in California: Bierce si sente sempre più isolato, deluso per i pessimi esiti dei suoi Collected Works, colpevole per la sua famiglia perduta (dopo i figli maschi anche la moglie – dalla quale era separato senza aver mai voluto divorziare – è scomparsa nel 1905. Helen la figlia femmina – che aveva vissuto sempre con la madre – lo tiene a distanza), assalito da sempre più frequenti e gravi attacchi d’asma: comincia a sentirsi non troppo dissimile dai fantasmi che tante volte ha evocato sulla pagina ed è ormai pronto per l’ultima avventura. “Questa rivoluzione in Messico mi interessa: voglio scendere giù a vedere se i messicani sparano bene” – dice agli amici e colleghi di Washington prima di lasciare per sempre la città.
I Want you Gringo! - Manifesto per il reclutamento di volontari americani in Messico (1915) Alla fine del 1913 un viaggio in Messico nel pieno della Rivoluzione non è uno scherzo nemmeno per un uomo giovane e in buona salute e Bierce, a 71 anni suonati e minato dall’asma, ne è fin troppo consapevole: ”Vorrei arrivare in Sud America, passando per il Messico, sempre se non finisco contro un muro fucilato come gringo. Molto meglio che morire nel proprio letto!” – questo è il tono delle ultime lettere scritte ad amici e parenti – “Addio. Se ti dicono che sono finito contro un muro messicano e fucilato, sappi che lo considero un ottimo modo di lasciare questa vita: evita la vecchiaia, la malattia, la possibilità di rompersi il collo ruzzolando giù per le scale della cantina. Essere un gringo in Messico: questa sì che è davvero eutanasia!”. In realtà nella lotta che opponeva le forze federali del presidente Victoriano Huerta a quelle ribelli dei comandanti Venustiano Carranza, Emiliano Zapata e Francisco “Pancho” Villa, la vita di uno statunitense sarebbe stata scrupolosamente protetta: nessuno dei due opponenti voleva rischiare un intervento degli USA in appoggio alla forza contraria a quella che avesse arrecato oltraggio a un cittadino americano. Bierce stava solo alimentando il suo mito: un anziano Don Chisciotte, stanco delle brutture di Washington si lancia con un ultimo impeto nel gorgo della rivoluzione. Lasciata la Capitale, nel suo itinerario verso sud, ripercorre, in una sorta di pellegrinaggio finale, tutti i luoghi della Guerra Civile che lo hanno visto tra i protagonisti: passa da Chattanooga, visita Chickamauga, Snodgrass Hill, Murfreesboro – dove durante la battaglia di Stones River, aveva coraggiosamente sfidato il fuoco nemico per salvare un suo compagno: il Tenente Braden – si ferma una settimana a Shiloh e siede malinconico fra le tombe del cimitero di guerra, si imbarca sul Mississippi, arriva a New Orleans dove un reporter lo intervista per una testata locale: “Sono sulla via del Messico – dice – perché mi piace il gioco, mi piacciono le lotte: voglio vedere. Poi non credo che gli americani siano così oppressi laggiù, come si dice: voglio rendermi conto dei fatti. (…) Voglio viaggiare in diagonale, da nordest a sudovest, a cavallo e poi prendere una nave per il Sud America, vedere la Ande, attraversare il continente e, se possibile, tornare indietro. Non ho una famiglia di cui occuparmi, mi sono ritirato dalla scrittura: mi prendo una pausa”.

Chattanooga dopo la battaglia

Il 5 Novembre arriva a San Antonio, visita Alamo, dove gli ufficiali del Terzo Cavalleria lo trattano come un ambasciatore straniero e per poco non sfilano in parata in suo onore. Il 6 Novembre, l’ultima lettera (alla nipote Lora Bierce) da Laredo : “Non resterò qui abbastanza a lungo per poter aspettare tue notizie e non so quale sarà la prossima tappa. Dubito abbia molta importanza. Adios”.
Da quel momento si perde di lui qualunque traccia. Fin troppe invece le congetture e le ipotesi più fantasiose susseguitesi negli anni, tutte assolutamente prive di qualsiasi prova oggettiva: qualcuno lo vuole caduto nella carica di Ojinaga, altri fucilato a Chihuahua, altri ancora fatto assassinare a tradimento da Villa dopo un litigio a Guadalajara, altri, come Charles Fort, addirittura “rapito da un collezionista di Ambrogi”. Più probabilmente e meno romanticamente Bierce non raggiunse mai il Messico: secondo la testimonianza (anche questa non suffragata da prove) del suo editore Neale, in qualche grotta sperduta del Grand Canyon, in perfetta solitudine, usando probabilmente la pistola tedesca che mostrava sempre con orgoglio agli amici, l’Amaro Bierce si fece saltare le cervella. Come aveva predetto in una lettera, le sue ossa non sono mai state ritrovate.»

