Quantcast
Channel: Liberthalia
Viewing all articles
Browse latest Browse all 890

NAZISRAEL

$
0
0

Stiamo cercando di ridurre al minimo le perdite civili, ma sfortunatamente non ci siamo riusciti (Benjamin Netanyahu, 17/11/23).
Sono cose che succedono. Soprattutto quando si effettuano bombardamenti indiscriminati su interi quartieri residenziali, meglio se densamente abitati. Si intima l’evacuazione coatta, salvo poi sparare addosso alle colonne degli sfollati a forza. Si sganciano ordigni da una tonnellata di esplosivo, sopra rifugi dell’ONU (nota organizzazione terroristica). Si prendono d’assalto gli ospedali, da sgomberare “entro un’ora”, sparando per le corsie e buttando i feriti ed i ricoverati, fuori a crepare sui marciapiedi esterni. Sfugge il lapalissiano concetto che i reparti di terapia intensiva, le dialisi, le incubatrici per neonati, funzionano con energia elettrica. Se tagli ogni fonte di approvvigionamento energetico ed idrico, i degenti semplicemente muoiono. Il fatto che i soldatini di Tsahal si facciano poi riprendere, a scopo di cinica propaganda, mentre riforniscono un nosocomio martoriato dalle loro bombe, con uno scatolone (aperto) di cerotti ed un paio di incubatrici, perfettamente inutili perché inutilizzabili, non cambia la sostanza. E in ogni caso non sembra assolutamente costituire un problema, men che mai di coscienza (figuriamoci!). Forse sono però illusioni buone a galvanizzare i Parenzo di turno: quelli che sogghignano sornioni, in pieno deliquio orgasmico, dinanzi al fiorire delle bombe di libertà, che evidentemente aiuteranno di molto a migliorare la percezione che di Israele si ha nel mondo…
Che ad un criminale di guerra impunito, alla sua giunta di psicopatici fondamentalisti e nazisti con la kippah, fregasse poi qualcosa delle perdite civili, è qualcosa di assolutamente inaspettato (e di non credibile), mentre esibiscono il loro nuovo look in tenuta da SS, più che mai adatto al ruolo.
Nella loro orgia di distruzione di massa, non si sono mai preoccupati della vita degli ostaggi sequestrati da Hamas, figuriamoci quale valore possano dare a quella degli “arabi” (i palestinesi non esistono): animali da macellare, nello zoo safari della più grande prigione del mondo; come insegna quel condensato di stupri ed atrocità su vocazione genocida, chiamato bibbia (il libro “sacro”!):

«Quando il Signore tuo Dio ti avrà introdotto nel paese che vai a prendere in possesso e ne avrà scacciate davanti a te molte nazioni: gli Hittiti, i Gergesei, gli Amorrei, i Perizziti, gli Evei, i Cananei e i Gebusei, sette nazioni più grandi e più potenti di te, quando il Signore tuo Dio le avrà messe in tuo potere e tu le avrai sconfitte, tu le voterai allo sterminio; non farai con esse alleanza, né farai loro grazia.
[…] Nelle città di questi popoli che il Signore Dio tuo, ti dà come eredità, non conserverai in vita nulla che respiri; ma voterai a completo sterminio gli Ittiti, gli Amorei, i Cananei, i Ferezei, gli Ivvei e i Gebusei, come Signore tuo Dio ti ha comandato di fare

(Deuteronomio, 7.1-2; 20.16-17)

