Quivi venimmo; e quindi giù nel fosso
vidi gente attuffata in uno sterco
che da li uman privadi parea mosso.E mentre ch’io là giù con l’occhio cerco,
vidi un col capo sì di merda lordo,
che non parëa s’era laico o cherco.Dante Alighieri
”Inferno” (XVIII; 112-117)
Una tanica di cerone si aggira per le chiaviche d’Italia, come un bidone di rifiuti tossici impossibile da smaltire!
Solo un girone dantesco può descrivere l’inferno personale di questo botolo catramato, che flatuleggia qualcosa a (s)proposito di “dignità”,
davanti a platee plastificate di residuati catodici anni’80 e aspiranti yuppies in ritardo (mentale) di 30 anni sui tempi, dalle improbabili acconciature cotonate ed i profili lombrosiani, che sembrano le comparse di scarto di un film dei Vanzina per l’armageddon dei papiminkia.
A certa gente davvero non basta mai…
È un Re Ubu scatenato, nel trionfo coprofilo dell’Italia più ‘stronza’ mai
defecata prima, per un’apoteosi del trash più estremo: in una landa post-apocalittica, gruppi di sopravvissuti si rifugiano in orride latrine infette, prese d’assalto da orde di lobotomizzati, teleguidati da un infingardo puttaniere in disarmo prostatico.
È un geyser caricato a liquami, che in pieno delirio eversivo elogia mafiosi e delinquenti conclamati (i suoi sodali preferiti), mentre pretende l’impunità a salvaguardia della propria onorabilità, che deve essere roba forte per questa sottospecie di sozza barzelletta animata da esportazione!
In un tripudio kitsch, va in onda l’ultimo atto della farsa patafisica di Re Merda giunto alla sua eclisse postribolare, con la sua nuova corte di azzimati bambocci, arsenico e vecchi bordelli, raccattati a strascico tra il peggio che la provincia italiana spruzza fuori nella propria incontenibile scarica diarroica.