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The Walking Dead

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The viking funeral“Arrendetevi! Siete circondati dal popolo italiano. Uscite con le mani alzate. Nessuno vi toccherà. Il vostro tempo è finito, non abusate della fortuna che vi ha assistito finora. Di voi, ormai, nelle piazze, tra la gente, si parla al passato, come di persone estinte. Quando apparite in televisione scatta l’insulto che equivale al vilipendio di cadavere. Quello che stupisce è la vostra folle ostinazione a non farvi da parte come se foste investiti da una missione divina. C’è in ciò qualcosa di patologico, che richiede l’intervento di uno psichiatra, ma anche di triste, come la recita di un vecchio senza voce e malfermo sulle gambe nella parte dell’attor giovane….
Nessuno, tra coloro che vi è vicino, ha il coraggio di dirvi che è finita, che è finita male, e che voi, da qualunque punto si voglia considerare: economico, sociale, politico, amministrativo, siete dei falliti.”

  Beppe Grillo (Fallito)
  (19/02/2013)

Dall’alto dell’eccezionale risultato alle elezioni amministrative, con lo straordinario plebiscito nella sua roccaforte siciliana (5% ad essere ottimisti), è ormai ufficiale…
Beppe Grillo ed il suo moVimento (masturbatorio), politicamente, SONO MORTI.

† R.I.P. †

Dopo tre mesi di degradante agonia consumati nella più totale paralisi, tra riflussi biliari, encopresi e fecalomi; logorato da stati allucinatori persistenti, insieme a disturbi deliranti aggravati da manifestazioni ossessivo-compulsive (sindrome di onnipotenza, accompagnata da manie di persecuzione e coprolalia incontrollata); si è prematuramente esaurito il M5S ed il suo capo politico Beppe Grillo.
Beppe Grillo - il morto che parlaNe danno il lietissimo annuncio, il Viminale, la Rete, i Media, gli Elettori, e gli Italiani tutti.

I funerali avranno luogo nel portale della Casaleggio Associati. Le esequie, rigorosamente in streaming, verranno officiate dallo ‘Staff’.

 

P.S.  Per una volta, senza falsi pudori, in una Roma liberata, permetteteci di riservare la nostra esultanza più grande, insieme alla scomparsa dei nazisti della Lega ed alla debacle del Pornonano coi suoi papimiminkia, al tardivo seppellimento di Gianni Alemanno finalmente risucchiato negli scoli della fogna nera che l’aveva improvvidamente vomitato fuori col peggior clientelismo affaristico di stampo neo-fascista.
Durerà poco, ma intanto ci assaporiamo il trionfo del momento.