E se queste sono le basi “giuridiche”, sulle quali il popolo eletto fonda le proprie pretese sulla terra promessa, per mandato divino di cui detiene la procura esclusiva, allora di che meravigliarsi?
Ma non sono certo le truci fiabe della malanotte a costituire la peculiarità unica di Israele, quanto l’impunità assoluta con la quale reitera i suoi crimini nella sostanziale negazione degli stessi, giacché nulla viene considerato abbastanza abnorme dal dover essere contestato, alla sedicente ed unica democrazia di tutto il Medio Oriente, ovvero: uno stato artificiale, inventato da un agguerrito gruppo di immigrati clandestini provenienti dall’Europa orientale (bielorussi, polacchi, ucraini); fondato sulla discriminazione etnico-confessionale in regime di apartheid, su innesto abusivo per indebita occupazione, ma nato dai sensi di colpa opportunamente usati di quel blob informe (e complice) chiamato Occidente, attraverso lo sfruttamento intensivo dell’Industria dell’Olocausto.
Tuttavia, la cosa più disturbante non è la flagrante violazione di qualunque forma del diritto internazionale, di cui peraltro lo stato di Israele si è sempre bellamente fregato, senza neanche darsi pena di nasconderlo, quanto la sconcia ipocrisia del Grande Fratello statunitense, che nella pratica ricorda molto la pantomima del poliziotto buono e poliziotto cattivo, mentre imbastiscono il consueto teatrino for dummies, onde rendere le prove tecniche di pulizia etnica, con sterminio incluso su scala ridotta (giusto per vedere che effetto fa), più digeribile ad un’opinione pubblica mondiale che, seppur distratta, non è ancora del tutto cieca dinanzi a certe feroci esibizioni di potenza, nella tracotanza che le ispira.
Non aspettatevi niente di diverso dalla politica estera di questo mercante di armi globale che si fa chiamare USA, nell’estensione naturale di quel complesso militare-industriale, che ne condiziona le decisioni e ne determina le scelte. L’uso delle operazioni militari costituisce infatti un eccezionale strumento promozionale, per le imprese private del settore. L’espansione del conflitto è una “opportunità”; la “guerra asimmetrica” rappresenta la misura di contenimento, che evita la mutua distruzione e dunque l’impossibilità di condurre buoni affari, in nome del profitto capitalistico travestito da geopolitica.

«Il lungo conflitto con i palestinesi ha creato un laboratorio unico e senza rivali per testare tecnologie e idee relative alla “guerra asimmetrica”, ovvero un conflitto tra uno stato e una resistenza civile o irregolare. In questo modo, il conflitto israeliano con i palestinesi può essere visto come una risorsa nazionale, piuttosto che come un peso.
Dopo gli attacchi dell’11 Settembre, la guerra in Afghanistan e la seconda guerra in Iraq, i paesi di tutto il mondo sono diventati sempre più interessati al modo in cui l’esercito israeliano controlla le popolazioni civili, a come combatte nelle aree urbane e a come affronta il terrorismo e le tattiche di guerriglia. Inoltre, Israele era diventato uno dei principali esportatori di teoria per questa “guerra asimmetrica”. Israele ha creato una scienza a partire dagli omicidi mirati e dai combattimenti ravvicinati. In effetti, Israele ha prodotto alcuni dei principali consiglieri e docenti del mondo specializzati nel combattimento armato

(Yotam Feldman, 08/11/2014)

I vari governi USA non hanno cambiato la loro visione, nemmeno quando Israele in pratica attaccò senza alcun preavviso e per motivi mai del tutto chiariti la USS Liberty, continuando a mitragliare l’equipaggio anche quando le scialuppe erano già in mare. Quindi figuriamoci! La Guerra del Vietnam scoppiò per molto meno, in seguito ad un attacco immaginario.
Tuttavia, dinanzi agli “eccessi” di un governo impazzito, che si muove come un cane rabbioso senza più freni inibitori, con pratiche definibili a pieno titolo di tipo terroristico, la politica USA non è più ‘semplicemente’ indecente, ma complice e collaterale…
Gli USA chiedono l’istituzione di “pause umanitarie”, ma poi ne bloccano l’istituzione, imponendo il proprio veto alla risoluzione della Nazioni Uniti che ne stabilisce la disposizione, votando contro insieme al solito codazzo di statarelli fantoccio nei suoi atolli coloniali.
Esprime la propria “contrarietà”, alla rimozione forzata della popolazione civile, ma poi non fa nulla per fermare la pulizia etnica, in attesa della deportazione di massa oltre il confine egiziano, in pieno deserto del Sinai, meglio se sospinti a suon di bombe.
La sempre più oscena amministrazione Biden (l’imbarazzante petomane non deambulante) chiede di non allargare il conflitto, invitando alla “moderazione”, ma poi inonda l’esercito israeliano di armi con le quali estendere il conflitto al resto della regione mediorientale. Tanto per gradire: decine di migliaia di proiettili di artiglieria da 155 mm, migliaia di munizioni anti-bunker e 200 droni kamikaze (i micidiali Switchblade della Aero Vironment); 2.000 missili a guida laser Hellfire per gli elicotteri Apache e 36.000 proiettili da 30 mm per le loro mitragliere. 3.000 razzi M141 a spalla, prodotti dalla Nammo Talley Defense e capaci di penetrare fino a 20 cm di cemento (1.800 di questi sono già stati spediti a fine Ottobre). 400 colpi di mortaio da 120 mm. Sono lo stesso tipo di armamenti altamente selettivi, che poi vengono utilizzati indiscriminatamente e senza risparmio nei centri residenziali, su scuole, ospedali, rifugi (tutti covi di terroristi, è ovvio!), con la nota cautela e sensibilità con le quale Israele ci ha ormai abituato in tutta la sua pacifica esistenza.

