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IL POPOLO DELLE SCIMMIE

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Tra gli ex balilla della peggio gioventù missina, quella genia rancorosa e vendicativa di capimanipolo, stagionata a lungo nelle catacombe della più nera reazione e percolata dai borghi putridi della provincia profonda agli onori di governo, una menzione speciale la merita il guitto partenopeo prestato al ricostituito Min.Cul.Pop; ovvero, un bombastico concentrato di grandioso senso del Sé, atto a tappare più la voragine di un evidente complesso di inferiorità, per chissà quali traumi subiti, che ad illustrare i meriti presunti di una carriera tutta da gregario all’ombra dei potentati locali, e che come un’aurea alimentata dai fumi del soffritto circonfonde i piccoli omini di burro, avidi di onori e di riconoscimenti. Sono gli stessi che, nella icarica ascesa dei palloncini gonfiati, mancano di ogni ironia per assenza di ridicolo, con le loro grandi velleità di intellettuale incompreso. Infatti fanno i giornalisti, in attesa di riciclarsi in politica o viceversa, come per il miracolo di Sangennaro elevato in tutta la sua altezza.
Di sicuro è colpa dell’egemonia culturale della solita Sinistra, che ne ignora le fatiche letterarie (per invidia, s’intende!), mentre la Destra non le legge proprio. Ma in fondo, parecchio in fondo, il tutto si riduce ad una questione di vanità (peccato di per sé veniale).
E un Gustave Le Bon, che dell’argomento se ne intendeva, avrebbe liquidato in fretta la faccenda:

“La vanità è per gli imbecilli una potente fonte di soddisfazione. Essa permette loro di sostituire alle qualità che non acquisteranno mai, la convinzione di averle sempre possedute.”

Ma il suscettibile tapino non se ne capacita; è così piccolino da infestare le enciclopedie digitali, con agiografie talmente bombate dai suoi zelanti ghost-writers, al punto di sembrare una flagrante presa per il culo autoprodotta, tanto risultano grottesche nella loro mitomania adulatoria, tra esperienze “mitiche” ed una profusione a pioggia di misconosciuti “premi letterari” (da Sulmona ad Arpino, circumnavigando Ischia e Procida) per opere dimenticabilissime, che richiamano subito alla mente il fantasmagorico Premio Petruzzellis della Gattina (per chi ha letto il “Pendolo di Foucault”):

«Il lancio sarebbe stato satrapico. Comunicato stampa di dieci cartelle, con biografia e saggio critico. Nessun pudore, tanto nelle redazioni dei giornali sarebbe stato cestinato. Stampa effettiva: mille copie in fogli stesi di cui solo trecentocinquanta rilegati. Duecento all’autore, una cinquantina a librerie secondarie e consorziate, cinquanta alle riviste di provincia, una trentina per scaramanzia ai giornali, nel caso gli avanzasse una riga tra i libri ricevuti. La copia l’avrebbero mandata in dono agli ospedali o alle carceri e si capisce perché i primi non guariscano e le seconde non redimano. Nell’estate sarebbe arrivato il premio Petruzzellis della Gattina….
Costo totale: vitto e alloggio per la giuria, due giorni, e Nike di Samotracia in vermiglione. Telegrammi di felicitazione

(Umberto Eco, “Il Pendolo di Foucault”. Bompiani; 1988)

Del pattuglione fascista (niente affatto post) che ha incatramato le stanze ministeriali, è il miles gloriosus della vagheggiata “rivoluzione conservatrice”; il soldatino in-gessato che vorrebbe farsi alfiere di una presunta “ideologia italiana” in salsa nazionale: una ribollita raffazzonata dove tutto fa brodo, dal Dante padre del pensiero di destra, al Gramsci puntellatore del popolo-nazione. Il fatto è che colleziona autori come santini, per opere che evidentemente non ha letto o non ha capito il riassuntino sul Bignami intanto che cerca di reclutare Antonio Gramsci (antica ossessione destronza dai tempi di Pino Rauti) tra i “conservatori”, mentre non gli riesce di andare oltre quella corte dei miracoli che ha incistato al ministero, tra i famelici famigli d’Italia che si credono istituzione.
C’è pure da dire che vista l’abbondanza della materia, di questi tempi è difficile abbozzare anche un mezzo straccio di satira; i diretti interessati fanno tutto da soli e l’originale è molto meglio della copia, che ne risulta essere solo una pallida imitazione. Ma si parva licet componere magnis

“Il partigiano Sangiuliano sui monti della Egemonia”
(di Daniela Ranieri. 20/01/2024)