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Il seme della follia

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Grosso guaio a Chinatown

E se la follia fosse il tratto prevalente di un mondo impazzito, dominato da una leadership di potenziali psicopatici?
L’interrogativo, tutt’altro che peregrino, costituisce in ambito accademico un’ipotesi di studio sulla quale, da oltre mezzo secolo, si concentrano le ricerche di un nutrito pugno di studiosi intenzionati a stabilire una relazione con il fenomeno e le sue conseguenze su scala sociale.
American PsychoForse per abbondanza di materiale umano a disposizione, il tema è uno di quelli che affascina da sempre i ricercatori d’Oltreoceano, nell’individuazione di comportamenti psicotici opportunamente celati dietro quella che lo psichiatra Hervey Milton Cleckley (un pioniere della materia) chiamava The Mask of Sanity (1941).
Basandosi sugli studi di H.M.Cleckley sulla psicopatia, il canadese Robert D. Hare, professore emerito alla University of British Columbia, elabora il PCL-R (Psychopathy Check List Revised): manuale psico-diagnostico, particolarmente utilizzato nell’ambito forense canadese, per valutazioni cliniche di soggetti psicopatici coinvolti in crimini violenti. Il manuale riporta una ventina di aspetti riscontrabili nell’identificazione della persona psicotica e li ripartisce in due modelli di riferimento prevalenti: nel primo “fattore” sono riconducibili gli elementi tipici del disturbo istrionico e narcisistico della personalità; nel secondo “fattore” vengono ricompresi invece gli aspetti più propriamente collegabili ad un anti-sociale dai comportamenti esplicitamente devianti.
Tuttavia, la notorietà di Hare presso il grande pubblico è legata soprattutto alla pubblicazione di Snakes in Suits: When Psychopaths Go to Work (2006), in collaborazione con lo psicologo newyorkese Paul Babiak. Prendendo in analisi i comportamenti individuali di dirigenti aziendali e broker di borsa, Hare e Babiak arrivano alla conclusione che la maggior parte dei manager e dei team-leader sono a tutti gli effetti degli psicopatici travestiti. Secondo le parole di R.D.Hare, sono degli esperti manipolatori “completamente privi di scrupolo e di empatia, egoisticamente prendono ciò che vogliono e fanno come vogliono, violando le norme sociali e le speranze, senza il benché minimo senso di colpa o pentimento“, arrivando a stimare in due milioni il loro numero negli USA e che solo un’infanzia appagante e sostanzialmente felice non avrebbe trasformato in serial killers.
DexterPerfettamente mimetizzati negli ambienti di riferimento, sono degli psicopatici di successo. Per Paul Babiak: «Più acuta è la psicopatia, più ragionevoli e carismatici possono risultare i discorsi e i comportamenti. E quanto più lo psicopatico è in grado di immedesimarsi con te, intellettualmente, captando i tuoi pensieri, capendo il linguaggio del tuo corpo, tanto più è in grado di manipolarti a parole. E con successo. Senza minimamente considerare i tuoi sentimenti, poiché privo di coscienza».
Se si prendono in considerazione i comportamenti delle locuste di Wall Street e degli speculatori finanziari, le pratiche predatorie messe in atto dalle multinazionali nei Paesi emergenti, la follia rigorista dei tecnoburocrati che sta mettendo in ginocchio l’Europa, ed il trattamento ben oltre i limiti del sadismo riservato al popolo greco, c’è da chiedersi se le valutazioni di Hare e Babiak siano non solo esatte ma persino ottimistiche.
E questo ci introduce alla figura del cosiddetto “leader psicopatico”, le cui capacità seduttive hanno una valenza superiore alle normali interazioni personali, esplicandosi in tutta la loro pervasività anche nella sfera politica e nelle relazioni sociali di più ampia portata, tramite i meccanismi della fascinazione collettiva e della mistificazione manipolatoria.
In the mouth of madnessAlla base dello psicopatico di successo, e in carriera, c’è dunque il “carisma”, funzionale all’onnipotenza seduttiva del proprio ego, elevato a termine di riferimento supremo, nella propria presunzione di onnipotenza. Lo psicopatico non interpreta la realtà; la controlla e la plasma in funzione del microcosmo auto-referenziale, creato su misura delle proprie aspettative e delle proprie pulsioni. La sua azione solitamente si esplica nel controllo constante della propria realtà autoprodotta, attraverso una narrazione metastorica, e nella sua capacità di intercettare, sedurre, e manipolare, i bisogni altrui a proprio vantaggio, intercettando le personalità più deboli e stabilendo un rapporto di dipendenza.

Wall StreetIl Capo psicopatico.
Apocalypse NowChe si tratti di una setta religiosa o di un movimento politico, il leader psicopatico tende ad esercitare la sua personale dittatura, secondo un copione comportamentale collaudato.
La coesione interna del gruppo, monopolizzato dalla figura carismatica del capo, si misura in termini di appartenenza esclusiva, di contaminazione e repulsione, che spesso si esplica in tre momenti cogenti e strettamente correlati, secondo una matrice pseudo-religiosa:
Peccato; ovvero una violazione, o presunta tale, ai dettami ed alle regole imposte unilateralmente dal Capo ai suoi “adepti-militanti”.
Confessione; che spesso precede un atto di pubblica umiliazione.
Espiazione; accettazione della punizione, con relativo atto di fede (e sottomissione).
È sconcertante notare come tali rituali di controllo, maggiormente ravvisabili su piccola scala, nella loro evidenza, abbiano raggiunto livelli parossistici (e preoccupanti) in un noto MoVimento politico strutturato su base settaria…
In proposito, Janja Lalich, sociologa specializzata nello studio della “autorità carismatica” e del controllo sociale, indica una serie di aspetti caratteristici del leader psicopatico. Aspetti che la professoressa elenca con dovizia di particolari in una delle sue opere più recenti: Captive Hearts, Captive Minds: Freedom and Recovery from Cults and Other Abusive Relationships; libro pubblicato nel 1994, in collaborazione con Madeleine Landau Tobias e Michael Langone.
Un estratto significativo dell’opera (in italiano) lo si può leggere QUI.
Presso atto che molti leader di sette o gruppi politici presentino disfunzioni psicologiche o comportamenti associabili alla psicopatia, Lalich-Tobias-Langone tracciano un profilo del Capo psicopatico…