Le guerre hanno un costo economico, oltre che umano. Distribuire armamenti illimitati ai contendenti non induce al contenimento e meno che mai alla conclusione del conflitto. Ma, a quanto pare, questo è un concetto molto difficile da comprendere, per i nostri guardiani della democrazia con servitù al seguito.
Per contro, se è verissimo che la società civile israeliana è un corpo vivo e dinamico, capace di straordinarie espressioni culturali e di riflessione critica dagli spunti sorprendenti, è pur vero che una parte sempre più consistente di quella stessa società risulta chiusa nella più totale autoreferenzialità, stretta tra la sindrome d’assedio ed uno stato di guerra permanente, tra suggestioni bibliche, eccezioni giuridiche e occupazione coloniale, che ne determinano la schizofrenia di fondo, per un identitarismo esasperato, eppure frammentato nelle contrapposizioni interne che minano una società divisa, in una involuzione sempre più conservatrice e dai tratti reazionari, quando non apertamente fascisti. Non che il cosiddetto progressismo liberale e ‘moderato’, se la passi poi benissimo…

«Ci sono circostanze nella storia che giustificano la pulizia etnica. So che questo termine è completamente negativo nel discorso del 21° secolo, ma quando la scelta è tra la pulizia etnica e il genocidio – l’annientamento del tuo popolo – preferisco la pulizia etnica.
Questa era la situazione. Questo è ciò che il sionismo ha dovuto affrontare. Uno Stato ebraico non sarebbe nato senza lo sradicamento di 700.000 palestinesi. Perciò è stato necessario sradicarli. Non c’era altra scelta che espellere quella popolazione. Era necessario ripulire l’entroterra e ripulire le zone di confine e ripulire le strade principali. Era necessario ripulire i villaggi da cui i nostri convogli e i nostri insediamenti erano stati attaccati.
[…] Provo simpatia per il popolo palestinese, che ha davvero subito una dura tragedia. Provo simpatia per i profughi stessi. Ma se il desiderio di stabilire uno stato ebraico qui è legittimo, non c’era altra scelta.
[…] Anche la grande democrazia americana non avrebbe potuto essere creata senza l’annientamento degli indiani. Ci sono casi in cui il bene complessivo e finale giustifica atti duri e crudeli che vengono commessi nel corso della storia.
Penso che Ben-Gurion abbia commesso un grave errore storico nel 1948. Pur comprendendo la questione demografica e la necessità di stabilire uno stato ebraico senza una grande minoranza araba, durante la guerra ebbe i piedi freddi. Alla fine, ha vacillato.
Un volta avviata l’espulsione, forse avrebbe dovuto fare un lavoro completo. So che questo sbalordisce gli arabi, i liberali e i politicamente corretti. Ma la mia sensazione è che questo posto sarebbe più tranquillo e conoscerebbe meno sofferenza se la questione fosse stata risolta una volta per tutte. Se Ben-Gurion avesse effettuato una grande espulsione e purificato l’intero paese, l’intera Terra d’Israele, fino al fiume Giordano, se avesse effettuato un’espulsione totale, piuttosto che parziale, avrebbe stabilizzato lo Stato di Israele per generazioni.
[…] Gli arabi israeliani sono una bomba a orologeria. Il loro scivolamento verso la completa palestinizzazione li ha resi emissari del nemico che è in mezzo a noi. Sono una potenziale quinta colonna. Sia in termini demografici che di sicurezza, rischiano di minare lo Stato. In modo che se Israele si trovasse di nuovo in una situazione di minaccia esistenziale, come nel 1948, potrebbe essere costretto ad agire come fece allora.
[…] Quando si ha a che fare con un serial killer, non è così importante scoprire perché è diventato un serial killer. L’importante è imprigionare l’assassino o giustiziarlo.
Dobbiamo cercare di guarire i palestinesi. Forse, nel corso degli anni, la creazione di uno stato palestinese aiuterà nel processo di guarigione. Ma nel frattempo, fino a quando la medicina non sarà trovata, devono essere contenuti in modo che non riescano a ucciderci…. Qualcosa come una gabbia deve essere costruita per loro. So che suona terribile. E’ davvero crudele. Ma non c’è scelta. Lì c’è un animale selvatico che deve essere rinchiuso in un modo o nell’altro.
Anche se stiamo opprimendo i palestinesi, qui siamo la parte più debole. Siamo una piccola minoranza in un grande mare di arabi ostili che vogliono eliminarci. Quindi è possibile che quando il loro desiderio sarà realizzato, tutti capiranno quello che vi sto dicendo ora. Tutti capiranno che siamo noi le vere vittime