«Le imprese del ministro della cosiddetta Cultura Sangiuliano per imporre l’egemonia culturale di destra non conoscono soste. Dopo l’investitura di Dante quale progenitore di Rampelli e Lollobrigida, l’outing di Gramsci come patrocinatore ante litteram della Nazione meloniana, l’occupazione di tutti i gangli del potere con esegeti di Tolkien (perché piace a Giorgia e a sua sorella) e il tentativo di vendere il Colosseo, Pompei o a scelta l’Arena di Verona ai due miliardari americani Elon Musk e Mark Zuckerberg che erano in cerca di una location a tema antico-romano per battersi a duello, nuovi perigli affronta il prode al fine di edificare la nuova Italia.
Fermato dai cronisti di “Piazzapulita”, che lui chiama come la piazza de “I fatti vostri” di Magalli, e richiesto di esprimersi sul suo eventuale antifascismo, il ministro s’è messo tutto impettito davanti ai microfoni e con la consueta prosopopea ha esternato quanto segue: “Se lei avesse un po’ di memoria storica, che non ha, c’è una puntata di Piazza Italia (sic, ndr), in cui Formigli mi domandava che cosa avessi fatto se fossi vissuto in quegli anni”, come se uno che gli fa una domanda dovesse conoscere l’opera omnia delle uscite di Sangiuliano e soprattutto come se questo volesse dire avere “cultura storica”. Ebbene, “io risposi che avrei fatto il partigiano con le brigate di Edgardo Sogno”. Edgardo Sogno, combattente in Spagna coi franchisti, vero partigiano monarchico e anticomunista, ma poi anche massone e piduista, innamorato di fantomatici “golpe bianchi”, come quello del 1974 di cui si vantò (vedi il libro-intervista di Aldo Cazzullo); altro che Gramsci.
Ad abundantiam, il partigiano Gennaro ha aggiunto: “Lei se avesse studiato un po’, dovrebbe sapere che il Parlamento europeo nel 2019 ha approvato una mozione nella quale si dice che il comunismo è pari al nazismo; quindi io dico di essere antifascista, ma lei si sente anticomunista?”. Scacco matto! Tutta l’argomentazione del ministro si regge sulla insensata risoluzione votata in Europa da Pd, Forza Italia, Fratelli d’Italia e Lega insieme (garanzia di fregatura) con cui si esortavano gli Stati membri a condannare alla pari nazismo e comunismo, chiamato anche disinvoltamente “stalinismo”.
Naturalmente per Sangiuliano il Parlamento europeo è la Cassazione della Storia, come se non vi avesse seduto anche gente come Borghezio, Salvini e Iva Zanicchi. La risoluzione, pretenziosamente intitolata “Importanza della memoria europea per il futuro dell’Europa”, scaturì nei cuori dei nostri euroignoranti dal terrore di veder risorgere copie del comunismo (chissà dove le vedono: la cosa più comunista degli ultimi anni è stata la banda dell’Armata Rossa portata a Sanremo da Toto Cutugno) e un po’ anche del nazifascismo (ma i nazisti ucraini del battaglione Azov sono esentati, anzi, ben vengano). Prova ne è il bando al comunismo che vige nei Paesi dell’Est, che però hanno tutt’altra storia rispetto all’Italia, dove i comunisti, insieme alle altre forze antifasciste, hanno scritto la Costituzione su cui Sangiuliano ha giurato.
Da allora – e per Gennaro ciò è la Bibbia – falce e martello sono equivalenti alla svastica, il pugno chiuso dei proletari all’“heil Hitler!” delle camicie nere, il Manifesto di Marx e Engels al Mein Kampf di Hitler, Terracini a Goebbels, Lenin al dottor Mengele. Ergo, prima di stigmatizzare La Russa che venera busti di Mussolini, auto-denunciatevi se in casa avete una foto di Togliatti.
Comunque, tanto per fugare ogni dubbio sul fatto che egli sia il preclaro esponente di questa destra vanagloriosa e buffa (per dire: anche Lollobrigida lo è, ma non ha la pretesa di essere il nuovo Giovanni Gentile), Sangiuliano, dopo aver diffidato Un giorno da pecora dal prenderlo in giro perché persino “laureato”, avrebbe chiesto alla Commissione di Vigilanza Rai di bastonare i capi struttura che hanno permesso a Virginia Raffaele di fare l’imitazione dell’intoccabile direttrice d’orchestra Beatrice Venezi, da lui pomposamente nominata “Consigliere per la musica del governo” e della quale non si può dire nemmeno per scherzo che è giunta all’apice della carriera perché di destra e quindi raccomandata, ma è obbligatorio credere che lo sia in quanto incrocio tra Wagner e Clara Schumann.
Tutto per stracciare l’egemonia di sinistra soprattutto nella tv pubblica, dove Sangiuliano era talmente ostracizzato che dirigeva un Tg nazionale; possiamo solo immaginare lo sforzo diuturno di un ministro che, oltre a votare i libri candidati allo Strega senza leggerli, deve inventarsi ogni giorno un’uscita epicamente dannunziana stando in un governo neoliberista la cui capa Meloni taglia la Sanità, toglie il pane di bocca ai poveri, compulsa lo spread e riverisce l’austerità. Poveri arditi intellettuali revanscisti, che vitaccia

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