a) Ovvero, una personalità istrionica, dotata di notevole carisma ed una grande capacità comunicativa, che specialmente nei contesti a valenza pubblica usa il linguaggio per distruggere con le parole i propri critici o disarmarli emotivamente, senza mai entrare nel novero delle questioni sollevate.

b) Nella costruzione della sua realtà ideale, il mondo del Capo psicopatico è un contesto manicheo, fatto di cesure e distinzioni nette. Lo psicopatico divide il mondo tra stupidi, peccatori e lui stesso. Si libera dei forti sentimenti di paura e rabbia dominando e umiliando le sue vittime.

c) Tutto il sistema è imperniato sulla sua figura suprema ed immanente del Capo (politico), termine estremo di riferimento e di misura ideale, in quanto unico referente e sommo ‘garante’.

«Pensa che tutto gli sia dovuto. Assorbito dalle sue fantasie, deve essere sempre al centro dell’attenzione. Si presenta come l’illuminato estremo, uno strumento di Dio, un genio, il leader dell’umanità, e qualche volta anche il più umile tra gli umili. Ha un’insaziabile necessità di essere adulato e di avere sèguito. La sua megalomania può anche essere una difesa contro il vuoto interiore, la depressione, e un senso di scarsa importanza. La paranoia spesso si accompagna alla megalomania, rinforzando l’isolamento del gruppo e la necessità di difendersi da un ambiente percepito come ostile. In questo modo, si crea una mentalità del “noi contro loro”.»

Le epurazioni, i controlli asfissianti, il clima conflittuale permanente… tutto è funzionale a rassicurare le paranoie del Capo.

d) Gli psicopatici mentono con freddezza e facilità, anche quando è evidente che non stiano dicendo il vero….. I leader tendono a creare un complesso sistema di credenze, spesso relativo ai loro poteri e alle loro capacità, in cui essi stessi qualche volta restano intrappolati.”
Nei casi più estremi, per esempio, si può elaborare una specie di cosmogonia fantasmagorica, incentrata sulla nascita di un nuovo mondo chiamato Gaia. E magari sostenere con sfacciata sicumera che ci scrive il papa e che i premi Nobel ci copiano il programma economico; che il cancro non esiste; i vaccini fanno diventare gay; gli alieni ci osservano; l’olio di colza sostituirà gli idrocarburi ed il bucato si fa con le palline.

e) Non c’è bisogno una forte coerenza logica né di rettifiche. Tanto meno sono necessari organismi terzi di garanzia, poiché i leader si sentono giustificati in tutte le loro azioni, dal momento che si considerano i supremi giudici morali.”

f) Tutti i risultati ed i successi ipotetici sono rimessi ad una prospettiva futura e spesso irrealizzabile (quando avremo il 100%). Il Capo psicopatico, ovviamente al fine di raggiungere gli obiettivi prefissati, si cala in un ruolo di controllo totale, che egli recita fino in fondo. Ciò che più viene promesso nei gruppi settari (la pace, la gioia, l’illuminazione, l’amore e la sicurezza) sono obiettivi che sono per sempre fuori dalla portata del leader, e così anche dei seguaci. Dal momento che il leader non è sincero, non lo sono neanche le sue promesse.”

g) Messi dinanzi all’evidenza delle loro sconfitte e all’incoerenza delle loro azioni,
Gli psicopatici raramente ammettono la colpa dei loro fallimenti o dei loro errori. La ricerca di un capro espiatorio è comune, come anche l’incolpare i seguaci, o gli esterni al gruppo, la famiglia dell’adepto, lo Stato, un qualche Satana: in ogni caso, tutti tranne il leader. L’attribuzione della colpa può seguire una procedura ritualizzata, come un processo, un atto di ‘denuncia’ da una poltrona scomoda, o una confessione pubblica (a quattr’occhi o davanti al gruppo). L’attribuzione di responsabilità rafforza potentemente la passività e l’obbedienza, producendo nei seguaci senso di colpa, vergogna, terrore e conformismo.”