(Benny Morris, 08/01/2004)

E se questo è il pensiero di Benny Morris, un pioniere della nuova storiografia israeliana post-sionista, e studioso di altissimo livello, secondo una prospettiva del tutto laica ed aperta, che si definisce di sinistra… Allora la situazione presenta più di qualche piccolo problema.

A scanso di recriminazioni capziose (più o meno eterodirette), sarà bene precisare che tutte le citazioni riportate sono stratte dalla (libera) stampa israeliana (più libera di quanto la stampa italiana sarà mai) e non da qualche sito complottista di becero antisemitismo!

«La sinistra non è più in grado di superare l’ultranazionalismo tossico che si è sviluppato qui, il tipo il cui ceppo europeo ha quasi spazzato via la maggioranza del popolo ebraico…. Vediamo non solo un crescente fascismo israeliano, ma anche un razzismo simile al nazismo nelle sue fasi iniziali.
[…] Il ragionamento è semplice: gli arabi non sono ebrei, quindi non possono pretendere la proprietà su nessuna parte della terra che è stata promessa al popolo ebraico.
Secondo i concetti di Smotrich, Zohar e Shaked, un ebreo di Brooklyn che non ha mai messo piede in questo paese è il legittimo proprietario di questa terra, mentre un palestinese la cui famiglia vive qui da generazioni è uno straniero, che vive qui solo per grazia degli ebrei. “Un palestinese”, dice Zohar a Hecht, “non ha diritto all’autodeterminazione nazionale poiché non possiede la terra in questo paese. Per decenza lo voglio qui come residente, dato che è nato e vive qui, non gli dirò di andarsene. Mi dispiace dirlo, ma hanno un grande svantaggio: non sono nati ebrei”. Da questo si può dedurre che anche se tutti si convertissero, si facessero crescere i riccioli laterali e studiassero la Torah, non sarebbe d’aiuto. Questa è la situazione per quanto riguarda i richiedenti asilo sudanesi ed eritrei e i loro figli, che sono israeliani a tutti gli effetti. Così è stato con i nazisti. Più tardi arriva l’apartheid, che potrebbe applicarsi in determinate circostanze agli arabi che sono cittadini di Israele. La maggior parte degli israeliani non sembra preoccupata

(Zeev Sternhell, 19/01/2018)

Se una società perde di vista i propri anticorpi democratici, allora è avviata ad un inarrestabile declino, perché coltiva dentro di sé i germi della propria dissoluzione, prestando il fianco ai suoi peggior nemici.

Homepage


Viewing all articles
Browse latest Browse all 890