h) Il leader psicopatico è una personalità poliforme, capace di reinventarsi in ruoli sempre nuovi per mantenere la propria ribalta sociale…
Un giorno può apparire come musicista rock, il giorno dopo come un Messia; un giorno come venditore d’auto usate, un altro come fondatore di un programma di autotrasformazione di massa; un giorno come professore universitario, il giorno dopo come il nuovo Lenin che porta la rivoluzione in America.
L’altra faccia della medaglia di questo progetto di vita fluttuante è l’onnicomprensiva promessa futura che il leader fa ai suoi seguaci. Molti gruppi rivendicano come loro obiettivo il dominio del mondo o la salvezza dall’Apocalisse. Il leader è il primo a proclamare la natura utopistica del gruppo, il che di solito è semplicemente un’ulteriore giustificazione dei comportamenti irrazionali e dei controlli stringenti.”

Il Caro Leader

L’Identità Protea
L'Uomo Mascherato Naturalmente, nella propria dittatura assoluta, il leader psicopatico ha bisogno di un palcoscenico sul quale esibirsi, con una platea osannante da controllare e indirizzare al soddisfacimento delle sue pulsioni narcisistiche.
All’inizio degli anni ’60, Robert Jay Lifton, nel tentativo di strutturare un suo modello investigativo sul “controllo del pensiero”, elabora la teoria del Totalismo e dell’identità protea (Self Protean), attraverso la “riforma del pensiero”, e totalmente incentrata sull’utilità sociale del “capro espiatorio”, ai fini di coesione e sopravvivenza del gruppo in funzione ideologica.
Lifton struttura la riforma del pensiero in otto fasi, volte a manipolare gli atteggiamenti mentali e condizionare i processi analitici dei soggetti che si intende usare, tramite il ricorso a forme di “persuasione coercitiva”:

1) Controllo della comunicazione.
Tutte le notizie devono essere preventivamente filtrate e controllate, attraverso un controllo preventivo delle forme di informazione. Le comunicazione del gruppo con l’esterno devono essere costantemente monitorate, “autorizzate”, e controllate attraverso una serie di condizionamenti ambientali.

2) Manipolazione mistica.
Le esperienze del gruppo devono essere eterodirette dal leader carismatico e dalla sua struttura di controllo.

3) Richiesta di purezza.
I manipolatori forniscono una visione manichea della realtà, un’opposizione tra bianco e nero senza messe misure. L’ideologia, la fede o le credenze del gruppo, sono rappresentate come l’unica fonte di purezza. I membri sono costantemente esortati a conformarvisi, e combattere per il raggiungimento della perfezione. L’ambiente esterno è considerato come impuro.”
Ogni forma di condivisione verso l’esterno è una forma di contaminazione nella perdita della purezza primigenea (mescolarsi vuol dire sporcarsi di merda) e come tale va denunciata e punita.

4) Confessione.
Ogni mancanza nei confronti del gruppo, ogni atto consumato per decisione autonoma (e che quindi presuppone una individualità propria e indipendente) va immediatamente sanzionata. E quindi purificata attraverso un atto di contrizione e pubblica umiliazione, dinanzi agli aderenti ortodossi del gruppo.

5) Scienza sacra.
Le credenze e l’impianto ideologico del gruppo non possono e non devono essere mai messi in discussione. Ogni dubbio, ogni critica, si configura come una mancanza ed una forma di tradimento.

6) Linguaggio caricato (loading language).
Una nuova codificazione del linguaggio, con messaggi veicolati, codici interpretativi, e messaggi sopra le righe.

7) Il primato della dottrina sull’individuo.
Ogni esperienza, ogni comportamento, è funzionale agli interessi ed alla missione del gruppo. E a questo si deve conformare. Non sono consentite “eresie”.

8) Dispensazione dell’esistenza (Dispensing of existence).
È il gruppo (veicolato dalla volontà del leader carismatico) a decidere e determinare le scelte dei singoli al suo interno. Ogni autonomia decisionale è bandita o fortemente limitata. L’attività dei membri è strutturata secondo un rapporto di dipendenza, atto a condizionarne le scelte e la libertà decisionale. Fondamentale è il controllo della loro capacità finanziaria (la diaria, gli stipendi..) ed il loro accesso ai mass media.

>>>ANSA/COREA NORD: NULLO ARMISTIZIO CON SUD; USA, BASTA INTIMIDAZIONI

Tutto è rimesso all’identità primaria e onnipotente del Capo, che diventa oggetto di venerazione, dall’autorità indiscutibile.
Vi ricorda qualcosa o qualcuno in particolare?!?

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Il Golgothiano della padania

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Golgothan

Per ragioni minime di profilassi, ci soffermiamo sempre con una certa riluttanza sui nazisti della padania e sulle loro irrefrenabili deiezioni diarroiche: ‘gente’ (chiamiamola così) che usa indistintamente lo stesso orifizio per defecare e sbraitare. E, quel che è peggio, lo fa quasi sempre a bocca piena.
Puro Stronzo ariano Tipico esponente sub-alpino della razza ariana, Mario Borghezio, nella sua inconfondibile prestanza iperborea, costituisce da sempre l’esemplare d’eccezione nella ben pasciuta porcilaia leghista, che pure non manca di altri degnissimi avanzi di latrina, sempre pronti a spruzzare liquami immondi ogni volta avvistino all’orizzonte dei loro villaggi pedemontani un ‘negro’, un ‘frocio’, o un ‘terrone’, latrando tutti insieme per riflesso pavloviano, presi come sono da sacro furore. Poi (è ovvio!) il giorno dopo si dissociano, facendo seguire la smentita da una nuova scarica di flatulenze dal miasma ancor più infame.
È inutile perdere tempo sui loro ignobili prodotti che, data la consistenza e l’intrinseca natura, non vanno assolutamente rimestati. Intestino e deretano della gran cloaca verde-padano, Borghezio ci ricorda più che altro il Golgothiano già visto in Dogma: demone escrementale di pura merda, che rigurgita dalle cloache che lo alimentano in un effluvio di materia fecale.
Puoi solo che stargli alla larga, trattenendo il disgusto!

Mario Borghezio

«Vi sono certi individui. sul viso dei quali è impressa una tale ingenua volgarità e una tale bassezza del modo di pensare, nonché una tale limitatezza bestiale dell’intelletto, che ci stupisce come mai simili individui abbiano il coraggio di uscire con un simile viso e non preferiscano portare una maschera.»

  Arthur Schopenhauer
  “Parerga e paralipomena
  (1851)

Purtroppo sono convinti che basti un fazzolettone verde a celar le vergogne.

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L’INTERDETTO

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L'Unto col trucco

No papi, no party. Il Magnaccia dei Media condannato come un pappone qualunque!
Nonostante il restyling all’insegna della sobrietà, il reclutamento d’ufficio di una nuova fidanzatina d’esibizione (non s’é capito bene se per Lui o per Marina), ed il vano tentativo di chiudere le mignotte nell’armadio insieme ai vecchi scheletri piduisti, il Pompetta pazza non passa il tagliando della revisione.

O Calippo

Dismessi i festoni di carnevale e indossato il mascherone funebre, nelle prossime ore assisteremo alla processione mesta e furente dei papiminkia allo sbaraglio, per l’omaggio regale alla salma di Arcore, provvisoriamente tumulata in sonno criogenico nelle cripte a luci rosse del suo villone brianzolo, tra taniche di cerone e bidoni di cialis, in attesa della rianimazione del cadavere vivente. A breve, non mancherà certo la sfilata necrofila di amazzoni e badanti, lacché e mobsters, passati a vario titolo dalle depandances padronali alle aule del parlamento, considerato alla stregua di una agenzia di collocamento personale, ma a carico pubblico, per la fedele servitù, con tutto il resto della gang al gran completo, riunita in cacofonia eversiva tramite dichiarazioni compulsive ad uso microfono.
Storie di ordinaria eversione istituzionalizzata, nel sostanziale silenzio dei demiurghi della “pacificazione”.
Sette anni di reclusione per concussione per costrizione e per prostituzione minorile; interdizione legale e, soprattutto, interdizione perpetua dai pubblici uffici. A tanto è stato condannato in primo grado di giudizio il vecchio porco, nonostante la sua eterna fuga dai processi nella pretesa di impunità.
Ci sarebbero (e a buon diritto!) tutti gli estremi per l’immediata decadenza dalla carica senatoria. Staremo a vedere (senza alcuna speranza) il comportamento in proposito del partito di Letta e di Governo che, a quanto pare, sembra non provare alcun imbarazzo nel sedere affianco di simile feccia nel medesimo esecutivo…!

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